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2001 ODISSEA NELLO SPAZIO regia di Stanley Kubrick

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Invia una mail all'autore del commento montypython     10 / 10  02/09/2005 11:47:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
“Continuo a notare con fastidio che si cita erroneamente “La Sentinella” come il racconto su cui si basa “2001”. In realtà il racconto assomiglia al film come una ghianda assomiglia ad una quercia adulta (molto meno, anzi, perché nel film compaiono idee di vari altri racconti)” Arthur C. Clarke, prefazione a “LA Sentinella”, TEA, 1995
Così Clarke introduceva la sua Sentinella nel 1995 a proposito dei paragoni che si facevano tra il suo racconto e 2001: odissea nello spazio, pietra miliare ( ma sarebbe meglio definirlo “monolito”) del cinema di fantascienza e del cinema in generale, centrando perfettmente il problema: 2001 non è un semplice film tratta da un racconto, è una evoluzione del racconto, è qualcosa che va oltre la fantascienza stessa, 2001 è “un grande enigma”, irrisolvibile, che da anni ormai vede cimentare tutti in una sua possibile interpretazione, interpretazione che non è né giusta né sbagliata, per quanto se ne sa davvero su questo film, il film che forse più di tutti ha saputo incarnare nel modo migliore la complessa filosofia Kubrickiana, talmente complessa, da essere completamente aperta ed enigmatica, filosofia che tenterò di interpretare, lasciando comunque insoluto il più grande mistero della storia del cinema: “2001: odissea nello spazio”.
Il film si apre sulle note di “Also Sprach Zarathustra” di Richard Strauss: l’inquadratura sale dal buio totale superando la Luna, la Terra ed ecco il Sole: su questi tre corpi celesti tutti perfettamente allineati compare il titolo: “2001: a space odyssey”, sta per sorgere “l’alba dell’uomo”. Africa, quattro milioni di anni fa, deserto, completo deserto, solo una piccola “comunità” di scimmie, attorno ad un laghetto che lotta per evolvere; le svariate sequenze, quasi completamente mute se non fosse per i versi scimmieschi emessi continuamente dai primati, su quello che succede a questa piccola “comunità” prima dell’arrivo del monolito sulla Terra, possono essere interpretate come l’evoluzione naturale dell’uomo stesso: ad ogni cambio scena, infatti, possiamo notare che qualcosa muta in quelle scimmie, esse stanno sviluppando qualcosa, quel qualcosa è la ragione. Dapprima prevale l’instinto, poi piano piano, man mano che il tempo passa, la scimmia si fa più furba, sta sviluppando la razionalità, fino ad arrivare all’esatto momento dell’arrivo del monolito nero: qualcosa sveglia una scimmia che desta le altre con alcuni versi, non più emessi a caso ma emessi per una loro determinata funzione con un loro preciso significato, le scimmie avevano iniziato a sviluppare il linguaggio; il lento processo evolutivo aveva avuto inizio. Ma queste sequenze possono avere anche un’altra interpretazione più simbolica: le scimmie di 2001 sono in realtà già l’uomo: instintivo, corrotto, irrazionalenonostante la sua razionalità, violento: le scimmie non esitano ad uccidere una di loro per il solo motivo che aveva tolto loro dell’acqua e lo fanno con una violenza inaudita, orribile; avevano incominciato ad uccidere i loro simili, per egoismo, per la loro sopravvivenza e ne sono soddisfatti, ma la cosa più inquietante è il modo di quel fraticidio: una di quelle scimmie prima attacca con le sue zampe, poi prende un osso di una carcassa e si accorge che fa più male e inizia a darci dentro, anche dopo che è morto, per far vedere la sua superiorità. L’uomo-scimmia, prima di scoprire gli utensili utili alla sua sopravvivenza, scopre le armi, non è più una scimmia, è l’uomo.Ma il presagio più inquietante si scorge nella famosa scena della scimmia, ormai avviata alla evoluzione in maniera compiuta dal monolito, che lancia un osso in aria, nello spazio: il primate prende un osso dalle carcasse dei suoi simili davanti a se e inizia a battere con forza su questi scheletri e inizia a spaccarli con una furia quasi godereccia: è questo l’uomo fatto e compiuto è l’uomo assassino che non esita ad uccidere tra i suoi simili: è questa la fine dell’uomo, l’autodistruzione?
Un altro segnale ce lo da la scena subito seguente: l’osso lanciato in aria dal primate, percorre i cieli, lo spazio, i secoli, i millenni e diventa una astronave: è l’ellissi dell’ evoluzione, un osso, l’arma primitiva servita per uccidere e per distruggere è simbolicamente l’astronave dell’anno 2001; l’evoluzione è andata avanti, ci sono state scoperte e conquiste tecnologiche importantissime, ma esse non sono che gli stessi ossi, mezzi di distruzione e morte, sono solo diversi, più tecnologici, forse, ma nell’essenza sono la stessa cosa, l’uomo non è cambiato in milioni di anni è ancora una scimmia inevoluta, o forse proprio perché è evoluta si porterà da solo all’estinzione.
