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GIORNI E NUVOLE regia di Silvio Soldini

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kafka62     6½ / 10  02/02/2018 13:48:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Con un soggetto quanto mai comune e ordinario, quasi a rischio di banalità per la sua lineare semplicità, Silvio Soldini, che raramente nella sua carriera ha rinunciato alla sua predilezione per il cinema realistico (anche se il suo più grande successo, Pane e tulipani, era piuttosto una favola elegiaca), ha raccontato un tema di scottante attualità: le conseguenze della perdita del posto di lavoro su una coppia alto-borghese, seguita passo dopo passo lungo una china discendente fatta di riduzione del tenore di vita, di difficoltà di arrivare alla fine del mese, di frustrazione, di ore vuote da riempire, giù giù fino alla pericolosa soglia della depressione. Albanese e la Buy sono perfetti nella parte di Michele ed Elsa, questi "nuovi poveri" del 2000 che si trovano costretti a rimboccarsi le maniche adattandosi a lavori precari e non propriamente gratificanti, e oltretutto in mezzo a una umanità che, a parte qualche raro sprazzo di cameratismo (i due ex dipendenti di Michele), si rivela ostile, indifferente ed egoista (come non pensare a tutti quegli amici che riempiono la casa all'inizio del film, e che poi – complice anche la vergogna che rende Elsa e Michele reticenti a comunicare agli altri, figlia compresa, la loro nuova situazione – scompaiono nel nulla?). Soldini non ci risparmia nulla delle difficoltà dei protagonisti ad accettare la loro nuova situazione (tra smarrimento, sconforto, umiliazione e paura), allestendo un film che ci prende alla gola con un'angoscia via via più diffusa e penetrante, e solo nel finale – per fortuna – riesce a far scorgere uno spiraglio di speranza (Elsa e Michele si ritrovano insieme dopo il litigio del giorno prima, sdraiati a fissare l'antico affresco portato alla luce in un vecchio palazzo del centro storico genovese), quasi a compensare l'eccessiva (e probabilmente non necessaria) deriva pessimistica intrapresa dalla storia con il tradimento della moglie col capo per cui lavora e l'abbrutimento del marito chiuso in casa a schiacciare maniacalmente bottiglie vuote di plastica. La pellicola comunque funziona, è intensa e commovente pur senza fare mai ricorso a espedienti melodrammatici, e tutto ciò grazie alla resa realistica del contesto narrato, merito non ultimo della fotogenia di una città – Genova – dalla raffinata e un po' decadente bellezza.