the whale regia di Darren Aronofsky USA 2022
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the whale (2022)

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locandina del film THE WHALE

Titolo Originale: THE WHALE

RegiaDarren Aronofsky

InterpretiBrendan Fraser, Sadie Sink, Hong Chau, Ty Simpkins, Samantha Morton, Sathya Sridharan, Jacey Sink, Wilhelm Schalaudek

Durata: h 1.57
NazionalitàUSA 2022
Generecommedia drammatica
Al cinema nel Febbraio 2023

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Trama del film The whale

Charlie è un professore d'inglese che soffre di grave obesità e tenta di riallacciare i rapporti con la figlia adolescente, che si è allontanata da lui, per cercare un'ultima possibilità di riscatto.

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Voto Visitatori:   7,06 / 10 (43 voti)7,06Grafico
Miglior attore protagonista (Brendan Fraser)Miglior trucco e acconciatura (Adrien Morot, Judy Chin, Anne Marie Bradley)
VINCITORE DI 2 PREMI OSCAR:
Miglior attore protagonista (Brendan Fraser), Miglior trucco e acconciatura (Adrien Morot, Judy Chin, Anne Marie Bradley)
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Voti e commenti su The whale, 43 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Noodles71  @  02/09/2023 06:56:30
   7 / 10
Profonda tristezza è quello che ho provato nel vedere l'ultimo film di Darren Aronofsky seguendo il lento scorrere

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER. La ricerca di una redenzione nei confronti della figlia abbandonata quando aveva otto anni per un amore proibito, il legame con la sua amica infermiera "Liz", "Thomas" il ragazzo missionario della "New Life", la visita dell'ex moglie "Mary" elementi che compongono questo dramma che si svolge interamente all'interno dell'appartamento in cui vive il remissivo protagonista che vuole espiare la colpa di aver perso la persona amata conscio di esserne stata la causa e mangiare per morire. Tratto dall'omonima opera teatrale che Aronofsky riporta sul grande schermo con un cast che risulta pienamente convincente, Brendan Fraser su tutti ma anche la giovane Sadie Sink lanciata da "Stranger Things" riesce a caratterizzare benissimo la figlia ostile e rancorosa. Bellissimo finale tipicamente Aronofskyano con le parole della tesina su "Moby Dick".

2 risposte al commento
Ultima risposta 05/12/2023 13.56.22
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  13/03/2023 09:51:32
   7½ / 10
Occorre dividere il devastante patrimonio emotivo che lascia questo film dalla sua effettiva riuscita artistica, che è forse in parte nella scelta stilistica (un camerismo da docu-fiction o piece teatrale) e in parte nello script. Premesso che Anorofsky gioca qui di sottrazione minimale rispetto al suo Cinema visionario, ma il magma verbale dei dialoghi (stupendi anche quando fin troppo necessari!) è tutt'altro che sobrio. La metafora del Moby Dick di Melville sfocia nella Spiritualità facendo dell'agnostico Charlie una sorta di Cristo in croce che attende di terminare la sua ultima ora. In questo senso il film acuisce per fortuna e senza grandi spiegazioni sulla Fede la Morte attraverso la rimozione sociale del suo Tabù. Oltretutto è proprio Charlie a raccontarci, senza opuscoli e imbonitori, che occorre credere nelle possibilità delle persone e coglierne il lato positivo che possa dare un significato alla vita (degli altri, se non la sua). E qui avanzo le mie riserve perché un uomo malato con un corpo di 300 kg., un cyborg moderno "che non si fa vedere" dovrebbe essere giustamente incarognito e violento, dovrebbe odiare l'intera umanità anche senza portare a conoscenza il pensiero umano celato da ogni individuo del nostro tempo. Che so dovrebbe rompere tutta la casa, bestemmiare, insultare e picchiare la sua infermiera, ferire con le parole e non curare con queste. In pratica, non mi va giù questo buonismo vagamente Messianico e profetico, avrei voluto proprio che Charlie fosse quel che avrebbe dovuto essere nelle sue condizioni, una disperata carogna. Ma nella rappresentazione di un corpo quasi in fin di vita - e qui non andrebbe citato il modello-Polansky ma il Wenders di "Nick's movie/lampi nell'acqua" - Aronofsky individua un corpo che ha brama della Verità, e infatti la sequenza più straordinaria, fissa su un'immagine che non ha parole ma sguardi increduli - è l'incontro con il "ragazzo delle pizze" che puntualmente gli consegna la merce. Non è la sola immagine forte di un film che distrugge il cuore, nonostante i suoi difetti, ma la luce che emana, davanti al logorante buio della dimora, è lacerante. Oltre alle pieghe o piaghe dello spirito da soccorrere Vs New Life. Magistrale, ovvio, la prova di Fraser, per una volta doppiato benissimo in Italia. Strepitose anche le prove dei (pochi) comprimari mentre nello stringersi empaticamente verso quest'uomo e la sua ultima "redenzione" ci sentiamo tutti un po' meno soli. E solidali. Magari pure troppo