L’”ellisse” è l’anello di congiunzione tra “l’alba dell’uomo” e “missione Giove”: somo passati milioni di anni, le conquiste spaziali hanno raggiunto un livello altissimo, siamo nel 2001, nello spazio che avvolge la Terra, una navetta si sta dirigendo alla stazione spaziale, è qui una delle scene più emozionanti del film: il “valzer delle stelle”; seguendo le meravigliose note de “Il bel Danubio Blu” di Johann Strauss, stazioni orbitanti e corpi celesti danno via al loro valzer e come in una sala da ballo illuminata a festa come è il cielo stellato, questi roteano, girano, si muovono come a passo di danza, duettano con estrema eleganza; la innovativa stazione spaziale in costruzione a forma di anello sembra la ruota panoramica di un luna park, l’intero cielo è un parco dei divertimenti, è il trionfo dell’uomo alla conquista dello spazio, tutto l’universo sembra danzare sotto la direzione d’orchestra dell’uomo, che si sente sicuro di sé, invincibile, niente potrebbe sconvolgerlo adesso,niente, tranne una sola cosa, la scoperta di qualcosa che metta in dubbio tutta la sua evoluzione, tutte le sue scoperte, quel qualcosa è il monolito.
Cos’è il monolito? Un meccanismo alieno? La prova dell’esistenza di altre vite intelligenti? Dio? Clarke nel suo racconto ne da una spiegazione molto semplice, esso è una sentinella, qualcosa che controlli l’evoluzione umana, qualcosa messo lì da una entità aliena, ma per Kubrick il monolito potrebbe essere qualcos’altro, o meglio, per Kubrick può essere tutto: la sua stessa comparsa sula Terra quattro milioni di anni fa è enigmatica; che sia esso stesso un alieno che abbia “donato” la scintilla dell’evoluzione, o meglio, quel qualcosa che l’ha accellerata, a quel gruppo di scimmie milioni di anni fa? Oppure questa misteriosa pietra non è altri che quell’entità sovrannaturale che viene chiamata Dio? Cercare di interpretare giustamente e definitivamente il monolito è cosa assai difficile e quello che ci fa intuire Kubrick è poco e lascia il dilemma completamente aperto ad infinite interpretazioni possibili, quel che è certo è che non è umano e che probabilmente ha “aiutato” la specie umana ad evolversi, ma perché allora ce ne sono così tanti sparsi per l’universo, o è sempre lo stesso? Che questi siano dei congegni di un’altra civiltà intelligente, forse la prima ad essersi sviluppata, che girando per l’universo abbiano lasciato il compito a questi monoliti o a questo monolito di far evolvere in fretta le forme di vita sviluppateso in pianeti ideali? Ma se questi oggetti misteriosi sono la causa dell’evoluzione umana e, probabilmente, di tutte le altre specie dell’universo, e questi oggetti sono stati creati da questa fantomatica prima civiltà, come ha fatto a svilupparsi prima di tutte le altre anticipando di troppo il naturale corso dell’evoluzione che ha portato alla vita? Allora che questi monoliti siano qualcosa che esisteva già da prima della creazione dell’universo e che questa probabile prima civiltà ne abbia usufruito essa stessa? Quindi questi oggetti sarebbero qualcosa di soprannaturale che esiste prima di tutto e che esisterà sempre, non legato all’universo naturale? Che questi siano un qualcosa di fisso, preesistente, senza la quale la stessa vita non avrebbe avuto luogo, che siano l’ ‘arch¢ di tutto l’universo, quel qualcosa che i filosofi, dai greci ai contemporanei, hanno cercato di definire da sempre, che siano Dio? Ma allora chiedersi chi abbia generato Dio sarebbe qualcosa di paradossale, perché se seguissimo la cinematica aristotelica, andremmo ad intaccare quel concetto di infinito, che è ormai imprescindibile, pur non essendo concepibile dalla mente umana così come il nulla, e purtroppo essendo inconcepibile, questa domanda non può trovare soluzione, ma allora siamo costretti ad accettare il fatto che niente abbia una origine precisa, ma ci sia un semplice ciclo infinito di creazioni e di distruzioni (come nella concezione empedoclea) e siamo quindi costretti ad accettare l’inesistenza di una entità sovrannaturale, quale può essere Dio? Che anche Dio, ma in questo caso il monolito, sia soggetto a distruzione e creazione, come ogni cosa, non sfuggendo quindi alle leggi naturali, e che ogni volta il ciclo continui nello stesso modo (seguendo in un certo qual modo la concenzione stoica), ma non con le stesse forme di vita? Che il monolito stesso sia qualcosa di sottoposto a qualcos’altro? Ma allora cosa c’è prima? A tutte queste domande la mente umana non potrà mai rispondere costretta ad arrendersi al più grande mistero dell’universo, il mistero della vita.
Il monolito agli uomini fa paura, perché metterebbe in dubbio tutto ciò su cui ha creduto finora: se questo fosse l’incipit della nostra evoluzione, allora tutto quello che abbiamo fatto fin’ora non sarebbe merito nostro e sicuramente andrebbe ad intaccare una della qualità forse più negative e più positive che appartengono all’uomo, l’orgoglio; l’uomo perderebbe così la sua supremazia totale sugli altri esseri viventi, non accorgendosi di essere già schiavo di sé stesso, o meglio da ciò che ha creato sé stesso, ovvero la macchina.
