Recensione i racconti del cuscino regia di Peter Greenaway Francia, Olanda 1996
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Recensione i racconti del cuscino (1996)

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locandina del film I RACCONTI DEL CUSCINO

Immagine tratta dal film I RACCONTI DEL CUSCINO

Immagine tratta dal film I RACCONTI DEL CUSCINO

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Sono così chiamati i diari tenuti dalle adolescenti nei paesi anglosassoni, ma 'i racconti del guanciale' è anche il titolo del libro scritto da Shei Shonagon a cui il film si ispira, ed è infine proprio un cuscino a fare da specchio nella trasformazione dell'ossessione di Nagiko per la scrittura, che si tramuta da carta in penna dopo aver visto impressi sul cuscino di un privè i caratteri che il suo amante le aveva disegnato sul corpo.

La pellicola inizia in bianco e nero ed in lingua cinese mandarina con sottotitoli. In questa parte Nagiko vive il preludio della sua vera vita; è in questo crogiuolo di tradizione orientale, in una forte immersione nella cultura cinese, che ella apprende e interiorizza tutto quello che poi si esternerà nella sua vita adulta; i piaceri di bambina e le delusioni di sposa. La sceneggiatura è perfettamente simmetrica e si articola come una spirale avvolta attorno alla vita della protagonista. Dalla sua infanzia in cui riceve, in forma di benedizione per il suo compleanno, il dono della scrittura che il padre calligrafo esegue sulla sua fronte, raccontandole la storia della creazione e di come Dio dipinse il volto del primo uomo, sino alle ultime scene del film, in cui è lei stessa a scrivere la propria benedizione sul corpo di suo figlio, ricoprendo così il ruolo che era stato del padre, divenuta ormai lei stessa un'affermata calligrafa. Dai suoi vent'anni, quando ancora incapace di scegliere da sè e di comprendere a fondo la natura delle cose, viene data in sposa ad un uomo che non ama e che osteggia lei e i suoi libri, ai suoi trenta, quando ormai, seguendo le orme di Shei Shonagon, divenuta una modella di successo, vive la propria indipendenza osservando, amando e ricercando quella natura profonda delle cose che le sfuggiva in passato. Così, come era stata schiava degli avvenimenti che le ruotavano intorno fino a ribbellarvisi e rendersi indipendente, allo stesso modo come donna indipendente finisce per essere schiava dei suoi rituali e delle sue ossessioni, rappresentate dalla ricerca del perfetto amante calligrafo, un uomo che sia in grado sia di amarla, sia di poter rievocare lo spirito del padre scrivendo sul suo corpo.
Si renderà infine parte dominante dell'equazione, diventando lei stessa l'autrice delle scritture sul corpo e dovrà reincontrarsi con lo stesso editore che anni prima aveva umiliato suo padre e che lei, di contro, umilierà per vendetta.

Per gli amanti della psicologia e della psichiatria freudiana, questo film è un favo di spunti per l'analisi, che segue una chiara logica evoluzionista della personalità di Nagiko. Greenaway lo dirige pitturando la scena, come uno dei suoi quadri, perfettamente in stile con se stesso.
Molte sono di fatti le tematiche comuni ad ognuno dei suoi film e questa pellicola si colloca cronologicamente tra quello che è forse il suo più grande capolavoro "L'ultima tempesta", da cui attinge velleità registiche e punti di vista concentrici, e il bellissimo film "Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante" nel quale egli forse completa i concetti che aveva seminato ne "I racconti del cuscino".

In tutti questi film sono i libri a ritornare sempre protagonisti, libri che sono spesso pagine bianche, ansiose di essere riempite con ciò che di più meraviglioso respira sulla terra o che vengono rappresentati come il simbolo di ogni cosa che c'è da sapere, culla della scienza sin dai secoli della creazione.
Forse questa è la pellicola meno epica di Greenaway fra le tre e conserva un carattere più profondamente introspettivo e passionale.
E' certamente un film che va non solo seguito e guardato, ma veduto e ammirato in ogni scena, grondante di particolari e raffinatezze, di colori e di oggetti scelti con cura, curati fin nei minimi dettagli, compreso il tipo di materiale con il quale sono fabbricati e la loro disposizione nella scena.

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Recensione a cura di ope§ - aggiornata al 13/03/2006

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