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SANSONE E DALILA regia di Cecil B. DeMille

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Dom Cobb     6½ / 10  26/07/2018 18:54:08 » Rispondi
Sansone è il campione designato dal Signore per proteggere il popolo ebreo dalle angherie dei Filistei: egli è invincibile, fintantoché i suoi capelli non vengano tagliati. Commette però l'errore di innamorarsi della traditrice Dalila, che ha giurato vendetta dopo che lui ha osato rifiutarla in sposa...
Cecil B. DeMille è uno di quei registi che è riuscito a lasciare un'impronta indelebile nella storia del cinema con soltanto una manciata di pellicole al suo attivo; uno di quei registi che lasciava passare anni fra un film e l'altro, assicurandosi ogni volta un livello di qualità tale da renderlo il top dell'industria cinematografica dell'epoca che oggi denomineremmo "mainstream". Salito alla ribalta all'epoca del muto, egli ha visto e contribuito alla crescita degli studios nel corso del primo ventennio del sonoro con il suo tocco grandioso e il suo stile tipicamente epico.
"Sansone e Dalila" costituisce di per sé un punto affascinante sia nella filmografia del regista, che nel periodo in cui è stato rilasciato nelle sale, costituendo di fatto una sorta di preludio alle mega-produzioni del filone "peplum" che dilagheranno col giungere degli anni '50 e una nuova direzione per lo stesso DeMille, che torna a riavvicinarsi a un genere che non toccava da un pezzo. Basti pensare che, per l'epoca, era uno di film più costosi mai prodotti, con effetti speciali all'avanguardia e dotato di un impianto spettacolare quale non si era più visto dai tempi di "Via col vento", e se possibile capace addirittura di sorpassarlo.
Senza dubbio, i soldi spesi si vedono tutti, spiattellati come sono in bella mostra sullo schermo fra eleganti costumi, scenografie imponenti e uno stile visivo in grande che si avvale di uno sgargiante Technicolor, e non c'è da stupirsi se questi elementi diverranno ben presto il modello di altri esponenti del genere molto più famosi. Si fanno notare in particolare alcune scene di combattimento realizzate in maniera impeccabile,


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ed effetti speciali usati con parsimonia, e per di più relegati alla spettacolosa sequenza finale che, sebbene per quegli anni rappresentasse il massimo, sarà in futuro surclassata da altre scene simili di ancora maggiore magnificenza;


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deludono invece le musiche di Victor Young, pompose e rumorose quanto basta ma generiche e prive di mordente, che si limitano a fare il compitino senza quella marcia in più che le avrebbero rese di ben altra stoffa.
Ma non è solo sul lato tecnico che "Sansone e Dalila" costituisce l'ideale modello di ispirazione per i futuri esempi del filone epico: anche sul lato narrativo verrà pescato a piene mani, e permettetemi di dire che alcuni di questi futuri esempi faranno un lavoro molto migliore nell'ambito delle storie romantiche e dello sviluppo dei personaggi. Quella che abbiamo di fronte qui, infatti, si rivela fin da subito una storia non particolarmente interessante, venata di melenso e di melodrammatico nelle parti più quiete, e un po' troppo sopra le righe nel suo trionfalismo nelle sequenze più spettacolari, tanto da ricordare più un film di serie B che una punta di diamante del cinema hollywoodiano. Al giorno d'oggi, personaggi che sono più banali stereotipi e vicende romantiche di questo calibro (e con questi dialoghi) fanno sorridere e ridacchiare più che altro, il che comunque rende più facile la visione considerando che la durata risulta forse un po' eccessiva per quel poco di storia che ha da raccontare.
Non aiuta un cast che è l'apice della tipica trafila di bellocci da copertina di quel periodo: Victor Mature ha il carisma e la varietà d'espressione di una scopa, Hedy Lamarr è bella e fa la perfida punto e basta, e Dio me ne scampi se vi è anche solo un accenno di alchimia o una qualche scintilla fra i due piccioncini. Gli unici a funzionare davvero sono Angela Lansbury e un diabolico George Sanders: lui in particolare riesce ad esprimere un certo grado di malvagità senza mai strafare, sempre mantenendosi controllato e sotto le righe, il che lo rende paradossalmente il personaggio più umano.
Fra un ritmo lento, interpreti non all'altezza e atmosfere e stile narrativo che sono un irrimediabile prodotto dei suoi tempi, il primo lavoro epico moderno di DeMille si rivela riuscito a metà, ma si salva in corner per le sue qualità a livello tecnico e visivo, sufficientemente numerose da reggere tutta la baracca e provocare ancora oggi un minimo di genuina ammirazione. Ma questo è solo un antipasto rispetto a ciò che verrà in seguito.