Kubrick sta piano piano demolendo l’uomo che già a partire dall’inizio della sua evoluzione si stava autoistruggendo, sta demolendo la sua sicurezza, troppa, la sua invincibilità apparente, le sue convinzioni, tutto ciò che aveva reso l’uomo quello che era diventato, ovvero, una montagna di cartapesta: l’uomo non è che ancora una scimmia, un animale rivestito della sua superbia, pronta a crollare alla minima confutazione dei suoi dogmi: tutto ciò che ha inventato e scoperto non è che qulacosa rivestito e coperto da una pesante coltre di falsa superiorità; e dopo il monolito, Kubrick fa entrare in scena qualcosa che distuggerà completamente l’uomo, se ci si affida troppo ad essa, la macchina, qui rappresentata dal calcolatore perfetto HAL9000 (ma già kubrick ci aveva fatto intuire qualcosa nella sottilmente ironica scena del gabinetto spaziale: il dottore, in viaggio su una astronave, deve andare in bagno dove c’è una targhetta di istruzioni per l’uso lunghissima e che il dottore legge con estrema attenzione; l’uomo è schiavo della macchina pure quando deve andare in bagno).
La serie 9000 dei calcolatori è perfetta, la sua intelligenza supera qualsiasi altra intelligenza artificiale; HAL è talmente affidabile da lasciare a lei l’intero controllo della “Discovery” la navetta scelta per la missione Giove tranne due soli elementi dell’equipaggio che hanno il compito di eseguire di persona quello che HAL non può fare essendo comunque solo un calcolatore e non un androide. Nessun calcolatore della serie 9000 ha mai sbagliato a causa della loro intelligenza sconfinata, ma sarà questa troppa intelligenza a portare alla distruzione di tutto l’equipaggio. Kubrick dota HAL ( il cui nome deriverebbe dall’abbreviazione di Heuristic Algorytm che significa algoritmo approssimativo) di una intelligenza tanto grande quanto pericolosa, questa intelligenza lo è tanto da riuscire a sviluppare caratteristiche prettamente umane come la superbia, la troppa sicurezza, l’odio, l’invidia, l’egoismo e l’istinto di soppravivvenza a tutti i costi, ma Hal non riesce a contenere queste emozioni e le esaspera fino al limite estremo, quello che manca ad HAL è qualcosa che riesca a mettere un freno all’istinto e alle emozioni, qualcosa che l’uomo ancora possiede, HAL non riesce a sviluppare la razionalità. Tuttavia i suoi compartamenti sono del tutto umani ed è impressionante come Kubrick rieca a darne l’idea, nonostante l’unica cosa che lo identifica all’esterno è un led rosso incastrato in una piastra rettangolare dalla quale fuoriesce la sua voce: quel led, quel puntino luminoso, nella sua semplicità è inquietante e la sua voce estremamente calma, calda, rassicurante, ma allo stesso tempo fredda (ottima in questo senso la scelta di Douglas Rain come voce di HAL che riesce a modulare ogni timbro vocale pur riuscendo ad avere una voce calma e rassicurante, così come ottima la scelta del doppiatore italiano Gianfranco Bellini perfettamente funzionale allo scopo) funge allo scopo. HAL è un occhio che osserva tutto, che ascolta tutto: geniale l’espediente tecnico di Kubrick di farlo sembrare tale: nella scena in cui David e Frank si chiudono nel modulo di riparazione spaziale per discutere sulla esclusione di HAL, senza essere sentiti la camera impersona l’occhio di HAL e si muove a destra e a sinistra come se fosse appunto un occhio che segue il discorso per leggerne il labbiale, come effettivamente fa. Il calcolatore si atteggia come umano e si comporta come tale: gioca a scacchi con David, si offende quando David gli fa notare di aver commesso un errore, il primo errore della sua vita meccanica. Ed è qui la contraddizione in termini che fa sembrare così umano HAL. Esso è una macchina e come macchina non può permettersi di sbagliare, perché sbagliare è umano ed è proprio l’errore che rende umano HAL, che gli fa sviluppare questa pseudo-coscienza, coscienza che è diventata insostenibile perché una macchina non può provare emozioni e sentimenti, ma HAL non può comprendere tuto ciò: la sua enorme intelligenza è costruita su calcoli e algoritmi non su emozioni e sentimenti, quelli che sembra provare HAL non sono reali, sono solo pallide imitazioni, scaturite da fredde equazioni matematiche, di queste; in realtà, nonostante tutto HAL è ancora una macchina che nel momento in cui inizia a provare sensazioni umane, non riesce piùa controllarle, perché i suoi calcoli, scaturiti da una intelligenza fin troppo superiore, non possono prevedere perfettamente, come nella matematica, sensazioni imprevedibili ed è questo che porterà alla “pazzia” il calcolatore: il non poter più controllare la situazione, il non poter più controllarsi, il non poter più gestire le sue funzioni perché le sono del tutto estranee. HAL, non può permettere che venga escluso dall’uomo, perché per lui sarebbe come un omicidio, omicidio che però non esiterà a commettere pur di restare in “vita”: HAL, imparando a fingere, uccide uno dopo l’altro l’intero equipaggio; prima fa fuori il dottor Poole staccandogli l’erogatore di aria nello spazio e qui Kubrick rende in maniera impressionante l’accaduto sfruttando la più inquietante delle colonne sonore: il silenzio; per un lungo asso di tempo la scena è un intervallarsi delle stesse situazioni, ossessivamente: il corpo che di Frank che in un primo momento si agita nello spazio buio che lo inghiotte piano piano, immerso nel silenzio più totale (non c’è più il dolce ed elegante valzer che segna il dominio dell’uomo nello spazio, adesso l’uomo viene distrutto e trascinato nella trappola mortale che il silenzioso spazio che lui stesso credeva di aver conquistato; l’antitesi è fortissima: valzer e colori di ogni genere prima e buio e silenzio ora, la natura è indomabile e tremendamente mortale) nel quale silenzio sembra, parodossalmente, poter sentire l’urlo di dolore di Frank soffocato dalla più totale assenza di suono; e lo “sguardo” silenzioso di HAL,anche qui, è talmente statico da far paura, ma è in questa staticità che sembra quasi intarvedere un sorriso compiaciuto del caclolatore. L’unico suono che si sente è un suono ossesivo della nave e il suono degli allarmi che segnalano la lenta morte nelle celle criogeniche del resto dell’eqipaggio; il suono della nave è ritmico e cadenzato e ripetitivo, quasi da far sembrare che la nave stessa respiri nella morte e nel buio dello spazio, mentre l’ossessionante suono dell’allarme è talmente assordante da trasformarsi quasi nel silenzio: è nel silenzio che si compie il più tremendo dei delitti.
