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LEZIONI DI PIANO regia di Jane Campion

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elio91     8 / 10  12/09/2012 18:50:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'estetica alla ricerca continua di una perfezione/sensibilità del tutto femminile non sarebbe di certo bastata a rendere questo film il migliore della Champion, regista che non si è ripetuta mai più a questi livelli d'eccellenza. Certo, la trama c'è anche se presa a sé non sorprende più di tanto. Il romanticismo, non manca neanche quello ma il rischio di apparire sdolcinati o ridondanti è dietro l'angolo.
A mio parere e ne sono fortemente convinto, a salvare del tutto The Piano interviene la colonna sonora avvolgente di Michael Nyman, una delle più belle di sempre. Cattura da subito, è (ab)usata con insistenza ma senza mai disturbare anzi donando ad alcune sequenze di raccordo, che altrimenti sarebbero passate in maniera superficiale, una profondità emozionale non sempre presente al cinema con tanta forza.
Come con Mission di Joffe, un altro regista non eccelso che però ebbe l'occasione di fare il film della sua vita (e della sua carriera), Morricone in quel caso e Nyman in questo danno quella marcia in più per cui tutto assume un significato più toccante, sensibile, unico.
Keitel e Hunter, fragile animalesco lui e rigida passionale lei, si districano in un oceano di sentimenti e costrizioni rappresentati dai costumi assurdi dell'epoca femminili, in un film che è esplicitamente femminista.
Si rischia poi nel finale di cadere nella forzatura perché ciò che accade ne ha la forma; ma anche in questo caso, si lascia scorrere tutto.
E gli occhi (e le orecchie) restano grati per sempre della visione e dell'ascolto.

Poi, meraviglia del cinema, la voce fuori campo è rischiosissima: come quella di Sunny nel Mistero Von Bulow (personaggio che parla dal coma), qui si rompe la barriera della realtà da subito, la protagonista afferma placidamente di essere muta e che quella è la voce nella sua testa e dei suoi sentimenti.
Ciò che la Champion per fortuna fa poi è far rientrare la voce di una donna che sappiamo da subito sensibile, lasciando tutto sulle spalle di Holly Hunter che nel suo mutismo ostentato, frustrante porta avanti tutto con gesti bruschi e occhiate che riflettono mille emozioni. E poi la voce fuori campo ritorna, nel finale, seppellita (seppellendo tutti i suoni, seppellendo l'immagine, seppellendo il cinema stesso) nell'oceano.
Peccato, sui titoli di coda avrei fatto sfumare il rumore dell'acqua in un vuoto sonoro... invece risuonano le (celestiali) musiche di Michael Nyman e forse è giusto cosi.