Recensione pelham 123: ostaggi in metropolitana regia di Tony Scott USA 2009
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Recensione pelham 123: ostaggi in metropolitana (2009)

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locandina del film PELHAM 123: OSTAGGI IN METROPOLITANA

Immagine tratta dal film PELHAM 123: OSTAGGI IN METROPOLITANA

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Immagine tratta dal film PELHAM 123: OSTAGGI IN METROPOLITANA
 

Walter Garber, impiegato della metropolitana addetto allo smistamento dei treni, un tempo pezzo grosso ora declassato a causa di un'inchiesta su un suo presunto coinvolgimento in un caso di mazzette, si ritrova casualmente a dover comunicare con il responsabile del dirottamento di un vagone.
Il dirottatore, che si fa chiamare Ryder, insieme ad altri complici prende in ostaggio 19 persone, compreso il macchinista, chiedendo in cambio una somma di 10 milioni di dollari da parte del sindaco e della città di New York. Il sindaco ha un'ora per esaudire la richiesta del pazzoide, pena la morte di una vittima per ogni minuto di ritardo...

Tony Scott ci ha abituati ad un cinema frenetico ed esageratamente movimentato e, se vogliamo, questo è il suo marchio di fabbrica, la sua firma riconoscibilissima e più o meno apprezzabile a seconda dei gusti e delle preferenze.
Non fa eccezione "Pelham 123 – Ostaggi in metropolitana" che fa del ritmo forsennato e della natura abbondantemente fracassona il suo punto di forza.Niente da ridire su questo, visto che è una scelta - opinabile o meno - plausibilissima quella di girare un film d'azione rendendolo particolare e differente dagli altri proprio con uno stile quasi inconfondibile, basato sulla composizione di elementi quali una regia piena di zoomate, ralenty, primissimi piani, movimenti impensabili, scene d'azione rocambolesche.
Quello che non si riesce proprio a mandare giù è tutto il resto, considerando anche che stiamo parlando del remake di un film degli anni '70 ("Il colpo della metropolitana", con Walter Matthau e Robert Shaw) e che per esso il regista ha avuto a disposizione un budget da capogiro senza però riuscire a creare uno spettacolo degno di questo nome.
Viene da pensare allora che la maggior parte del denaro riservato alla produzione di questo film sia andato in tasca ai richiestissimi attori protagonisti e alla stessa città di New York dove, principalmente in metropolitana, è ambientata completamente la pellicola.

Non si riesce nemmeno a godere delle interpretazioni dei valentissimi attori protagonisti perché ingabbiati in personaggi mal costruiti e poco approfonditi. E' così che John Travolta interpreta un pazzoide irritante e macchiettistico fino all'eccesso che si esprime in maniera improbabile continuando ad incasellare battute, anzi battutacce, ad effetto una dietro l'altra.
Non è da meno Denzel Washington (attore feticcio del regista), davvero poco credibile nella sua repentina trasformazione da imbolsito e pacato impiegato della metropolitana ad eroe coraggiosissimo in cerca di redenzione.
Sullo sfondo abbiamo un John Turturro completamente trasparente, chiamato ad interpretare un personaggio del tutto privo di spessore, il comandante del team di Negoziazione Ostaggi e un James Gandolfini relegato e imprigionato in un ruolo pieno zeppo di clichè cinematografici: il sindaco un po' rozzo e ignorante che fa scandalo per le sue relazioni extra-coniugali e che rappresenta tutto il marcio che c'è in una città.

Come se non bastasse il film è attraversato da una serie di dialoghi insostenibili e di improbabili conversazioni telefoniche tra coniugi (resterete sorpresi di sentire su cosa verte la telefonata tra l'impiegato della metro e sua moglie) e sentimentalismi spiccioli e stucchevoli. Senza contare il riferimento alle moderne tecnologie con uno degli ostaggi, un ragazzo che comunica con la sua fidanzata tramite web-cam senza che i dirottatori se ne rendano conto.
Ecco che allora la pellicola si arricchisce di gags di dubbio gusto e quasi comicamente fuori luogo (come uno degli ostaggi che scherza sul fatto di dover fare pipì), condite da eroismi poco credibili e spiccioli riferimenti a temi fin troppo gridati come la paura americana del terrorismo e la crisi economica (il dirottatore è addirittura un esperto di borsa).

Quello che però delude profondamente è la mancanza di un'idea di fondo che non sia la sterile e noiosa riproposizione di un canovaccio ormai logoro e stantio: il dirottamento di un treno con un criminale spietato che si contrappone all'uomo comune chiamato ad affrontarlo.La novità starebbe nel fatto che nemmeno l'uomo comune è poi così innocente visto che molto probabilmente, anzi diciamo sicuramente, si è intascato una bella mazzetta di 35.000 dollari per mandare i figli al college.
Ecco allora creata una flebilissima e per niente soddisfacente giustificazione allo scatto inconsulto e irreale del protagonista che comincia ad inseguire il dirottatore in fuga rischiando la sua stessa vita pur di consegnarlo alla legge.
Non mancano - ahi noi - i soliti inseguimenti stradali che sfociano nei prevedibilissimi incidenti roboanti (alcuni sfiorano il ridicolo) che causano il ritardo dell'operazione di consegna dei soldi nell'intento di creare tensione e pathos riuscendo solo ad affossare ulteriormente la pellicola nella banalità.

Niente da fare, dunque, per Tony Scott che è dai tempi di "Spygame" che non sforna un film soddisfacente, avvicinandosi anche al disastro completo con "Domino".
Con la speranza che in futuro si avvalga di script e sceneggiature ben più valenti (la cosa sorprende visto che in questo caso lo sceneggiatore è quel Brian Hengland che ci ha regalato perle come "L. A. Confidential" e "Mystic river") e di idee più interessanti, non ci resta altro che bocciare questa pellicola su tutti i fronti.

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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 29/09/2009

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