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CHARLOT CAPO-REPARTO regia di Charles Chaplin

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amterme63     7 / 10  23/09/2008 23:38:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il 1915 fu l’anno del grande successo per Charlie Chaplin. Divenne un fenomeno popolare, tanto che su di lui nacquero fumetti, canzoni, cartoni animati e imitazioni di ogni genere. Alla scadenza del suo contratto con la Essanay, nel 1916, ebbe contatti dai produttori della Mutual, con i quali concluse un contratto per una cifra strabiliante, la più alta all’epoca per un attore, tra l’altro di soli 27 anni. Fece lo stesso scalpore che fanno oggi alcuni contratti di calciatori. Nonostante dichiarasse che non pensava mai al denaro, in realtà aveva seguito le trattative con grande cura e ottenuto il massimo possibile.
Anche se ormai era diventato una celebrità conduceva una vita tutto sommato misurata e frugale. Giocava soprattutto il suo carattere timido e riservato, il quale subì un vero choc di fronte all’improvvisa popolarità e all’invadenza della gente. Così scrive nella sua autobiografia:
“Mi sentivo segregato, isolato, oggetto di curiosità… Pensai che il mondo doveva essere impazzito…Ero sbalordito: in quel mondo non mi ci ritrovavo…Provavo anche un senso di solitudine…Come si fa a conoscere gente interessante? Mi venne una crisi di malinconia.”

Come al solito reagisce buttandosi nel lavoro. Con la Mutual stavolta ha l’obbligo di almeno un cortometraggio al mese. Per rendersi indipendente si crea una troupe che lavora solo per lui, composta dal cineoperatore Roland Totheroh (riprenderà i suoi film fino a Luci della ribalta), dalla solita Edna Purviance, dal gigante “cattivo” Eric Campbell, dal fedelissimo Henry Bergman (il “ciccione” e a volte anche “cicciona”) e dallo spilungone Albert Austin. Adesso si sente più sicuro delle sue possibilità e può dedicarsi a sviluppare più a fondo i meccanismi del comico. Tralascia momentaneamente i temi sociali, per approfondire i significati che hanno le vicende della vita quotidiana. Grande rilevanza viene data agli oggetti di uso comune, visti in una dimensione estraniante, quasi di condizionamento, attraverso l’immagine distorta e inusuale che produce il comico. Grazie alla bravura immensa di Chaplin, oggetti comunissimi come una scala mobile, una porta girevole, una sveglia, una casa ammobiliata diventano intralci, offrono risorse inaspettate, complicano la vita più che agevolarla. Le situazioni più ordinarie sono portate al parossismo, fino a sfiorare l’assurdo. Ogni tanto si abbandona il personaggio del vagabondo per portare in scena il normale borghese, più immerso in questo tipo di problemi.

I cortometraggi adesso offrono veri pezzi di bravura tecnica di Chaplin. Si può parlare di virtuosismo comico. Il ritmo diventa incalzante, le gag si susseguono trascinanti, fino a una specie di apoteosi finale. Questo grande sforzo ha un suo prezzo fatto di innumerevoli tentativi, di ripensamenti, di scene fatte e disfatte. I suoi collaboratori testimoniano che non partiva mai con un vero e proprio script definito. Gli veniva un’idea e intorno a questa sviluppava piano piano una storia, affidandosi alla fantasia e ai suggerimenti della sua troupe. Alla fine decideva comunque lui. Tante volte faceva costruire set e poi non ne faceva niente. Questo procedere per tentativi lo si può seguire anche grazie all’enorme materiale di scarto delle riprese, conservato fino ad oggi.

Il primo cortometraggio girato per la Mutual è il notevole The Floorwalker (Charlot caporeparto).
Il vagabondo mette lo scompiglio in un magazzino di abbigliamento e profumeria, dominato da una velocissima scala mobile che diventerà croce per i personaggi della comica e delizia per noi spettatori. Si inizia con il vagabondo che giochicchia con gli articoli in esposizione. Quindi approfitta dei vari campioni-prova per farsi la barba e improfumarsi, per poi fare l’espressione di chi è insoddisfatto. Mentre il commesso (Albert Austin) è impegnato a sorvegliare il vagabondo e a rimediare alle sue sbadataggini, i clienti rubano la merce indisturbati. Anche il caporeparto ha i suoi problemi, anche se di natura illegale, e cerca di scappare con la cassa. Si trova davanti però il vagabondo che, guarda caso, gli assomiglia come una goccia d’acqua. Ne esce la gag dei due che si comportano come se fossero allo specchio, con un piccolo intermezzo vagamente gay quando il sosia prende il viso del vagabondo fra le mani e lui per istinto gli dà un bacio in bocca (ritraendosi poi schifato). Decidono poi di scambiarsi le parti. Il vagabondo diventa così caporeparto, divertendosi con i cappelli, gli scalei e i piedi dei clienti. Il direttore (Eric Campbell), scoperto il furto, vuole fare la festa al (falso) caporeparto. Ne nascono scontri e lotte con Chaplin, che utilizza per la prima volta il trucco del balletto e delle moine per abbonire il cattivo. Il ritmo diventa sempre più incalzante fino al famoso inseguimento sulla scala mobile, fatta di corsa in senso contrario.