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FERRO3 - LA CASA VUOTA regia di Kim Ki-duk

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gerardo     8 / 10  10/01/2005 16:38:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciò che mi colpisce maggiormente di questo film, distaccandomi dal coinvolgimento della visione e dalle emozioni che essa ne suscita, è l'estrema differenza d'approccio al cinema che gli autori orientali hanno rispetto a noi europei ed occindentali in genere. Non sono un esperto - e ancor meno un fan - di culture e di filosofie orientali o di esotismi vari, ma ogni volta che guardo un film proveniente dal sud-est asiatico non posso fare a meno di notare l'afflato spirituale e straordinariamente leggero col quale trattano le tematiche espresse e la materia cinematografica tutta.

In tempi di radicalizzazione del concetto di proprietà privata, l'uso delle abitazioni e degli oggetti altrui può sembrare quasi un messaggio politicamente sovversivo. Non a caso la repressione si accanisce contro il protagonista con una violenza e una ferocia assolutamente sproporzionata rispetto al reato (non) commesso. Tanto più inspiegabile appare il suo muoversi leggero negli spazi altrui senza un apparente motivo plausibile (come il furto, ad esempio), tanto più la repressione gli si accanisce contro. E il silenzio accresce il mistero delle azioni del giovane protagonista, ma acuisce anche la rabbia nei suoi confronti: il gesto "sovversivo" richiede un surplus di reazione e repressione. Il ragazzo non ha bisogno di parlare, è la sua presenza, i suoi gesti quotidiani, a costituire l'elemento minimo di comunicazione. Una presenza che si rarefa fino a sembrare immateriale quando inizia a essere percepita come minacciosa. Anche la donna non ha (più) bisogno di parlare per comunicare. Il suo silenzio col marito (e poi con gli sbirri) è l'estremo segnale di rifiuto, mentre col giovane nomade è la forma di sintonia perfetta: tra di loro ci sono solo sguardi e piccoli gesti che caricano di pienezza comunicativa (e sentimentale) il loro rapporto. La parola è inganno e falsità da un lato, dall'altro elemento parzialmente sostitutivo dell'espressività del silenzio quando questa supera barriere invisibili per colmare l'immaterialità apparente della presenza del ragazzo.