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LA PROMESSA DELL'ASSASSINO regia di David Cronenberg

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ULTRAVIOLENCE78     8 / 10  24/12/2007 16:45:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il corso della nostra vita dipende dai rapporti di sangue, da coloro che ci hanno generato e dall’ambiente in cui cresciamo?

La personalità deviata di Kirill (Vincent Cassel), un uomo completamente soggiogato dalla volontà opprimente di un padre violento e assassino, e la ragazza russa, che per sfuggire alla povertà del suo Paese decide di partire alla volta dell’Inghilterra per inseguire un sogno che invece si trasmuterà in un incubo, rappresentano due vite segnate sin dalla nascita dal contesto familiare e sociale da cui provengono.

Ma cosa succede allorquando dall’esterno intervengono dei soggetti intenzionati a mutare il corso del nostro destino?

Da un lato, un agente sotto copertura (Viggo Mortensen) con il compito di assicurare alla giustizia un boss della mafia russa che organizza e dirige un traffico di prostitute provenienti dai Paesi dell’Est, riuscirà a libererà Kirill da un “padre padrone” che ha da sempre “violentato” la sua psiche. Dall’altro, l’infermiera di un ospedale (Naomi Watts), dopo aver indagato sulle origini della ragazza russa, scoprendo la triste e drammatica realtà delle organizzazioni della prostituzione che si cela dietro insospettabili famiglie, si prenderà cura della bambina nata dalla stessa ragazza affrancandola da una esistenza altrimenti tragicamente segnata.

Da una trama semplice e lineare, che costituisce solo lo spunto e il pretesto per la trattazione di temi e riflessioni profonde e complesse che da sempre caratterizzano le opere del regista canadese (per questo ho ritenuto superfluo l’inseririmento di spoiler), Cronenberg dà origine a una pellicola in cui si fondono momenti di atroce violenza (di cui la scena della sanguinolenta colluttazione nella sauna rappresenta l’acmè) con altri di pura poesia (la “salvazione” della bambina seguita dal bacio tra i due “angeli salvatori” non può non commuovere), tanto da richiamare alla mia mente “Hana-bi” di Kitano, e che si pone in perfetta sintonia con il precedente “History of Violence”, dove la il passato e le origini costituiscono i fantasmi con cui bisogna inevitabilmente fare i conti. Non mancano anche altri “topoi” del cinema “cronenbergiano”, come l’ossessione per la carne e i mutamenti del corpo; per non parlare del rapporto quasi simbiotico e omosessuale tra l’autista/agente e Kirill, che sembra rievocare quello tra i gemelli di “Inseparabili”.
Finale che si presenta dapprima rasserenante, con la protagonista e la sua famiglia intenti a prendersi cura della bambina adottata, e subito dopo inquietante e (volutamente?) incompiuto quando si sofferma su Mortensen seduto solitario, con lo sguardo glaciale perso nel vuoto.

Insomma un altro importantissimo tassello nella produzione del regista canadese, che continua a deliziare ed estasiare i suoi ammiratori (e non solo).