kowalsky 10 / 10 11/09/2007 01:29:12 » Rispondi Avevo 13 anni: vidi il manifesto del film e compresi che in Quel Cinema ci dovevo entrare. Si manifestò tutta l'apoteosi emotiva di un Grande Avvenimento che non avevo potuto cogliere nella sua importanza teologica e filosofica. Avevo la sensazione di aver assistito alla più grande esperienza visiva della mia vita, ma difficilmente pensavo che certe immagini avessero potuto cambiarmi la vita. Non cambiarono la vita, ma la mia percezione Visiva.
Per la prima volta avevo visto "qualcosa" che forse quella prima volta mi era incomprensibile, ma stordiva annientava completamente tutte le mie abitudini al linguaggio cinematografico a cui ero fin da allora abituato.
Se ho visto coronare il Sogno di non potermi più liberare di quelle immagini, lo devo al film di Kubrick: è un'esperienza troppo imponente e scomoda per essere scemata in un solo commento.
L'ho rivisto tantissime altre volte, ogni volta emozioni diverse, particolari che non sembrano rivivere, nè rinascere ma esibire l'"Esordio" di una visione, come se fosse la prima volta.
L'epicità che lega Strauss a Lygeti (nel delirio psichedelico, molto anni Sessanta, quasi l'epilogo) non è mai gratuita, ma consegna alla storia un film che è più grande della nostra stessa esistenza.
Quante migliaia di volte "L'alba dell'uomo" viene rievocata nei frammenti di tantissimi film più o meno recenti, e quanti si dimostrano inermi e impotenti davanti alla capacità di dire "qualcosa di più"? Non sanno, non devono, non possono.
L'agonia di Hal diventa la Morte embrionale di un bambino che, come insegna l'Occidente, teme il confronto con il proprio orfanismo radicale.
Piango ogni volta che la scimmia scaglia l'osso in alto mentre l'eco di Zarathustra annuncia che una Nuova Alba sta per sopraggiungere: commosso dall'Inferno di una civiltà già pronta a distruggersi prima di nascere, sepolto dalle macerie di un mondo di Sopravvissuti la cui esistenza perdura da millenni
Caio 20/11/2007 02:09:55 » Rispondi Complimenti. Hai reso a parole quella sensazione tendente all'infinito che il film di Kubrick riesce a trasmettere a chiunque lo guardi.