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LE VITE DEGLI ALTRI regia di Florian Henckel von Donnersmarck

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gerardo     7 / 10  06/05/2007 02:17:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non è il primo film sulla DDR, nemmeno il migliore, a mio avviso, ma è sicuramente quello che ha vinto e incassato di più.
"Le vite degli altri" è un film a tesi, con l'intento di dimostrare, in maniera preconfezionata, i mali del regime comunista in Germania Est e della sua tentacolare oppressione e intromissione in ogni aspetto della vita pubblica e privata dei cittadini. Cioè, entriamo nel cinema e sappiamo già cosa ci attende. E il film non sgarra un secondo: concede al pubblico - OCCIDENTALE -, dall'inizio alla fine, tutto ciò che si aspetterebbe di vedere, anzi, ciò che vorrebbe che gli si mostrasse. Non per niente ha preso l'Oscar.
C'è la Stasi che arresta, controlla, interroga, spia, gestisce carriere ed esistenze, ecc. Ci sono degli agenti rigidi e spietati. Ci sono i comuni cittadini spiati e vittime. Nulla esula dal canovaccio.
Poi nel finale l'autore ci "concede" anche l'ultimo desiderio di noi spettatori: la scoperta della verità e la conciliazione.
Insomma, c'è tutto quanto possa muovere a profondi e nobili sentimenti d'indignazione, riflessione, pietà, commozione e blablabla.
Come struttura generale il film è poco più che mediocre, anche se la narrazione procede, grazie anche alle ottime interpretazioni, in modo molto fluido e avvincente.
Ora, messe da parte le tesi preconfezionate, c'è un aspetto particolarmente interessante del film che mi preme rilevare: lo scambio dei ruoli tra i personaggi e le loro funzioni. La trama e i fatti storici vorrebbero come vittime verso cui attestare la nostra pietas lo scrittore Dreyman e la sua compagna attrice Christa-Maria, mentre per il capitano Wiesler sono riservati altri nobili e sublimi sentimenti solo dopo la presunta evoluzione del suo personaggio. In realtà, il personaggio veramente tragico del film è proprio l'agente della Stasi, che è un sincero ed onesto socialista, assolutamente fedele alla coscienza della sua ideologia e un po' meno alla linea delle istituzioni per cui lavora. Egli crede fermamente in quello che fa, come fosse un dovere morale, una missione da compiere in nome del socialismo. Inizialmente corrisponde a tutti i clichés sugli agenti segreti comunisti: rigidi, inflessibili, adusi a una terminologia di partito retrò da Patto di Varsavia. Eppure non può non suscitare empatia e immediata comprensione. La sua tragedia è di trovarsi in una situazione più grande di lui, con la consapevolezza della sconfitta sul piano personale. Egli sa perfettamente di essere solo un semplice, piccolo ingranaggio del meccanismo - e che quel meccanismo è tutta la sua vita. Ma sa anche che può cambiare il corso degli eventi con la sua piccola parte. Vive di vite altrui, mentre la propria è tristemente vuota. Le spia, le controlla, le interroga, e alla fine decide di riscriverne una di proprio pugno. E' sempre una vita di altri, ma ora è lui l'artefice, lo scrittore, il drammaturgo. La sua passività si trasforma in qualcosa di più attivo. (Ri)scrive la Storia, ne diventa Autore, tenta di cambiarne il corso, sullo sfondo della decadenza del regime e di sommovimenti pronti a esplodere.
Ma la resa tragica del personaggio del capitano non sembra voluta, perché Von Donnersmark, oltre a concederci inutili dettagli sui giornali che annunciano la Perestrojka, si perde in un retorico e stucchevole finale nel quale l'agente della Stasi è "solo" una persona buona, meritevole di riconoscenza, a dimostrazione che - guarda un po'! - anche nei servizi segreti c'era il buon samaritano. Tagliare il film un quarto d'ora prima l'avrebbe reso molto più vero, forte, e meno libro "Cuore".

Un consiglio (se posso permettermi): la "tragedia" della DDR è narrata superbamente nel grandissimo (semisconosciuto) film di Volker Schlondorff, "Il silenzio dopo lo sparo". Imperdibile.
Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Lot  06/05/2007 11:58:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ottimo commento, concordo soprattutto sull'analisi dell'inversione di ruoli. Nel finale però, a parte la celebrazione mainstream un po' eccessiva, ho visto anche una punta di amarezza, specie nelle inquadrature della libreria Marx, come se in realtà il cambiamento fosse sulla carta più che nella carne.
Già qualcuno mi aveva segnalato il film che citi in chiusura, vedrò di recuperarlo.
gerardo  06/05/2007 12:37:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie Lot. ;-)
Il senso di amarezza nel finale è evidenziato anche dal perpetrarsi dell'azione ritorsiva del regime: l'ex brillante agente Stasi, già declassato nella DDR, nella nuova Germania "libera" è un semplice triste portalettere, mentre le alte gerarchie corrotte del partito sono ancora tra i ranghi del potere, pronte a riciclarsi in nuovi panni...
Ho come l'impressione che questo film sia un'occasione mancata, proprio perché sperpera il senso tragico già insito nelle storie dei protagonisti e dello stesso corso degli eventi per cercare emozioni facili e un consenso immediato e ampio. La lacrimuccia paga... :)

Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Lot  06/05/2007 14:50:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come dire che una sorta di 'continuismo' da gattopardo (per usare un neologismo di ***** che ho sentito in questi giorni) è pur sempre strutturale in tutte le rivoluzioni.
Quanto all'occasione mancata, come accennavo nel mio commento, secondo me si poteva del tutto scindere e minimizzare l'aspetto macro-storico per concentrarsi maggiormente e in modo più approfondito sulla vicenda del singolo e sul suo percorso (ancora penso a le conseguenze dell'amore); ne avrebbe perso il film in appeal da academy probabilmente ma ne avrebbe ulteriormente guadagnato in tensione.
martina74  08/05/2007 17:21:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sei proprio un comunista.
ghghgh....

Scherzi a parte, è vero che nella narrazione non ci si discosta per un attimo dalla tesi che si vuol dimostrare e non credo che in effetti si stesse poi così sereni nella DDR. Quello che ho apprezzato maggiormente, tuttavia, è il senso di oppressione che il film trasmette.

Guarderò Il silenzio dopo lo sparo e, come Lot, consiglio Goodbye Lenin.

Baci!
gerardo  08/05/2007 22:09:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sei proprio del PD tu! Che schifo!
ghghgh


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Invia una mail all'autore del commento kowalsky  10/05/2007 00:23:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Più o meno i dubbi che avevo anch'io... per quanto io ama amato tantissimo questo film Sarà un caso che tutti i film sul regime comunista sembrano respirare dei venti di libertà (come la canzone famigerata degli Scorpions) meno credibili che mai? V. Wajda, v. ultimi film di Michalkov, v. Zanussi ah se fosse vero...
comunque ribadisco che quel personaggio dell'agente è strepitoso
gerardo  10/05/2007 13:15:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Oh, ma io ho amato quell'agente ancor prima che diventasse socialdemocratico... :)
patt  08/05/2007 13:22:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
clap clap!
(..l'agente artefice e drammaturgo..meritevole di riconoscenza.."cuore")..sei troppo bravo ;-)
gerardo  08/05/2007 13:41:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
(faccina rossa) :)
gh-razie!
slap e smack