Recensione hidden regia di Pål Øie Norvegia 2008
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Recensione hidden (2008)

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locandina del film HIDDEN

Immagine tratta dal film HIDDEN

Immagine tratta dal film HIDDEN

Immagine tratta dal film HIDDEN

Immagine tratta dal film HIDDEN

Immagine tratta dal film HIDDEN
 

Kai è scappato di casa diciannove anni fa e, incautamente, vi fa ritorno alla morte di sua madre. La casa, come il suo passato, nasconde brutti ricordi e Kai non può fare a meno di confrontarsi con essi e col peso di una vita spesa a nascondersi dal dolore.
Kai torna a casa alla morte di sua madre, ma non è là per raccoglierne l'eredità. Vuole solo accertarsi che sia morta davvero. Non ha bei ricordi e sua madre non è stata amorevole con lui. La fuga che lo ha aiutato a sopravvivere purtroppo non ha cancellato la memoria di un passato indelebile e di una colpa immotivata e inesplicabile.
Anni addietro Kai aveva involontariamente provocato, con la sua fuga, un incidente in cui un'intera famiglia era stata spazzata via. L'unico sopravvissuto, un bambino della sua età, era sparito quella notte, e Kai forse finora non si era mai chiesto che fine avesse fatto quel ragazzo.
Ma adesso che è tornato a casa non può più sopprimere il violento emergere dei ricordi e dei sospetti. E la natura onirica di gran parte di questi non li renderà meno consistenti o efficaci, quando verrà il momento di tirare le somme e fare i conti con un passato che non è mai stato possibile archiviare. Neanche con la fuga.

La madre di Kai è un archetipo del cinema horror: la temutissima madre castigatrice che tortura i bambini e li rende nella migliore delle ipotesi vulnerabili e insicuri, nella peggiore degli assassini.
Kai non sfugge al destino dei suoi confratelli di sciagura, e si presenta molto insicuro e parecchio vulnerabile. Al punto da vedere la madre morta negli specchi o in altre circostanze, anche dopo essersi personalmente assicurato dell'avvenuto e irreversibile decesso della genitrice.
Dal momento in cui entra nella casa della sua infanzia Kai regredisce di colpo e ritorna quel ragazzino spaventato che non ha mai smesso di essere.

Peter, il bambino sparito quella notte, infesta la sua mente e, nonostante sia stato dato per morto all'epoca, in realtà sembra essere ancora nei boschi. La gente comincia a morire e Kai si chiede se per caso Peter non l'abbia fatta franca, con tutte conseguenze che questo può implicare nelle circostanze in cui si era trovato quella notte. Potrebbe addirittura essere stato vittima di qualcosa di peggio della cascata in cui tutti pensavano che avesse trovato la morte. E a questo punto il destino che tocca ai bambini abusati fa di nuovo capolino sulla scena. E Kai intuisce una verità difficile da mandare giù.
Specialmente per lui.

Pål Øie non è nuovo al genere horror; anni fa il suo "Dark Woods" fu distribuito anche in Italia con un discreto passaparola tra i fan del genere. Non si tratta certo di capolavori, ma l'atmosfera angosciante e la costruzione attenta dei particolari rendono interessanti i risultati di un lavoro che alla base non è, purtroppo, mai originale.
Anche in questo caso la parte migliore è nella costruzione dell'atmosfera. Densa, polverosa e oscura essa è la vera protagonista dell'ennesima storia basata sui fantasmi di un'infanzia abusata, che negli horror è straordinariamente comune.

Il racconto si svolge lentamente, avvolto dalla materia di cui sono fatti i ricordi, eterea ma persistente. Il sentimento predominante è l'angoscia, e la misurata interpretazione di Kristoffer Joner rende plausibile l'intero percorso di una vita spezzata e mai realmente vissuta.
La notte persistente che ammanta l'avvicendarsi degli eventi li rende più che mai onirici, e alla fine solo il sangue sarà reale. L'unico elemento in grado di risvegliare i ricordi e le angosce di tutta una comunità, che reagisce come un sol uomo al ritorno di un figliol prodigo, sfuggito ai fantasmi solo per riportarli alla luce con la sua sola presenza.

L'insieme di un'onesta regia, e di un convincente lavoro con gli attori completano il quadro di questo discreto prodotto, che esaurisce tutta la sua funzione nel regalare un'ora e mezza di umana condivisione con le angosce universali di cui tutti, almeno una volta hanno avuto un assaggio.

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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 17/12/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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