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2001 ODISSEA NELLO SPAZIO regia di Stanley Kubrick

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odyssey89     10 / 10  31/10/2012 21:44:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Alba dell'uomo: l'evoluzione di un gruppo di scimmie umanoidi dal senso della proprietà alla difesa della fonte d'acqua, dal rifugio alla scoperta dell'istinto materno e della famiglia. Il contatto con un misterioso monolito nero a forma di parallelepipedo, comparso all'improvviso, determina l'invenzione della prima arma per cacciare e sopravvivere; la sua improvvisa scomparsa il primo omicidio. Anno 2001: il dottor Floyd, alto funzionario dell'amministrazione spaziale americana, viene convocato sulla base lunare di Clavius, dove, nel massimo segreto, è stato rinvenuto, un misterioso monolito nero, "deliberatamente sepolto" 4 milioni di anni prima sotto la superficie lunare. Oltre a generare un intenso campo magnetico, al contatto degli scienziati esso emette un potentissimo segnale radio in direzione di Giove. Si tratta forse della prima forma di intelligenza aliena. Diciotto mesi dopo l'astronave Discovery è diretta verso Giove: dell'equipaggio fanno parte, oltre a tre scienziati ibernati, il dott. Bowman e il dott. Poole. L'astronave è completamente controllata dal super calcolatore HAL 9000; dotato di una capacità di ragionare per sistema binario infinitamente superiore per velocità a quella umana, capace non solo di interagire con gli uomini per mezzo della parola, ma forse addirittura di provare emozioni, HAL è a tutti gli effetti il sesto membro dell'equipaggio. Quando il computer commette un errore, mettendo in dubbio la sua infallibilità, e Bowman e Poole progettano di disattivarlo, HAL architetta a sua volta un piano assolutamente "umano" per uccidere tutti i membri dell'astronave. Sopravvive solo Bowman che riesce a disattivare il calcolatore impazzito. Bowman comprende il vero scopo della missione, tenuto segreto e alla conoscenza del solo HAL. Nello spazio si allineano la navicella di Bowman, il monolito apparso dal nulla e Giove: inizia così un viaggio psichedelico attraverso nuove galassie e pianeti che, alla fine, porta l'uomo in una sontuosa sala settecentesca, dove egli vede se stesso via via più vecchio, finché, in punto di morte, tenta di toccare il monolito di fronte al suo letto. Sul letto compare un feto che si dirige verso la Terra.

"Non ricordo nessun film di Stanley Kubrick che uscì senza creare controversie […] poi passano dieci anni e sono tutti dei classici." La considerazione del regista Sydney Pollack (nonché attore di Kubrick in Eyes Wide Shut) rispecchia bene la ricorrente sorte delle opere kubrickiane alla loro uscita nelle sale, da Orizzonti di gloria a Eyes Wide Shut. Il regista del Bronx divise sempre sia critica che pubblico con, forse, la sola eccezione di Shining. 2001, oggi indiscusso capolavoro e pietra miliare, non solo del cinema science fiction, ma del cinema tout court, non ebbe una ricezione immediata, né da una parte della critica né da quella fascia di pubblico ancora legato alla "Vecchia Hollywood". Christiane, moglie del regista, ricorda come alla prima di 2001, il 2 aprile 1968, la maggior parte dei dirigenti della MGM se ne andò durante la proiezione, e la stessa cosa fecero molti tra gli spettatori "meno giovani"; il presidente della compagnia di distribuzione addirittura affermò "Questa è la fine di Stanley Kubrick". Le accuse più dure vennero in particolare dalla critica newyorkese: Pauline Kael scrisse "E' possibile un'opera d'arte se la pseudoscienza e la tecnologia filmica diventano, nella visione dell'artista, più importanti dell'uomo? […] Sebbene, forse, l'intento del regista fosse diverso, 2001 sancisce la fine dell'uomo! […] E' il più dilettantistico di tutti i film di Kubrick, il più gloriosamente ridondante film di tutti i tempi". Altre note voci della