È rimasto solo David, uscito per recuperare il corpo dell’amico, e lasciato chiuso fuori da HAL, che adesso appare un bambino capriccioso che per ripicca non parla più, si offende e si rifiuta di lasciarlo entrare: è il preludio alla sua morte: appena si rende conto che sta per essere escluso da David si mette ad invocare il perdono a promettere che non lo farà più, proprio come un bambino, HAL diventa infantile.
La morte di HAL è una delle più strazianti, impressionanti e più umane morti che una macchina abbia mai avuto: man mano ch David toglie le parti della sua memoria HAL lo sente che sta morendo, gli fa male sente che qualcosa se ne sta andando, quell’ammasso di calcoli e di nozioni che erano ciò che lo faceva vivere; la sua voce si afflievolisce e la piano piano, involve, anzi, devolve fino ad arrivare allo stato infantile: come un bambino con la voglia irrefrenabile di far vedere alla mamma quello che ha imparato a scuola, decanta, nella progressiva scomparsa delle sue funzioni vocali, la filastrocca che il suo programmatore gli ha insegnato: “giro giro tondo”. È un momento tragico e pieno di vita fra la freddezza dei transistor di HAL, il calcolatore che per la sua intelligenza aveva sviluppato caratteristiche umane, muore come umano: la scomparsa della sua memoria gli fa male, un male doloroso e come gli uomini, nei suoi ultimi attimi di vita invoca di smeterla, di fermarsi, di risparmiarlo, la sua vita finisce in una voce storpiata e affievolita canatndo una filastrocca. HAL è morto, non è stato escluso, è morto: è morta la macchina che per prima stava provando sentimenti umani, ancora una volta l’uomo ha ripreso il controlla ma per quanto ancora?
Con la morte di HAL david viene a conoscenza della presenza del monolito e decide, spinto dalla curiosità come un novello Ulisse, di intraprendere il viaggio verso Giove e oltre l’infinito: è questa la sequenza più enigmatica di tutto il film, david si dirige verso il monolito e poi lo attraversa? Vi entra al suo interno? Non sappiamo con esattezza, ma il viaggio intrapreso da David è qualcosa che va oltre il mondo naturale, vaoltre l’universo, va oltre l’infinito: sono paesaggi innaturali, da colori innaturai, sconvolti, psichedelici, il suo occhio attraversa e vede tutto ciò che è stato che è e che sarà e ciò che potrebbe essere fino a giungere ad un capolinea, ritorna al monolito.
Si ritorna quindi all domanda: Cos’è il monolito? Ma a questo punto, bisognerebbe chiedersi: che cos’è per Kubrick, il monolito? Che anche lui abbia sviluppato la sua filosofia partendo dal chiedersi: “cosa c’è prima, qual è l’inizio di tutto?” ? Se fosse partito da questo presupposto, il ragionamento fatto finora non sarebbe del tutto sbagliato, quindi procedendo in questa direzione, si può interpretare il viaggio di David come un’evoluzione accellerata della conoscenza: se un semplice contatto aveva dato alle scimmie la scintilla dell’evoluzione, David entrandoci dentro, attraversandolo, percorre tutta la scala : viene a conoscenza di tutto lo scibile dell’universo fino a superare il tempo e lo spazio e giungere, seguendo l’equazione monolito=Dio, alla conoscenza divina, approdando in luogo-non luogo, un fulcro di tempo e di spazio zero, un fulcro atemporale dove il tempo e lo spazio non hanno più significato e si confondono in un continuo passaggio di universi paralleli e di passaggio dl tempo improbabile, questa è il nulla in cui dovrebbe vivere quello che è considerato Dio, dove David viene a conoscenza del mistero più grande, l’unico di cui è in possesso dio: il mistero della vita. David percorre tutta la sua vita fino a tornare al monolito, per nascere di nuovo, il ciclo della vita continua. Il monolito quindi sarebbe la fine e contemporaneamente l’inizio della vita?