1 risposta al commento
Ultima risposta 20/03/2023 04.59.03
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Thorondir  @  24/02/2023 14:36:12
   6½ / 10
È il secondo film consecutivo di Aronofsky in cui il protagonista (i protagonisti in "Mother") sono sigillati in case da cui per un motivo o l'altro fanno fatica non solo ad uscire ma anche a muovercisi liberamente. Charlie, umano-balena, non solo ha problemi a muoversi ma anche a stare in piedi e respirare. Capisce di essere giunto alla fine e tenta di ricucire un rapporto travagliato con una figlia che ha abbandonato: tema che ritorna dopo "The Wrestler", altro film di metamorfosi-redenzione di un attore che come Fraser aveva trascorso momenti molto complicati (Rourke, of course).

Questa ultima fatica di Aronofsky racconta di una umanità che si percepisce disgustosa e che si chiude in casa, tenta di celarsi alla vista altrui. Un tema che è emerso prepotentemente con la pandemia e su cui Aronofsky riflette, quasi lo ritenga una delle condizioni della contemporaneità: va infatti notato che sono "chiusi" in casa anche gli studenti che seguono online il corso universitario del nostro protagonista. Scelta quindi interessante, che riflette sull'oggi e che trova conferma e forza in un film "da camera" che sa anche essere claustrofobico (non a caso il formato scelto è un 4:3). Non poteva inoltre mancare la religione, tema caro ad Aronofsky: se in "Mother" è allegoria biblico-ecologica qui mi sembra uno sguardo molto più pessimista, quantomeno nel come Charlie la rifiuta: per lui religione è dolore, credere nel racconto biblico è impossibile e a conti fatti il tema religioso riemerge anche nel finale; un'"ascensione" però tutta laica, senza i conforti religiosi (il personaggio del giovane Thomas, per gran parte della pellicola abbastanza fuori luogo e mal scritto). Infatti, essendo il film, di fatto, il racconto di un consapevole suicidio, l'atto di attacco alla religione da parte di Charlie mi sembra abbastanza palese.

Quello che però stona di quest'ultimo film di Aronofsky è la sensazione, permanente durante tutto il suo svolgersi, di un film pensato e scritto per avere tutti i crismi dell'attualità mainstream: c'è tutto il campionario del "buonismo" del momento (e il film è un po' sempre in bilico tra buonismo e umanesimo): famiglia disfunzionale, buoni sentimenti, disturbi alimentari e psicologici, abbandono genitoriale, storia d'amore gay. Ecco quindi che il film, forse troppo "costruito", finisce per essere un purissimo tearjerker di quelli che ad un certo punto ti dimostrano di non aver poi molto da dire e che puntano tutto su picchi di emozionalità così eccessivi e ridondanti da scadere quasi nel patetico (e da questo punto di vista l'ultima mezz'ora chiede veramente tanto allo spettatore).

3 risposte al commento
Ultima risposta 29/03/2023 22.20.35
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