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LA PROMESSA regia di Sean Penn

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kafka62     7½ / 10  28/02/2018 09:07:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il detective Jerry Black è un folle, un visionario, come la sequenza di chiusura del film e altre immagini qua e là lascerebbero supporre, oppure è l'unico che, perseverando a cercare un colpevole nonostante tutte le evidenze contrarie, ha compreso la verità? Il film non ce lo dice mai con chiarezza, al contrario mantiene aperte fino alla fine entrambe le ipotesi, e questa ambiguità, perseguita anche a costo di sacrificare le potenzialità "thrilling" della storia, è forse la sua caratteristica più ammirevole. "La promessa" è infatti un giallo per così dire metafisico, e l'anziano poliziotto in pensione interpretato da Jack Nicholson è un mistico solitario che, nella caparbia ricerca della salvezza (quella su cui all'inizio aveva giurato, davanti a un crocifisso fin troppo simbolico), rinuncia a tutta la sua vita precedente, alle sue abitudini, alle comode e tranquillizzanti certezze, per dedicarsi completamente alla sua missione. Ma, come ogni mistico, egli è anche un fanatico, un uomo disposto a subordinare tutto, persino gli affetti, al raggiungimento della verità. E se il reverendo che muore in automobile proprio mentre si sta recando all'appuntamento con la bambina, vanificando così la trappola tesagli dal detective, può effettivamente essere il mostro a lungo cercato, che il caso ha provveduto a togliere di mezzo prima dell'intervento della giustizia umana, a me piace pensare (anche a dispetto del romanzo di Durrenmatt da cui il film di Penn è tratto, il quale invece è assai meno ambiguo) che tutta la storia in fondo sia solo il parto di una mente ossessionata dall'incubo della purezza perduta. Convinto della giustezza della sua teoria, Jerry Black non fa infatti altro che andare alla ricerca di elementi che collimino con le sue deduzioni (il vestito rosso, i porcospini, la macchina nera), senza soffermarsi troppo sulla circostanza che i suoi indizi provengono dal disegno di una bambina di otto anni o dalle analogie di una foto scattata molti anni prima. Qui bisogna stabilire se credere al fiuto del detective o piuttosto alla fantasia di una personalità disturbata (tenendo presente che più di un elemento, dal colloquio con la psicologa ai pareri degli ex colleghi, farebbe propendere per la seconda), ma comunque la si voglia pensare lo scacco del protagonista alla fine è totale e irrimediabile. La macchina da presa ce lo consegna in un'ultima, terribile immagine, con lo sguardo perso nel vuoto, gesticolante come un ubriaco, nella stazione di servizio ormai abbandonata che appare come l'emblema della sua sconfitta.
"La promessa" non è un film facile, e a volte può addirittura sconcertare per l'obiettiva difficoltà di collocarlo in un genere narrativo ben definito, ma a giudicare da come riesce a mediare abilmente tra suspense ed esistenzialismo, tra l'esigenza, da una parte, di dare alle cose un senso compiuto e definitivo che ogni poliziesco che si rispetti deve avere e, dall'altra, l'intervento del caso che invece scompagina tutte le regole del genere ("requiem per il romanzo giallo" è non a caso il sottotitolo del romanzo di Durrenmatt), a giudicare da tutto ciò si può dire che Sean Penn riesca alla fine a vincere la sua sfida di trasportare in immagini l'originale letterario di partenza. Come altri attori della sua generazione passati dietro alla macchina da presa, Penn sa dirigere con classica scioltezza narrativa ed innegabile perizia tecnica, senza né dilettantismi né esibizionismi d'autore, ma nel solco ben riconoscibile della tradizione hollywoodiana, a parte una predilezione per i tempi rallentati e per l'introspezione analitica che è di chiara matrice europea. Su ogni altra considerazione cinematografica prevale però, nella visione del film, l'ammirazione per la splendida prova interpretativa di Jack Nicholson, un vero mostro di recitazione che, messi da parte gli istrionismi che lo avevano spesso contraddistinto in passato, ci restituisce con sobria intensità un ritratto indimenticabile, quello di un uomo il quale, in un mondo sempre più cinico e opportunista, porta la sua rettitudine morale fino alle estreme conseguenze dell'autodistruzione e della pazzia.