Harpo 8 / 10 24/09/2006 16:34:43 » Rispondi Opera terza di un regista che, a mio avviso, sta maturando decisamente molto bene. Dopo il primo film di denuncia sociale e il secondo più vicino ai classici gangster movie anni '70, Sam Mendes realizza una pellicola che si prepone una chiara denuncia alla guerra, allentando comunque la drammaticità della vicenda con scene piuttosto grottesche. La struttura filmica è praticamente la stessa di "Full metal jacket". Oltretutto la pellicola è carica di omaggi a storici film di guerra come, appunto, il capolavoro di Kubrick o "Il cacciatore". Però “Jarhead”, proprio per la troppa vicinanza con il film kubrickiano, non si può ritenere un capolavoro, ma comunque è una pellicola che trova diversi spunti di interesse. La prima parte, molto meno drammatica rispetto alla seconda e decisamente distante dal precedente "Era mio padre", in quanto impregnata di quell'humour nero e di quella satira che tanto bene si integrano (almeno solitamente) con certi tipi di film di guerra (oltre al già fin troppo citato "Full metal jacket", si pensi anche a certe sequenze di "Apocalypse Now" o ad altre di "Platoon"). La denuncia sociale, seppur palpabile, è presente in quantità decisamente più ridotte rispetto alla seconda parte, che analizzerò con più dovizia (sempre tenendo conto dei miei limitati mezzi tecnici). Infatti, nella seconda ora, dopo ad aver assistito all'addestramento, il quale ha quasi disumanizzato i marines ("Voi dovrete agognare la morte del nemico"), si entra finalmente "in azione". Quindi, tra partite di football giocate in tuta anti-gas e altri fenomeni ben lontani dallo spirito democratico americano, il regista ci vuol far quasi intuire la mediocrità di alcuni gradi del corpo militare americano. Ma l'apice dell'assurdità di questo conflitto non è certamente questo:
i protagonisti della vicenda, che sono stati trasformati in macchina da guerra, smembrati delle loro emozioni, privati della loro vita e inviati in un deserto per dar libero sfogo alla loro rabbia omicida acquisita durante l'addestramento, finiranno con il fare “le belle statuine”, e saranno assolutamente impotenti di dare libero sfogo alla neo-ottenuta brutalità insegnatagli dall'esercito della più grande nazione democratica di tutti i tempi. Con l'aggiunta che, quando torneranno a casa, la loro vita sarà stata egualmente brutalizzata: tra persone che hanno perso la fidanzata, altri la moglie, o chi ha perfino perso la libertà, ci si rende conto quanto ogni guerra sia disumana. Splendida, infatti, la frase che il protagonista dice al termine del conflitto: "Ogni guerra è diversa, ogni guerra è uguale".
Assolutamente gagliarda anche la fotografia che si basa su dei fondali scuri, ma anche su dei contrasti davvero suggestivi. Tutti i protagonisti recitano molto bene, compreso Jamie Foxx a suo agio anche in parti più “dure” rispetto alle ultime sue interpretazioni. In definitiva, un film decisamente convincente, ma che comunque appare troppo simile ad altri capolavori, estromettendo così la possibilità di poter essere ritenuto tale.