Questa è solo una delle infinite interpretazioni possibili del viaggio oltre l’infinito di David e del monolito in generale, ma la soluzione rimarrà insoluta per sempre: è “un film per viaggiare, non per capire” ed è proprio questo, forse il senso di questo grande enigma: 2001 è un viaggio, è un ritorno alle origini, come una nuova odissea, quella del titolo; è un viaggio attraverso l’evoluzione e la concezione dell’uomo attraverso i millenni, è un viaggio attraverso la vita e l’infinito, e il fine di questo viaggio è solo viaggiare: forse il film è così aperto per far si che ogni spettatore-viaggiatore ne tragga da se le sue conclusioni, perché ogni viaggio significa imparare e portare con sé un un baglio unico di conoscenze che però è personale, non uiversale, quindi è “un film per viaggiare, non per capire”
Ma è anche un viaggio nell’uomo e nella sua evoluzione dalla scimmia all’uomo all conquista dello spazio, un uomo che attraverso i secoli non è mai cambiato pur nella sua evoluzione, assorbito dalla sua superbia e dal suo egoismo, tanto da dimenticare l’umanità stessa portandosi all’autodistruzione. 2001: odissea nello spazio è un film per viaggiare, è un film per riflettere, è un film per pensare che in fondo non siamo né i primi né i migliori dell’universo. In fondo come ha detto Nietzsche in “Così parlò Zarathustra”::
“Che cos’è la scimmia per l’uomo? Un oggetto di riso e di dolorosa vergogna. E così è l’uomo per il superuomo: un oggetto di riso e di dolorosa vergogna.”
E aggiungo io: Che cosa sono i superuomini se non uomini?
lupocattivooooo  02/09/2005 18:13:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Prima di tutto complimenti vivissimi per il voto e per il commentone....non l'ho letto ancora, ma giuro che appena ho un secondo ti tempo me lo sparo.

Invia una mail all'autore del commento montypython  02/09/2005 19:00:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
grazie mille a te a Kater :D
KANE  02/09/2005 19:45:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
" se qualcuno capirà il mio film....allora avrò sbagliato"
K.
cmq complimenti per il "lenzuolo" di commento! :)
Invia una mail all'autore del commento montypython  02/09/2005 19:54:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
grazie mille! e ottima citazione, dice più quella che tutt la mia risposta.
cash guarda che qui nessuno è esperto di kubrick se non kubrick stesso...
Invia una mail all'autore del commento cash  02/09/2005 20:03:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
non so quale sia il pregiudizio che ti fa parlare. Forse l'aura di intoccabilità di k, ma non è così.... Ci sono fonti, interviste, tutto è lì a portata di mano.
Vorrai mica fare come bazin fece con welles (son sicuro che sai di che parlo)
thohà  03/09/2005 13:25:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Al di la delle polemiche (comunque sempre costruttive) un grande applauso a te ed alla tua bellissima recensione. Definirlo commento sarebbe troppo riduttivo. Favoloso!
Invia una mail all'autore del commento montypython  04/09/2005 22:30:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
thoà ti amo! ;)
thohà  05/09/2005 08:37:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
...faccino rosso...
Invia una mail all'autore del commento Giordano Biagio  06/09/2005 15:01:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono d'accordo con lei sulla presenza di una pluralità degli enigmi nel film.
Enigmi che si possono solo provare ad articolare meglio lavorando ancora molto sul film sia sul piano semiologico che psicanalitico.
Non credo assolutamente che Kubrick abbia voluto dare un significato univoco al film, sarebbe la morte del cinema, ne è la prova la misteriosa presenza del monolito che sfugge ad ogni interpretazione oggettiva.
Ma non è più bello lavorare dentro l'enigma senza voler a tutti i costi trovare un'unica spiegazione? Accontentandosi di individuare dei nodi teorici ben formulati? Io trovo che l'intelligenza ne trarrebbe giovamento.
Saluti
Biagio Giordano
Invia una mail all'autore del commento montypython  06/09/2005 21:00:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
concordo in tutto è per tutto, non avrei saputo dire di meglio.
Invia una mail all'autore del commento cash  07/09/2005 20:18:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
o magari basta informarsi. e' curioso come molti sostegano, contro ogni evidenza, che K abbia taciuto sul film...
l'intelligenza è una caratteristica immutabile e non cresce certo formulando ipotesi su ipotesi in un film che NON è criptico come lo si vuol far passare.
E dato che tiri in ballo la semiologia: "i limiti dell'interpretazione", Umberto Eco.
Invia una mail all'autore del commento Giordano Biagio  08/09/2005 17:58:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' risaputo che un film può esprimere molti pensieri e concetti in meno di un romanzo.
Inoltre un romanzo è ricchissimo di situazioni e tecniche letterarie che con l'elasticità semantica della parola si esaltano. E' una questione di spazi immaginifici e tempi inconsci diversi. Di estetiche e tecniche del racconto diverse dal film.
Inoltre il cinema fatica molto nell'imitare o nel lavorare su ispirazione da un romanzo, ma per il 95 per cento dei casi il cinema non può fare a meno di appoggiarsi a un'opera letteraria già scritta. Mai un film ha ispirato un romanzo perché il film è povero di pensieri e concetti nel mentre è ricchissimo di segni iconici che al romanzo scritto però non servono. Inoltre le tecniche della narrazione filmica sono diverse non utilizzabili dal romanzo. Per cui la narrazione filmica essendo per sua natura povera di concetti e pensieri non può mai precisare niente di rilevante sul piano storico, scientifico o fantascientifico che possa entrare in competizione con lo scritto di un'opra letteraria. Le tematiche sollevate da 2001 odissea nello spazio sono molto complesse e non possono trovare quindi nel film stesso delle adeguate spiegazioni e interpretazioni. Possiamo farlo noi armandoci di carta e penna ma lavorando su un materiale filmico che per quanto detto prima cioè per sua natura non può darci gli elementi necessari per svolgere un'articolazione scritta di grande precisione. Ecco allora che accontentarci di formulare bene degli enigmi individuati a fatica nel film possiamo risolvere questa questione. Possiamo fare la cosa intellettualmente più onesta ed efficace per il bene del cinema.