stampa come Renata Adler del "New York Times", John Simon del "New Leader" e Judith Crist del "New York Magazine" all'unisono chiedono l'esclusione del film dalla categoria delle opere d'arte, in quanto noioso, pretenzioso e troppo lungo. In Italia il film fu aspramente stroncato: Moravia lo considerava un semplice prodotto commerciale; Piergiorgio Bellocchio su "Ombre Rosse" lanciò all'opera l'accusa di essere politicamente reazionaria. Eppure già a partire dal giorno dopo la prima a New York iniziarono a farsi sentire forti e tenaci le ovazioni, le voci entusiaste e il grido al capolavoro da parte del pubblico più giovane, dei nuovi cineasti e anche di una consistente fetta di critica. Le sale erano ovunque sempre più gremite e film si avviava a diventare il campione d'incassi assoluto nella storia della MGM. E sempre più numerosi furono i ripensamenti e la revisione delle proprie posizioni. La critica italiana, grazie ad una nuova generazione di critici (Ghezzi, Toffetti), rivalutò profondamente l'opera kubrickiana. Woody Allen ammise di aver compreso quanto il film fosse sensazionale e quanto il regista fosse molto più "avanti" di lui solo alla terza visione, dopo anni. Il futuro regista Spielberg già alla prima visione ebbe la sensazione che con 2001 "la forma del cinema era stata cambiata, per sempre. Non era un documentario, non era un dramma e nemmeno fantascienza in senso stretto. Era piuttosto un'eventualità della scienza". Kubrick era già noto per la sua originalità e la sua maniacale precisione nel seguire tutta la genesi dei suoi film. Non curava solo la regia, la sceneggiatura e la produzione (nel 1956 fondò con James B. Harris la Harris-Kubrick Picture Corporation, dal 1964 con Il dottor Stranamore iniziò a produrre in proprio), ma controllava personalmente i costumi, sceglieva le musiche, di fatto era lui il direttore della fotografia, e in 2001 fu direttore degli effetti speciali, vincendo per essi l'unico Oscar della sua carriera. Ryan O' Neal dichiarò "La vera star di un film di Stanley Kubrick è Stanley Kubrick".
A partire da 2001 va rafforzandosi l'idea di Kubrick come genio perfezionista, enigmatico e addirittura filosofo. Ma di cosa parla 2001: Odissea nello spazio? Moltissimo si è già scritto, moltissimo ancora si scriverà, se è vero (ed è vero) che ad ogni visione lo spettatore può riuscire a cogliere sempre un particolare ulteriore, una diversa suggestione visiva, e giungere ad una più profonda e, cosa fondamentale, personale opinione sull'opera. Ecco, la Visione e la Suggestione Visiva, l'Esperienza Personale. Li ho volutamente scritti in maiuscolo, poiché essi, pur non essendo affatto gli unici, costituiscono temi e linee guida di 2001. E da essi possiamo partire.
Kubrick era sempre restio a spiegare cosa significasse questa o quella scena o quale fosse il messaggio addirittura metafisico di 2001 (perché, come si vedrà, l'idea di Dio o di divinità è centrale nel film); detestava le domande "concettuali", a tal proposito in una celebre intervista a "Playboy" disse "Non è un messaggio che intendo esprimere a parole, né oggi né mai. 2001 è un'esperienza non verbale […] Ho cercato di creare un'esperienza in tutto e per tutto visiva, che oltrepassi le categorizzazioni verbali e penetri direttamente nel subconscio con un contenuto emotivo e filosofico". 2001 ha operato una svolta nella "storia dello sguardo". Come ben dice Sandro Bernardi, "L'occhio dello spettatore tradizionale era abituato a un tipo di cinema del tutto differente, in cui l'atto del guardare le immagini era ben poco importante rispetto all'atto del comprendere la storia e i personaggi"; il principio per cui un'inquadratura doveva durare solo il tempo necessario a passare all'inquadratura successiva era tipico del cinema classico, "dove il cinema era uno strumento usato per raccontare più che per mostrare. Il film di Kubrick esigeva un diverso rapporto con lo