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TRE METRI SOPRA IL CIELO regia di Luca Lucini

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Butch Coolidge     4 / 10  14/08/2004 16:22:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Questa recensione di Luca Baroncini mi ha colpito piu' del film...
Se "Caterina va in città" poteva risultare un po' superficiale nella semplificazione con cui riassumeva mode, comportamenti e scelte politiche dei giovani under-18, in confronto all'opera prima di Luca Lucini è un fine trattato di sociologia. "Tre metri sopra il cielo", infatti, con la scusa di raccontare il primo amore che non si scorda mai, scimmiotta il peggio della televisione. Non tanto tecnicamente (nonostante gli evidenti ammiccamenti a pubblicità e videoclip), quanto sul piano dei contenuti. Il contesto sociale in cui si muovono i giovincelli è l'alta borghesia romana, con una protagonista tutta fighina che non trova di meglio che trasgredire con il ras del quartiere, sfacciato e burino ma con un cuore tanto e un trauma alle spalle non ancora superato (ha pestato l'amante della mamma, della serie solo a lui è concesso trasgredire!). Conflitto di classe, ma fino a un certo punto però, perché anche il giovine è un figlio di papà, che ha rinnegato babbo, ma soprattutto mamma, decidendo di vivere alla giornata, tra sfide in moto e atti vandalici. I due si incontrano e, secondo la legge degli opposti (ma va?), dopo qualche incomprensione finiscono per innamorarsi. Costruito per compiacere il teen-ager nazionale, il film evita di prendere qualsiasi posizione e si limita a grattare la superficie delle giovani generazioni: ecco quindi le super feste all'Olgiata (noiose ma imperdibili), le gare di velocità, i genitori assenti, i trentenni lavoratori babbidiminchia, la scuola (ovviamente privata) e alfin l'amore. È curioso constatare come i due protagonisti non facciano per tutto il film un discorso che sia uno, ma si limitino a prendersi e lasciarsi tra baci, pianti e, soprattutto, sms. L'accettazione passa sempre e comunque attraverso la dimostrazione del sentimento e l'amore assume la profondità di una qualsiasi merce di scambio: ti voglio bene, quindi faccio (scrivo il tuo nome su un ponte) o non faccio (non sfascio le case dei ricchi) per meritare la tua attenzione. La realtà descritta ha sicuramente un fondo di verità, ma ciò che irrita è l'ennesima esaltazione acritica e pure moraleggiante (poteva mancare la vittima sacrificale?) del vuoto di una generazione. E non tanto perché di cattivo esempio per i ragazzotti in età scolare (cavoli loro e di chi si occupa della loro educazione), quanto per la scelta furbetta di buttare là sempre le solite quattro scemenze, scomodando pure Shakespeare e "Gioventù bruciata", e farci sopra un film. Gli attori, pur senza strafare, sono meglio delle macchiette che interpretano, mentre a dare il colpo di grazia definitivo (ce ne fosse bisogno) è la voce fuori campo in stile DJ con cadenza molto "gggiovane": un (im)perdibile concentrato delle più trite ovvietà che si continuano a mettere in bocca agli adolescenti pensando di fare tendenza e limitandosi, invece, a raschiare il fondo della fantasia.
Ky23  29/05/2005 21:38:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Concordo, l'ovvietà, ma avolte manca proprio quello!