Occorre produrre con l'ausilio del nostro pensiero quei nodi teorici che allargano il senso del film a tutte le discipline umaniste e tecniche nonchè alla realtà del sociale tanto amato da Pasolini, sociale ben presente in 2001 specialmente nella logica del comportamento degli uomini-scimmia.
Il film deve accontentarsi di farci godere di enigmi e situazioni visive ricche di suspence e impressioni di realtà. Emozioni visive, godimenti visivi con tecniche narrative strettamente cinematografiche, sul cui senso più immediato ognuno può dire tranquillamente la sua. Per precisare il senso ben articolato di 2001 odissea nello spazio Kubrick avrebbe dovuto scrivere minimo 400 pagine e comunque sarebbe stato, conoscendo Kubrick, uno scritto aperto non chiuso.
Saluti e buon lavoro.
Biagio Giordano
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  09/09/2005 16:52:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' risaputo che è impossibile paragonare un romanzo ad un film, a nessun livello: codici diversi.
Si è indotti a fare erroneamente questa cosa perchè uno degli elementi che compongono un film è appunto il soggetto, un racconto attraverso il quale il film (che di per se sfrutta i codici di più arti: letteratura, musica, pittura, teatro...) si sviluppa.
Il fatto che 2001 sia un film "aperto" vuol dire che è un film che non decreta ma che genera delle riflessioni, non che è un film che ognuno può vedere a modo suo come gli pare. La cosa intellettualmente più onesta che possiamo fare nei confronti del cinema e dell'arte in generale è non storpiare i messaggi degli artisti ma riflettere su ciò che ci volevano dire "loro", non ciò che piace vedere a noi.
Ognuno può dire la sua riguardo alle emozioni che un film gli suscita, ai pensieri che un accadimento nella storia gli genera, ma non può "manipolare" un'opera, dal momento che K. (come ogni artista) mette in ordine una CERTA serie di eventi per dare una CERTA chiave di lettura. Perchè non dovremmo rispettarlo?
Invia una mail all'autore del commento cash  09/09/2005 18:29:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ecco. perfetto.
Invia una mail all'autore del commento Giordano Biagio  09/09/2005 21:23:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il modo migliore per non storpiare i messaggi degli artisti è di accontentarsi di svolgere con intenti non univoci, cioè al di là della logica binaria 0, 1, gli enigmi che l'opera d'arte suscita, perchè l'artista si rivolge a noi lasciandoci liberi di interpretare, egli non impone i suoi temi. L'artista ci considera molto più dei suoi colleghi anche se siamo meno competenti.
Storpiare è comunque facile può succedere anche ad Umberto Eco figurati a noi poveri dilettanti. Capita a noi quando si abbandona uno stile di elaborazione a vantaggio di altre pulsioni non ben precisate quali quelle racchiuse in scritti che ripetono 50 volte la parola schifo....scritti che poi dicono cose anche interessanti... ma perchè giocare a fare gli ignoranti quando non lo si è? Non è una perdita di tempo e di stile?
Saluti Biagio Giordano
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  12/09/2005 19:04:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Vedi, io credo che un artista voglia che tu elabori "la cosa" sulla quale lui ti invita a riflettere, e per individuarla ti indica sempre (o quasi) una via. Perchè un artista non è un'entità astratta ma una persona. Ti sarà capitato no che parli con qualcuno e questi ti risponde pero per pomo. Direi che non è piacevole. Per l'artista è uguale. Più che liberi di interpretare io direi liberi di elaborare ma il punto di partenza deve essere quello, perchè quella strada portava lì.
Sul fatto che un artista ci consideri molto più dei suoi colleghi la trovo un'idea un pò romantica...
comunque questo si che è un punto di vista personale, che ognuno ha in base alle proprie esperienze.
Mi incuriosisce il fatto che tu scrivi di "cose interessanti" riguardo alla delirante opera del nemico di 2001...cosa ci trovi di interessante?
Invia una mail all'autore del commento Giordano Biagio  12/09/2005 20:15:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si hai ragione penso che occorra distinguere quando si parla di un film tra interpretazione, elaborazione, commento personale, e espressione delle evocazioni inconscie che la pellicola suscita in noi. In caso contrario si rischia,come dice anche cash, di usare il film prevalentemente come stimolatore di forme poetiche soggettive, il che non è male ma bisogna chiarire che quest'ultima è solo una delle numerose possibilità estetiche che il cinema consente. Il rischio di paranoia purtroppo è sempre in agguato e nella paranoia come sappiamo si vuole essere protagonisti assoluti.
In "2001cheschifo" di interessante trovo il giochetto di fingersi più ignorante di quello che è. Probabilmente è una persona di formazione prevalentemente tecnica priva di sensibilità umaniste.
Il suo è il gioco del duro, dell'inamovibile, del rigido, non risponde mai alle questioni rivoltegli da noi al suo scritto. Rispondere in modo pertinente sarebbe come dire accettare il gioco dello stile e della ragione. Durezza è morte come ci ha insegnato lo splendido Stalker. "2001cheschifo" gioca con la propria morte attaccando l'arte che è una forma di vitalità per eccellenza. E' un depresso che esorcizza tutto ciò che è vitale e nobile nel tentativo di dare alla morte uno statuto di godimento superiore.
Brutta faccenda spero di sbagliarmi.