spettatore, contrapponeva alla lettura delle inquadrature la visione come esperienza e come atto determinante". Kubrick in questo senso non era un innovatore, sperimentazioni di questo tipo erano state adottate già negli anni Venti con l'Espressionismo e il Surrealismo francesi (che tuttavia si auto-riservavano ad un pubblico di élite). Ma applicare quest'idea di cinema al cinema di fantascienza era davvero una rivoluzione: la pura contemplazione dell'immensità, e del silenzio (punto su cui tornerò), dell'universo per oltre 100' di totale assenza di dialoghi era un vero attacco alla sensibilità assolutamente impreparata dello spettatore. E' certamente vero che nel 1963 c'era stato La Jetee di Chris Marker (storia perturbante con finale "a sorpresa" raccontata per fotogrammi fissi) e nel 1965 Alphaville di Godard; ma La Jetee era un mediometraggio e Godard, in linea con il gusto per la fantascienza riflessiva e spettacolarmente sobria, tipico delle tendenze europee di quegli anni, non era riuscito ad unire temi profondi, filosofici appunto, e spettacolarità hollywoodiana. Riprendendo ancora Bernardi, "la colpa di Kubrick consisteva nel […] recuperare modi di rappresentazione tipici delle avanguardie, rimanendo dentro il sistema della narrazione classica". Gli effetti speciali fecero un salto quantico nell'industria cinematografica. Non dimentichiamo che era il 1968, la collaborazione tra Kubrick e Clarke era iniziata nel 1964, le riprese erano partite l'anno successivo e l'uomo sbarcò sulla Luna nel 1969: nessuno aveva ancora un'idea precisa di come potesse apparire la Terra, e gli altri pianeti, dallo spazio. Kubrick, a quanto pare, sì. Tutto era frutto dell'immaginazione, ma il regista, come afferma Anthony Frewin, suo assistente, aveva idee molto ferme e precise su come illuminare i modellini delle astronavi, i colori da dare alla Terra, alla Luna, la scrupolosa attenzione al minimo dettaglio visivo: questo non era mai stato visto prima. La famosa sequenza trip della "porta delle stelle" consisteva in un'evoluzione di un esperimento di un fotografo: egli esplorava l'idea di elevati tempi di posa, lasciando l'otturatore della macchina aperto e spostando vari generi di figure di fronte alla cinepresa per la scansione di blocchi di colore e oggetti sulla pellicola. L'effetto era innovativo ma piatto e bidimensionale. Kubrick lo rese tridimensionale, lungo l'asse Z, creando una delle sequenze più meravigliose ed enigmatiche della storia del cinema. A quale scopo? Se c'è una cosa di cui si può esser certi è che Kubrick non lasciava mai niente al caso. Come avrebbe reagito il singolo spettatore di fronte alla rappresentazione dell'Alba dell'Uomo in un film di fantascienza? Come avrebbe reagito di fronte alla Visione di quell'anonimo e misterioso monolito nero? Come avrebbe reagito nel vedersi catapultato in altre dimensioni e altri universi paralleli? Quale sarebbe stata la sua reazione all'ultima celeberrima inquadratura? E infine gli eterni interrogativi: cosa rappresenta il monolito? Qual è il significato di 2001? Kubrick, per usare un'espressione cara a Barry Lyndon, ci ha fornito un "quadro", volutamente privo di spiegazioni: " spiegare una sinfonia di Beethoven equivarrebbe a infiacchirla, erigendo una barriera artificiale tra concetto e comprensione […] quanto apprezzeremmo oggi la Gioconda se Leonardo avesse scritto in fondo alla tela " Questa donna ha un sorriso accennato perché ha i denti marci / perché nasconde un segreto al suo innamorato"? […] Tracciare per 2001 un percorso verbale ideale obbligherebbe lo spettatore a seguirlo, pena il timore di non aver capito il film. Non voglio che questo succeda a 2001". Le parole provocatorie e sincere di Kubrick valgono più delle elucubrazioni di qualsiasi critico. L'opera omnia di Stanley Kubrick può essere vista anche come una profonda e ininterrotta ricerca sulla natura stessa del cinema, Arte capace, al pari della musica e