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BATMAN - IL RITORNO regia di Tim Burton

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amterme63     7½ / 10  29/09/2009 23:09:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
“Va consegnato alla polizia”
“La legge non si applica per persone come lui e noi”.

Anche stavolta Tim Burton gioca su due fronti. Da una parte l’intrattenimento e le convenzioni cinematografiche tradizionali (poche figure eroiche dai tratti esemplari positivi o negativi, imprese e situazioni che creano tensione, pericolo o suspence ad arte), dall’altra il riferimento implicito alla società reale (personaggi e vicende visti come metafore), il tutto infine mostrato come un abile congegno artistico (battute e ironie).
Bisogna dire che Burton è stato molto abile a creare un film ben fatto e interessante, utilizzando più o meno lo stesso schema del primo Batman. Giocoforza qualcosa non è però riuscito alla perfezione. Chi ci scapita è soprattutto il personaggio di Batman che perde, rispetto al primo episodio, tutto il mistero e l’incertezza che lo circondava. La sua figura non ha più i dubbi e i risvolti psicologici che la rendevano così umana e affascinante. Si è come irrigidito nello stereotipo dell’eroe da filmati o da fumetti; agisce e si comporta in maniera quasi automatica e prevedibile. Il rischio del “già visto” è sempre dietro l’angolo e infatti in certe scene sembra quasi di vedere un film di Bruce Lee. L’amore perde molto in questo film, non è trattato in maniera fine come nella prima parte; qui, come nei film di Hitchcock, i protagonisti si innamorano fra di loro perché così vuole la storia. Tra l’altro Batman è l’unico personaggio non colpito dall’ironia e che si prende addirittura sul serio. Spetta a Catwoman ricordargli che appartiene al mondo della fantasia, non a quello delle regole reali (vedi battuta sopra).
Va a finire che il vero protagonista del film è il male. Il personaggio del Penguino è l’ennesima variazione (riuscita) del lato “diabolico” dell’animo umano, il lato di cui Burton subisce di più il fascino e che cerca di sviscerare in tutti i suoi film. Qui la dialettica si svolge sottile fra cattiveria causata e cattiveria congenita. Quanto ha inciso il rifiuto del mondo nei confronti del “diverso” e dell’abnorme nel formare l’odio sordo e l’astio che prova il Penguino verso l’umanità? Quanto ha inciso la sua infanzia interrotta (l’attaccamento ai giocattoli)? D’altra parte c’è in lui qualcosa di più, un forza primigenia che incanta e sovrasta la volontà altrui e la spinge ad ubbidire ciecamente (tutta la genia di saltimbanchi e di animali che eseguono supinamente i delitti e le distruzioni). Si tratta di un personaggio complesso, forse più complicato e umano rispetto a Joker (più appiattito sul modello del gangster).
Rispetto al primo film l’ambiente generale non cambia. Per il male, agire è una specie di passeggiata. La gente subisce passiva e inerte e non riesce nemmeno più a riconoscere le semplici apparenze del brutto, del volgare e del falso. Il pessimismo di fondo sulla tenuta democratica della società attuale è ancora più accentuato rispetto al primo Batman.
Dal punto di vista scenico, Burton cerca in qualche maniera di rompere la solita dicotomia male/bene e introduce un terzo personaggio (Catwoman), piuttosto anomalo per il genere. Prima di tutto è donna e poi lo si fa agire non per fini materiali o etici, ma (insolitamente) per ragioni esistenziali. Catwoman si ribella alla noia, alla routine, alla sottomissione. E’ una specie di cane sciolto, anzi gatto sciolto, che parteggia per l’uno o per l’altro a seconda del proprio estro o del proprio capriccio. Non sempre però la sua psiche è ben spiegata o comprensibile. In fin dei conti il suo personaggio finisce per confondere un po’ lo spettatore e risulta quasi estraneo alla storia, un’altra vicenda nella vicenda. Nella struttura scenica il primo Batman era molto più lineare e meglio costruito.
Questo sequel è comunque un film film più che dignitoso, divertente, ma non è certo l’opera d’arte che è stato il primo Batman di Burton.