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IO SONO LEGGENDA regia di Francis Lawrence

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     5½ / 10  18/01/2008 00:53:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Le grandi premesse sono state ripagate da un film sostanzialmente mediocre che, oltre a non rendere giustizia al classico di Matheson, dimostra come i grandi mezzi a disposizione possano diventare un handicap quando c'è soprattutto la voglia di strafare, e il signor Lawrence ne fa un uso spropositato.
Credo che per una volta possiamo vantarci di aver adottato, in Italia e con mezzi modesti, uno dei più riusciti transfert letterari al cinema di sempre (cfr. L'ultimo uomo della terra, 1964).

Detto questo, "Io sono leggenda" non è (potenzialmente) un brutto film: la New York desolata e spettrale, post-11 Settembre (eeh ancora) e certe incantevoli riprese dall'alto, il senso vorticoso di un grande Spazio Vuoto attorno a un incantevole disordine urbano (viene in mente la prospettiva di 1997 fuga da New York, anche se Carpenter è un'altra scuola) conquistano lo spettatore.
Poi basterebbe evitare certe improbabilità della vicenda (il cibo non scade mai? la tecnologia viva e vegeta oltre lo sterminio umano?) e affidarsi all'imprevedibilità di vedere felini in città (cit. di The day after tomorrow) e il risultato poteva essere apprezzabile.

Tuttavia, l'escamotage pubblicitario del film è tale che spodesta ogni obiettività: il trionfo della vanità (produttiva) arriva a rendere memorabile invero tutto ciò che serve alla promozione del film, il bellissimo manifesto, il volto di Smith che campeggia nei titoli di testa, la sua imperitura immortalità.
Tutte cose lodevoli, ma che alla fine hanno poco a che fare con il valore artistico di un film che, almeno nella prima parte, prometteva molto più di quanto ha successivamente mantenuto.

Ringrazio il regista di averm(c)i rassicurato che all'universo manca ancora un anno di vita, ma è un escamotage sfruttato fino all'osso, risibile e nondimeno prevedibile.
Come è prevedibile contestualizzare il classico "rituale" dell'americano benestante che può, davanti all'apocalisse umana, procacciarsi tutto ciò che desidera. Come a dirci "non ci sono più speranze, ma i beni materiali sono ancora un sintomo di vita".

Il libro di Matheson fondava la sua teoria sul fallimento scientifico, ma questa invettiva è ridotta a un superficiale confronto con le solite tematiche della fede, temi che a dirla tutta ci hanno rotto i bignè da diverso tempo, basterebbe ascoltare un discorso di Ratzinger per comprenderlo.

Ed è proprio questo Maelstrom retorico nella fede e nella fratellanza (con Bob Marley assunto a Messia di tutti gli idealismi ormai infranti) a rendere il film insopportabile, fastidiosamente retorico e elegiaco, mentre coltiva la speranza che il mondo, distruggendosi da solo, possa "ritrovarsi".
Una (pessima) caduta nella new age che almeno nel film di Cuaron ("Children of men") aveva una sua ragione d'essere (almeno in parte).

Ma la prova di Smith regge abbastanza, anche se un Bruce Willis (tanto per dire un nome) avrebbe "bucato" lo schermo. Anche il buon Will(y) non può del resto fare molto davanti a dialoghi tanto imbarazzanti, e a situazioni in cui sembra diventare la reincarnazione della Weaver di "Alien" (fuori contesto, appunto).
Vorrei soltanto sapere chi è questa Braga, che sarà ricordata a lungo per la sua nulla performance, più scialba che mai, che fin da ora non esiterei a definire la peggior attrice dell'anno: se è tra le poche sopravvissute del genere umano, la speranza è di vederla svanire nel nulla al più presto (almeno dagli schermi).

E poi dimenticavo quasi la ragione per cui questo film ambivalente e non riuscito ha deluso ogni mia aspettativa: l'"orrore" è generato dai contrasti, dall'impellente silenzio di presenze oscure, non dai mostri-ranocchi in digitale abbondantemente estratti verso il finale: si rischia di trasformare l'angoscia reale in una somma parodia.

E se la pregnanza psicologica del film ha inizialmente qualche attenuante alla fine "La guerra dei mondi" di Spielberg sembra un trattato di filosofia: il che è tutto dire.

"Io sono leggenda", ovvero l'incapacità obiettiva delle grandi major di riconoscere COSA, COME e PER QUALE RAGIONE noi spettatori dobbiamo avere paura
Invia una mail all'autore del commento Enzo001  18/01/2008 15:42:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Assolutamente d'accordo, visto che ne parlate così bene, provvederò a vedermi prima possibile " L'ultimo uomo della terra".