pier91 8½ / 10 19/10/2012 17:52:24 » Rispondi "Sta qui il torto, nel fatto che ho bisogno che uno mi abbracci, mi accarezzi, mi baci." Elvira è sete di sentimento, nulla di più pericoloso. Effimere espressioni di premura sono oppio per gli infelici. Elvira si svuota in un amore inginocchiato, qualcosa di simile a una religione. La trasformazione sessuale è un sacrificio all'altare di Anton. Un uomo che ha del mitologico, con la sua dimora labirintica, sovrabbondante di stanze, preservata da una parola d'ordine. La ricerca e il ritrovamento dell'amato perduto non hanno alcun esito liberatorio. Elvira torna a casa ulteriormente umiliata, e di nuovo elemosina affetto, di nuovo sottopone il corpo ad un'alterazione innaturale. Accorcia i capelli e indossa abiti maschili, tenta di assumere le parvenze di un padre. E' troppo tardi, realizza di vivere in un presente miseramente nostalgico, ancorato a sentimenti che per tutti gli altri sono già morti.
Elvira è pervasa da una fragilità insana molto vicina a quella che fu di Petra Von Kant. Abbandona ed è abbandonata, genera solitudini ed è solitudine essa stessa. Come una bestia in fase di macellazione, firma e subisce uno spettacolo nauseante. Fassbinder conduce un gioco visivo di lontananza e vicinanza, di morbosità e discrezione, di luci bianche e luci rosse. Le parole aggiungono note di dolore e farneticazione.
amterme63 19/10/2012 19:28:56 » Rispondi Vedo che questo film ha colpito molto anche te. E' un film pieno di risvolti e significati. Molto duro ma molto bello. Complimenti per il bel commento!
pier91 19/10/2012 20:13:59 » Rispondi Sì mi ha colpito, anzi mi ha decisamente steso. Grazie dei complimenti amterme, ricambio