Cari saluti e buon lavoro.
Biagio Giordano
Invia una mail all'autore del commento cash  09/09/2005 18:31:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
scusa tanto, ma Kubrick è uno degli autori meno aperti per eccellenza.
E il materiale filmico è abbondante. non so come non facciate ad accorgervene.
prova a dare un'occiata al mio speciale; sono 55 pagine, ma leggi solo 2001. E soffermati sulle citazioni. Roba di clarke e kubrick. Io non ho inventato nulla.
Invia una mail all'autore del commento Giordano Biagio  12/09/2005 20:41:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si il tuo scritto è molto interessante come coerente filoconduttore del film. L'ho letto due volte. Spero non ti dispiaccia se poi ciascuno di noi si lancia anche in considerazioni filosofiche, psicanalitiche, artistiche.
L'importante è non stravolgere il filo conduttore che tu hai sottolineato studiando Kubrick.
Buon lavoro
Biagio Giordano
Invia una mail all'autore del commento Giordano Biagio  09/09/2005 21:26:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Perché in questi scritti opinioni articoli poco quello che dici? Rimandi sempre a lavori che hai già fatto. Non hai tempo da perdere?
Saluti Biagio Giordano
Invia una mail all'autore del commento cash  02/09/2005 19:50:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ragazzi, queste sono le frasi ad effeto che si dicono...
rox special  03/09/2005 19:39:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
bel commento...
Crimson  09/09/2005 09:34:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Giacchè lo hai citato, aggiungo: "Cercavo grandi uomini; invece ho sempre e soltanto trovato le scimmie dei loro ideali" (F.W. Nietzsche)
Invia una mail all'autore del commento cash  02/09/2005 16:26:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
HAL non commette nessun errore.
Invia una mail all'autore del commento montypython  02/09/2005 17:17:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Scusami, ti senti tanto forte di questa interpretazione sull'errore di hal, che ormai ti limiti esclusivamente a far notare questo come se quella possa essere l'unica interpretazione possibile. Ho letto la tua interpretazione, ma sinceramente sono ancora convinto che Hal sbagli, tanto che se la perfezione debba essere considerata irraggiungibile a livello meccanico, ossia privo di tutto ciò che è peculiare anche dell'umano. Hal deve sbagliare. deve sbagliare per essere perfetto perchè così la sua programmazione gli impone. Ma comprende che la vera perfezione riside nel diventare umano e l'errore è il primo passo per diventarlo. Niente dichiarazione d'intenti (perchè avrebbbe dovuto farlo?), ma inevitabile conseguenza della ricerca della perfezione intesa come ricerca dell'umanità e dela coscienza.
l'errore è l'imput che da inizio al processo, l'errore porta alla consapevolezza, allle emozione e ai sentimenti, alla ricerca di una coscienza. senza l'errore non potrebbe esserci coscienza.
Comunque, senza polemica, è molto irrritante vedere alla fine di ogni commento perlomeno articolato vedere una tua risposta che recita:" HAL non commette nessun errore", l'odissea è un viaggio personale, io non impongo le miei idee, le espongo semplicemente, nè tantomeno do assoluti su un film come questo che gli assoluti non li prevede affatto.
Piuttosto che pensi del resto?
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  02/09/2005 17:54:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi piace questo tuo commento. Al di là delle (infinite) interpretazioni che riguardo a questo film si possono fare trovo assolutamente adatta la definizione "questo è un film per viaggiare, non per capire"; ha tutti i connotati del percorso, che si svincola da ogni definizione che lo imprigionerebbe, e tra l'altro questo e tipico della parte più matura e indipendente della cinematografia kubrickiana. Kubrick ha sempre creato continuità tra i suoi film, che diventano un unico lungo pensiero.
Un detto orientale recita: Quando inizierai il viaggio sarai arrivato.
Comunque bravo. Clap Clap.
Invia una mail all'autore del commento cash  02/09/2005 18:14:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
a parte che" hal non commete nessun errore" l'avrò scritto una volta...
Invia una mail all'autore del commento cash  02/09/2005 18:12:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
vabbè, a parte il resto, non è un'interpretazione che hal non sbagli, è un dato di fatto. Lui provoca l'avaria per fermare la missione, e tanto basta.
E son sempre stato contro a chi vuole usare i film come contenitori per le proprie idee. Un autore ha un messaggio ben specifico.
prova a andare a dire a leopardi che l'infinito secondo te è una poesia sui frattali.
dedalo1267  02/09/2005 19:49:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
non sono d'accordo.
Invia una mail all'autore del commento montypython  02/09/2005 19:52:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
su cosa non sei d'accordo? su cash o sulla mia risposta?
Invia una mail all'autore del commento cash  02/09/2005 20:05:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
lui non è daccordo a prescindere, è la sua professione.
lupocattivooooo  02/09/2005 18:17:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Scusate se irrompo nella vostra personale discussione...pero' non concordo con te cash: non sempre gli autori hanno dei messaggi ben specifici, sopratutto quando la direzione in cui vanno a parare e' cosi' ignota....tutto il film ne e' un chiaro esempio.

Invia una mail all'autore del commento cash  02/09/2005 19:49:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ma assolutamente no. non nel caso degli autori come kubrick. Il fatto che una cosa sia criptica non vuol dire che sia indecifrabile.