della pittura, di andare oltre la parola, di dare corpo e anima a qualsiasi concetto astratto. Non è un caso dunque che in Barry Lyndon le tre arti suddette convivano in perfetta armonia. O si pensi al connubio indissolubile che, proprio a partire da 2001, avrà il cinema kubrickiano con la musica, specialmente classica. "Qualsiasi cosa pensata può essere filmata", soleva dire lo scacchista del cinema. Questo è assolutamente evidente in 2001. Che il monolito rappresenti "La Ragione" o un'immortale forza aliena superiore per intelligenza e potenza all'Uomo, dominatore (neanche tanto bravo) del suo minuscolo pianeta, presuntuosa e ignorante nullità nell'Universo inconoscibile e infinito, o Dio stesso, chiave per accedere alla comprensione di tutti i misteri, in primis il mistero della vita, è poca cosa rispetto allo scoprire che tutte queste possibilità sono valide. Ed è proprio per questo se ancor oggi, a distanza di 44 anni, siamo ancora qui, critici, intellettuali e pubblico comune, a dibattere, rinvigoriti ad ogni Visione, su quest'opera d'arte contemporanea, ognuno con la Sua Esperienza. Il messaggio è il mezzo. Quando la gente gli chiedeva "Come ti va, Stanley?" lui rispondeva "Li abbindolo ancora".
In questo quadro tuttavia, come conclude Bernardi, sembra che Kubrick un indizio esplicito l'abbia dato: l'occhio. Cioè l'organo che ci guida nella Visione. Se questo è un film anche sull'atto del vedere, molto sarà dedicato all'immagine dell'occhio o a una sua rappresentazione. Si inizia con gli occhi quasi fluorescenti del ghepardo e della spaventata scimmia/uomo alla prima apparizione del monolito; si procede con la scimmia che guarda il monolito allineato con la Luna e il Sole, e apprende l'uso dell'osso come arma; eccoci nello spazio dove tutto è in orbita, tutto ruota, tutto è tondo: una delle prime astronavi che vediamo consta essenzialmente di due cerchi uniti da un cilindro. Sono cerchi che ruotando formano altri cerchi, e il cerchio rimanda all'occhio: tutto è un occhio che guarda e viene guardato. Si prosegue con gli interni delle astronavi, le porte circolari o ellittiche, e sulla loro soglia c'è un umano che, per assenza di gravità, ruota, ma prima di tutto vede. La Discovery ha una testa/prua e "occhi" luminosi per vedere nel buio spaziale; perfino la navicella di Poole è dotata di occhi, che assumono un aspetto quasi minaccioso quando le sue braccia meccaniche diventano strumento di morte nelle mani di HAL. Infine "l'occhio" di HAL, che tutto vede, tutto conosce, tutto controlla, e la pupilla di Bowman, passivamente proiettata alla Visione dei misteri della vita, del tempo, dell'infinito. Al termine della sua Odissea Bowman è pronto per far ritorno sulla Terra come uomo nuovo. Il feto, guardando in macchina, è come se ci passasse il testimone, lasciando a noi, uomini nuovi, il compito di guardare a nostra volta all'universo con occhi diversi.
La poetica dello sguardo di Kubrick proseguirà nei film successivi: la prima inquadratura di Arancia Meccanica è il volto di Alex che ci guarda beffardo, pronto a scatenare la sua ultra-violenza; Alex ordina allo scrittore Alexander (suo alter-ego) di "guardare bene" mentre gli violenta la moglie; durante la cura Lodovico sarà Alex ad esser costretto a guardare la violenza. Nella prima sequenza di Shining guardiamo dall'alto l'automobile di Jack dirigersi verso l'albergo; successivamente è Jack a guardare dall'alto il modello del labirinto, nel quale ci sono i "modellini" di Wendy e Danny che camminano, vittime inconsapevoli di una presenza "aliena" che incombe minacciosa su di loro dall'alto, dallo spazio; e il tutto si svolge in un hotel chiamato "Overlook". I personaggi guardano, sono guardati da altri personaggi e obbligano noi spettatori a guardare e, chissà, forse a sospettare di essere guardati. Non è un caso dunque che l'ultima, altrettanto enigmatica, opera di Stanley Kubrick si chiami Eyes Wide Shut.
