Recensione a prova di errore (1964) regia di Sidney Lumet USA 1964
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Recensione a prova di errore (1964)

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locandina del film A PROVA DI ERRORE (1964)

Immagine tratta dal film A PROVA DI ERRORE (1964)

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Immagine tratta dal film A PROVA DI ERRORE (1964)

Immagine tratta dal film A PROVA DI ERRORE (1964)
 

Dopo aver avvistato un oggetto volante non identificato, gli aerei dell'esercito americano vengono mandati a controllare l'anomalia. Un guasto alle apparecchiature elettroniche, però, farà in modo che uno dei bombardieri proseguirà in direzione Mosca, senza possibilità di essere fermato. Il presidente degli Stati Uniti sarà costretto a scendere a durissimi compromessi per evitare la nascita di un conflitto, giungendo ad una soluzione agghiacciante ma molto probabilmente inevitabile.

Straordinaria pellicola del grandissimo regista che è stato e che continua ad essere Sidney Lumet, "A prova di errore" nasconde nella sua apparente staticità un'azione non indifferente, costituita da una serie di interessantissime riflessioni sul rapporto uomo-macchina, sulla guerra e il modo di idearla e condurla, sulla differenza tra uomo-privato e uomo-politico, sui rapporti tra potenze nemiche, sulla diplomazia, il patriottismo e via di questo passo.

"Fattore personale", così dicono alcuni personaggi all'interno della pellicola, riferendosi al fatto che le persone coinvolte in un conflitto non sono delle semplici pedine, ma hanno una propria vita, magari una propria famiglia. Il film si concentra sulle strategie politiche, sulle alleanze e sui rapporti diplomatici sviscerati nella loro più profonda natura, grazie ad una serie di personaggi molto interessanti che rappresentano la catena gerarchica della politica americana: aviatori, ministri, scienziati, generali, fino ad arrivare al presidente della repubblica.

"A prova di errore" è principalmente un film di recitazione e di sceneggiatura, così come lo era il capolavoro "La parola ai giurati", in cui però ai due elementi si univano anche profonde riflessioni sulla giustizia e sulla forza della parola. Ad accomunare in qualche modo le pellicole c'è anche lo stile registico costituito principalmente da zoom, carrellate, primi e primissimi piani che si concentrano anche su particolari del volto, espedienti di cui Lumet si serve per esprimere tutti gli sconvolgimenti interiori dei suoi personaggi.
I due film condividono anche lo stesso tema di fondo, seppur incentrato su logiche diverse: un gruppo di persone che devono perseguire un obiettivo comune, ma hanno idee e metodi differenti. Se ne La parola ai giurati" si trattava dei giurati di un processo per omicidio, qui si tratta di tutti i "personaggi-pedine" che si muovono sulla scacchiera delle strategie di guerra. Si passa dal legal-movie alla fanta-politica, facendo immergere lo spettatore in scenari completamente differenti, ma ugualmente interessanti. Una differenza è data dal fatto che qui ci troviamo di fonte ad un film molto secco e poco enfatico (se si escludono l'incipit, con un incubo che coinvolge decisamente lo spettatore, e il finale che non può fare a meno che farci rimanere col cuore sospeso), mentre nel folgorante esordio del regista trovavamo un alto tasso di coinvolgimento emotivo.

Altro punto in comune tra le due pellicole è l'attore Henry Fonda, in questo caso chiamato ad interpretare il personaggio più importante e più carico di pathos di questa pellicola: il presidente degli Stati Uniti, che si vedrà immischiato in una vicenda quasi assurda e dalla quale sarà in grado di uscire solo tramite un inusitato sacrificio.
Non è da meno il personaggio interpretato dal grande Walter Matthau, decisamente espressivo e comunicativo, che riesce a tenere lo spettatore incollato allo schermo, attento a decifrare le interessanti e quasi mai condivisibili affermazioni e strategie di guerra. Un uomo cinico che non si preoccupa del numero delle vittime che potrebbero esserci per combattere il comunismo da lui tanto deprecato (divertente ma al tempo stesso agghiacciante la sua battuta sugli archivisti e i detenuti, gli unici a suo avviso che potrebbero salvarsi da un attacco nucleare, perché rintanati nei loro "bunker", per poi combattersi ferocemente e duramente in prospettiva del controllo pieno e totale del paese).

Una sequenza rimane impressa su tutte: quella della prima telefonata tra il presidente degli Stati uniti e quello della Russia. Il primo deve dire al secondo che un errore di una macchina potrebbe causare l'irreparabile per il suo paese e deve riuscire a convincerlo che di errore vero e proprio si tratta e non di strategia politica voluta e calcolata. La camera rimane fissa per tutta la durata della sofferta e difficile telefonata, ma paradossalmente la sequenza si riempie di "movimento" grazie ai dialoghi serratissimi e alla mimica facciale molto espressiva dei due personaggi coinvolti (il presidente e il suo traduttore qui chiamato ad un compito ben più difficile della semplice trasposizione di un linguaggio in un altro, ma incaricato di decifrare ogni singola inflessione della voce e del tono del presidente russo).

"Coloro che riescono a sopravvivere, sono coloro che meritano di sopravvivere", dice lo scienziato un po' "invasato" interpretato da Walter Matthau, facendosi portatore di una logica spietata e crudele.
Lui ed Henry Fonda, infatti, si fanno portatori di due posizioni contrapposte: lo scenziato è per la teoria darwiniana dell'evoluzione delle specie secondo la quale vince il più forte e il più capace di sopravvivere, oltre che il più meritevole di cotale fortuna (a sua detta gli Stati Uniti che non si sono macchiati come i russi del peccato di comunismo); il presidente vuole evitare una specie di eccidio e lo scoppio di una guerra vendicativa e pareggiante i conti delle vittime, per cui è disposto addirittura a sacrificare alcuni dei suoi uomini e poi qualcosa di molto più grosso.
L'evento scatenante di questa "prosopopea" di ordini e contrordini è il guasto ad una macchina e infatti alcuni personaggi del film tendono a discolparsi totalmente per non avere nessuna responsabilità di un evento fortuito e inaspettato. Il presidente, invece, è disposto ad assumersi l'intera responsabilità del tutto, perché uno stupido errore causato dalle macchine, è prima di tutto un errore degli uomini che ad esse si sono affidati totalmente e ciecamente.

Straordinario il finale ricco di suspance col conto alla rovescia durante l'arrivo del bombardiere su Mosca, raffigurata con tutti i suoi abitanti (compresi i piccioni) che proseguono nelle loro vite come se nulla fosse, inconsapevoli della fine a cui stanno andando incontro.

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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 31/03/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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