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MAX AMORE MIO regia di Nagisa Oshima

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jack_torrence     8 / 10  25/02/2011 02:11:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non è affatto un film, come temevo, che gira troppo a lungo su un'idea buona per un corto ma non per un lungometraggio.
Invece è necessario tutto il corso della narrazione, per passare attraverso diverse fasi.
E' un opera sorprendente sotto diversi punti di vista.
Anzitutto, non è un film d'autore "classico". Come sottolinea Carrière (co-sceneggiatore di questo film, celebre per essere il co-sceneggiatore di alcuni degli ultimi capolavori di Bunuel), solo una certa idiozia critica insiste a inscatolare le opere firmate da un regista-autore nella poetica solo e solamente di quell'autore. Ora, l'incontro fra Carrière e Oshima ha prodotto un film "di Oshima" in parte molto diversa dal resto dell'opera di Oshima. Ma è un film che la critica dovrebbe rivalutare, ingiustamente penalizzato dal non combaciare appieno con la poetica del grande maestro nipponico.

All'inizio sembra un'allegoria sulla volontà della borghesia di razionalizzare tutto, reprimere le pulsioni e ingabbiare una giungla dentro le geometrie di una dimora metropolitana. Stesso discorso vale per l'ipocrisia di salvare il matrimonio salvando le apparenze (il marito cornificato con una scimmia che se la porta a casa).
Ma questo - che è in linea con la poetica di Oshima - è solo lo spunto.
Poi il film muta, cambia aspetto, diventa qualcosa di sorprendente.
Si trasforma in una parabola sulla diversità, sulla capacità di accettazione del diverso; dall'acre satira si leva a toni inaspettatamente delicati, giungendo, nel finale, a una dimensione inusitata dove il grottesco convive con il sublime, l'happy end con la satira.

E' un risultato, quello finale, poco europeo e che immagino invece molto "giapponese"; poco novecentesco e molto settecentesco (nel senso che sembra quasi un soggetto di Voltaire).
La cosa affascinante, è che Oshima (volendo considerare lui solo l'autore del film, ma è riduttivo), pur partendo da uno spunto "europeo" e venendo a girare in Europa, è arrivato a un risultato davvero diverso rispetto al suo abituale pessimismo: mantenendo e anzi amplificando, nel corso del film, un punto di vista giapponese.
Questo strano, straniante film sull'Europa, poteva riuscire a girarlo in questo modo solo un autore che guardasse all'Europa da una distanza di diecimila chilometri.

PS vi sono riferimenti estetici (ma forse non solo?) a 2001: non solo nella scimmia (uguale a quelle di 2001), ma anche per l'architettura dell'interno, che ricorda molto la stanza finale di 2001. E fa un curioso effetto vedere una scimmia di 2001 racchiusa entro la stanza rococò di 2001...