Si dice sovente che non c'è modo migliore per vivere un'esperienza nuova del viaggiare. E infatti un altro modo di guardare all'opera kubrickiana è partire dal suo titolo: un'Odissea nello spazio. Un viaggio mitico, epico, dunque, dove un Ulisse assetato di conoscenza e deciso a varcare le colonne d'Ercole, confine del mondo conosciuto, si lancia nel suo "folle volo" verso "Giove e oltre l'infinito". Quest'introduzione non è da prendere alla lettera, essendoci evidenti differenze tra l'Odissea omerica, dantesca e kubrickiana. Ripercorriamo le tappe del film. Il viaggio, nel tempo e nello spazio, inizia con l'alba dell'umanità; quindi dobbiamo già distinguere tra l'Odissea di Bowman (non ancora cominciata) e la nostra Odissea, di noi uomini e spettatori. L'evoluzione ha il suo punto di svolta con la comparsa del monolito, sul quale si sono già spese parole circa il suo possibile significato, ma si può aggiungere un'ultima considerazione antropologica: che lo si veda orizzontale o verticale può ricordare una lapide. Gli antropologi fanno coincidere la nascita dell'uomo con le prime pratiche di sepoltura, con l'occultamento, il rispetto e la celebrazione dei propri morti. La nascita della religione, o quanto meno il riconoscimento (allo stato embrionale) di un mistero mistico che avvolge la vita, sarebbe il vero salto dalla scimmia all'uomo. Il monolito scompare, la clava è usata per uccidere un altro uomo: la scimmia/uomo si crede dominatrice incontrastata della natura, orgogliosa lancia la clava in direzione del suo prossimo obiettivo. Con un'ellissi tra le più famose della storia del cinema, eccoci nello spazio. L'espediente tecnico dell'ellissi ci consente di riflettere ancora sulla potenzialità del mezzo cinematografico: abbiamo fatto un salto temporale di 4 milioni di anni, non l'abbiamo "visto", ma, seppur con un certo stupore, l'abbiamo compreso. La clava è diventata un'astronave, il nuovo strumento di conoscenza a disposizione dell'uomo. Per secoli luogo di esplorazione e meraviglia dell'uomo è stato l'Oceano, il mezzo per esplorarlo la nave e, da ultimo, il sottomarino. Ora, nel 2001, ci sono l'universo e le astronavi. L'uomo si sente già presuntuosamente padrone di esso, pur non dominandolo, allo stesso modo in cui era convinto di poter dominare la Terra. Curioso è il dialogo tra il dott. Floyd e la dottoressa, in cui quest'ultima afferma di non aver ancora visto New York. Ora ha inizio l'Odissea di Bowman e procede parallela alla nostra: egli è un Ulisse atipico (forse tipico per l'anno 2001), è intelligente come l'eroe omerico, ma non si basa da subito sul proprio intelletto, si affida alle macchine, prodotto del suo intelletto. Dipende in particolare da HAL 9000, emblema del trionfo della macchina sull'essere umano. Si insiste molto sull'infallibilità di HAL e sulla sua capacità di provare emozioni umane; sono distintamente percepibili nel tono della sua voce l'orgoglio, il sospetto, la curiosità. Il computer non è infallibile, commette un errore, ma come ribadisce egli stesso "se c'è un errore è umano". Infatti scopriamo che egli è stato programmato col compito di sapere, e al tempo stesso tenere celato, lo scopo della "missione Giove". HAL nasce con la menzogna, caratteristica esclusivamente umana, quanto basta per mandare in crisi il suo sistema binario: è in grado di mentire e contemporaneamente non è capace di gestire questa sua umanità col suo essere macchina. La crisi della ragione di HAL è contenuta, con un autentico colpo di genio, nel suo stesso nome: HAL = Heuristic ALgorithm. Per definizione nessun algoritmo può essere euristico. HAL nasce col fallimento incorporato (Errare Humanum Est) e la paura di morire accende il suo senso di sopravvivenza, servendosi della navicella di Poole come la