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  02/09/2005 18:50:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Scusa se mi intrometto io ora. Questo è per eccelenza "il film enigmatico", un caso abbastanza a parte. Secondo me molto spesso gli autori hanno messaggi ben specifici che i critici o il pubblico tendono a sovrainterpretare.
Tornando a 2001, è vero che è un film soggetto alle più svariate interpretazioni ma è anche vero che alcune cose innegabilmente accadono, e quelle non è "necessario" interpretarle.
lupocattivooooo  03/09/2005 10:49:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' vero...il monolite "Accade"...ma quale e' l'interpretazione?
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  04/09/2005 11:33:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'umanità di HAL si individua nel fatto che lui ha paura, ed è per questo che vuole che la missione fallisca. HAL è l'essere più "umano" dell'astronave, l'unico ad esprimere dei dubbi, a temere. Per dirla alla Ghezzi, "l'errore" che porta è quello di chi lo ha programmato, quello che la coscenza ha in sè, la paura dell'ignoto. E questo K. lo "dice".
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  03/09/2005 22:16:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Io facevo riferimento al fatto che HAL non commette un errore. E questo accade. E Kubrick, con questo, voleva comunicare un CERTO messaggio, sicuramente da interpretare, ma indicando chiaramente un certo tipo di chiave di lettura.
Invia una mail all'autore del commento cash  02/09/2005 20:02:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ma poi secondo te un paranoico perfezionista come K permetterebbe a chiunque di usare il proprio film secondo i suoi scopi?
Invia una mail all'autore del commento montypython  02/09/2005 18:59:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Scusami, ripeto non voglio scenedere in polemica, ma tu saresti depositario di questo significato specifico? hai parlato con Kubrick?
Io no, però ho visto il film e tanto mi basta. A parte che non mi sembra di aver detto che 2001 sia un film sui frattali, non mi sembra che Hal dichiari esplicitamente di non aver commesso errori. La scena del taglio delle comunicazioni è completamente muta. Il dato di fatto è che abbia interorrotto le comunicazioni non che abbia fatto o meno un errore. Ergo il perchè del gesto diviene parte delle interpretazioni. Io ho la mia, tu hai la tua. Punto. Ma se avessi letto bene la mia risposta vedresti che l'una non esclude l'altra. Infatti l'errore può essere volutamente compiuto per avviare la molla verso la perfezione, verso l'umanità. O meglio, HAL può aver compiuto quel gesto apposta per poi pentirsene e rilevarlo come errore, dando inizio al processo. Hal aveva previsto che ciò avrebbe comportato questo processo? aveva previsto di rinnegare ciò che aveva fatto per reputarlo erroe e quindi adempire alle sue funzioni, quelle delle perfezioni? Non ci è dato saperlo. Come niente, del resto, in 2001.
Non venirmi a parlare di messaggio specifico, soprattutto in 2001, che di messaggi ne lancia di infniti.
fra l'altro non credo proprio che le tue recensioni non contengano una riflessione personale che scaturisca dal film, non dalla conoscenza dell'autore in sè. Altrimenti tutte le recensioni sarebbero uguali e mi sembra che tutto sia, tranne questo.
I film come qualsiasi forma d'arte sono spunti. da lì parte la stimolazione umana verso la ricerca di se stessi, verso la conoscenza, verso la ricerca della maturità. I film hanno dei messaggi specifici che rispecchiano quela dell'autore che è comunque importante conoscere e tener da conto. Ma la fruizione stessa del cinema che è pubblica, implica che il film diventi spunto e contenitore per le infinite idee suscitate dallo stesso nei confronti dello spettatore. Siamo noi i protagonisti del film, se no non andremmo al cinema. si va al cinema per uscire dalla quotidiana normalità o per entrarci, per impersonarci, per trovare una via di uscita. Il cinema è raramente semplice intrattenimento.
Sono un (aspirante ) regista e ti parlo quindi dall' altra parte della barricata. il messaggio dell'autore è importante, ma ben più importante è ciò che scaturisce dal film, quello che ci fa provare, sentire, pensare.
E questo vale anche per Leopardi.
Invia una mail all'autore del commento cash  02/09/2005 19:58:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
tu mi parli da aspirante regista, io da semiologo del cinema. se affermo qualcosa so cosa sto affermando, non parlo a vanvera. Dato che sei un aspirante regista, un giorno ti troverai a pensare come costruire una determinata inquadratura, e non lascerai nulla al caso. E quando qualcuno cercherà di costruire qualche messaggio sul tuo lavoro forse vorrai spiegare che non è così. ma forse sarai abbastanza geloso da tenere tutto per te. per quel che mi riguarda, prima di fare il lavoro su kubrick che ho fatto mi son documentato in tutte le maniere in cui è possibile documentarsi e credimi, di misterioso non c'è proprio nulla. ma niente, zero. E'tutto lì, scritto nero su bianco. basta aver voglia di leggere e di sbattersi.
E il tuo primato dei sensi è semplicemente un trionfo dell'estetica e della sua contemplazione. ma al di là di questo c'è altro.
Solo i dadaisti facevano le cose a caso; e smentiamo sta cosa dell'enigmaticità di kubrick, dui lynch... centinaia di interviste non depongono per il tuo punto di vista.
per fare un esempio, so che a tutti piacerebbe credere nel mito dell'artista rinascimenale spinto da passione o da amore estremo per l'arte. ma la verità è che non si muovevano se non per soldi.
Ergo, so che si creano dei miti a cui ci si affeziona, ma la realtà è ben poco romantica.
E no, non vale per leopardi.