Harpo 10 / 10 29/05/2006 18:53:39 » Rispondi "“2001: Odissea nello spazio” è probabilmente la più grande opera mai vista al cinema; chiamarlo solamente “film” sarebbe limitativo in quanto questa pellicola è un’autentica opera d’arte. Commentare questo film è assolutamente fuori dalla mia portata in quanto non dispongo di mezzi sufficienti per analizzare il capolavoro di Kubrick; mi limiterò a scrivere due righe cercando di sottolineare le ragioni che mi hanno portato ad amare questo film.
“L’ALBA DELL’UOMO”, alias i primi venti minuti di “2001” costituiscono un saggio straordinario sulla violenza che in questo caso viene analizzata come mezzo necessario per la sopravvivenza umana. Lo sguardo di Kubrick è impietoso: la violenza è il vero mezzo con cui l’uomo può salvarsi proseguendo intanto il suo cammino evolutivo.
La scena successiva, con in sottofondo la nota musica de “Il bel Danubio Blu” di Johan Strauss, è in un certo qual modo l’esatto contrario della precedente: tanto “The dawn of the man” era drammatica e cruda, quanto quest’altra è poetica ed emozionante. Ricordo ancora, quando vidi per la prima volta il film (a circa 11 anni) quanto questa scena mi colpì. Tutto quello che viene dopo altro non è che il canale di collegamento tra la già citata prima parte e l’ultima (corrispondente, ovviamente, al titolo “GIOVE E OLTRE L’INFINITO”). Kubrick continua a fornirci momenti di straordinaria poesia, ma anche altri spunti di riflessione (sulla violenza e non solo).
Il viaggio oltre l’infinito è l’essenza di questo film e io l’ho interpretato anche come la chiarificazione stessa del monolito che, molto semplicisticamente, si può archiviare come qualcosa di irraggiungibile ed indefinibile.
Infine vorrei segnalare un aspetto che mi ha colpito e, in un certo senso, anche divertito: subito dopo la scena finale (che raggiunge i vertici della cinematografia di ogni tempo), Kubrick nei titoli di coda inserisce “Il bel Danubio blu”. Ora, non so se quest’impressione sia mia soltanto, ma io in questo momento ho constato una certa ironia (quasi sarcastica) da parte di Stanley: dopo aver visto la scena conclusiva, mostruosamente riflessiva e profonda, dove lo spettatore si trova indubbiamente sbigottito e impressionato, il regista piazza un valzer (che altro non è che musica leggera, da ballare “svagatamene”) quasi a dire: “Eccoti servito! ti sei beccato il film più bello della storia? E ora beccati il valzer!”."
Harpo 27/08/2006 23:53:54 » Rispondi L'ho appena finito di vedere e forse ci ho capito qualcosa:
Il monolito è Dio. Questa è un'entità superiore che ha il libero arbitrio su ogni cosa. E' infatti il monolito a creare la società umana. Dato che esso è Dio, può cambiare le regole dello Spazio e del Tempo, andando sulla Luna e facendosi deliberatamente scoprire dall'uomo. L'uomo però è "ingordo" è decide di sostituirsi a Dio, creando HAL 9000. Dato che la tecnologia e l'intelligenza umana non sono pari a quelle di Dio avverrà l'inevitabile con il computer che sterminerà le persone della navicella. Ma un uomo sconfigge HAL e riporta l'equilibrio che era presente precedentemente alla creazione del computer. In ragion di ciò anche David ha il diritto di scoprire il senso della vita e ne viene fatto partecipe da Dio. Dopo un viaggio (fisico o spirituale?) si ritrova in un salotto settecentesco (il Paradiso?) al cospetto del monolito/Dio. Poi c'è il finale dove non ci ho capito più niente: David muore e ritorna in vita in forma di feto. Forse è una metafora della vita eterna?
Sinceramente apprezzerei vivamente il parere su questo mio commento da parte di qualcheduno più esperto del sottoscritto.
Bumble Bee 05/09/2007 16:50:47 » Rispondi tu avevi bevuto i famosi 5000 caffè....
La scoperta dell'eternità, nota solo a colui ( Bowman) che avrebbe distrutto la macchina ( Hal 9000) che rappresenta il progresso tecnologico. Solo distruggendo la macchina Bowman può accedere alla scoperta dell'eternità. A questo punto il feto rappresenta anche la chiusura e l'inizio di un nuovo ciclo dell'umanità che si ricollega significativamente a quello aperto attraverso le scimmie, nostre antenate, inaugurando " l'eterno ritorno" di Nietzsche.