scimmia 4 milioni di anni prima si era servita della clava. Ultima nota sul super calcolatore: il suo occhio tondo è inserito in un rettangolo nero che, oltre a farci ricordare la forma dei nostri attuali PC, rimanda al monolito. A questo punto interviene l'Uomo Bowman. Coraggiosamente riesce a rientrare nell'astronave e a disattivare (una morte "giusta") HAL; qualora ci fossero ancora dubbi sulla sua umanità, essi vengono definitivamente fugati in questa memorabile sequenza: HAL regredisce progressivamente a uno stadio infantile, canta "Girogirotondo" (giro intorno al mondo, cioè in orbita), e lentamente "si spegne". Ne è consapevole, ripete ossessivamente "Lo sento! Ho paura". Bowman, benché pure lui per senso di sopravvivenza, ha ristabilito il dominio "sano" dell'uomo sulla macchina, ed ecco apparire il monolito: ora è inconsapevolmente pronto, e noi con lui, ad iniziare l'ultimo viaggio, oltre l'infinito. A differenza del passaggio Preistoria-2001, qui noi vediamo e viviamo con autentico shock (stupore è dir poco), assieme all'astronauta, questo passaggio spazio-temporale, ma non sappiamo quanto è durato, se 15' o un'intera vita o forse di più. L'impressione è personale. Che lo spettatore ci abbia visto indistinte masse di colore o una stupefacente ipotesi di nascita di nuove galassie e nuove forme di vita, è ancora una volta secondario rispetto alla possibilità stessa di averlo potuto vedere e vivere. Einstein sosteneva che la velocità della luce non si può superare, forse qui Kubrick l'ha superata e noi, come HAL, "lo sentiamo". Alla fine del "folle volo" Bowman/Ulisse dantesco muore, ma ritorna ("Eterno Ritorno" nietzschiano) sulla Terra/Itaca come Homo Novus, o come Dante al termine del suo viaggio mistico nei tre Regni, dove, specialmente negli ultimi attimi non misurabili, ha compreso, in comunione col Tutto, il mistero della vita e della Trinità divina (il "bambino delle stelle", Super Uomo nietzschiano, accompagnato dalla trionfale Also Sprach Zarathustra).
Guardando infine al cinema di fantascienza e al fantastico nel cinema, 2001 costituisce anche un contenitore di tutti gli ingredienti base del genere: il lontano futuro, il viaggio interplanetario, l'intelligenza artificiale, l'attraversamento dello spazio/tempo, l'entità sconosciuta (il monolite). Inoltre, se il fantastico scorre lungo la linea della "presunzione di realtà" che separa il possibile dall'impossibile/meraviglioso, 2001 ingloba tutte queste tre superfici: l'Alba dell'Uomo (realtà), lo spazio, Clavius e HAL (fantastico, cioè impossibile nel 1968 ma empiricamente contiguo, ergo potenzialmente possibile in un futuro, ergo "perturbante"), "la porta delle stelle" (impossibile/meraviglioso). L'opera di Stanley Kubrick ha inaugurato la fantascienza moderna, mantenendo un fascino e un mistero inalterato che si fatica a trovare in moltissimi film posteriori, poiché è forse il solo film che sia riuscito a farci vedere davvero l'inconoscibilità dell'universo, a evocare la nostra soggezione nei suoi confronti (e in ciò ha contribuito non poco il rivoluzionario uso della musica e della contrapposizione musica-silenzio) e, in definitiva, a rendere possibile ciò che è destinato a rimanere impossibile e meraviglioso. Grazie al Cinema.
hghgg  31/10/2012 21:53:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Porca miseria che commento :D Ma quest'opera se lo merita tutto. Ma tranquillo, tanto tra un po' arriverà il genio a mettere uno commentando: "noioso, non ho capito nulla, meglio Ace Ventura". Bah. Comunque splendida analisi-gigante di un film su cui in effetti si potrebbero scrivere pagine e pagine.
Invia una mail all'autore del commento thohà  31/10/2012 22:05:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi hai rubato le parole di bocca. :)