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LARS E UNA RAGAZZA TUTTA SUA regia di Craig Gillespie

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oh dae-soo     7½ / 10  17/11/2013 17:40:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
spoiler pesantissimi già dalla terza riga

L'errore più facile che si potrebbe commettere con questo piccolo grande film canadese è farsi irritare dal
buonismo di fondo, notare nell'architrave della sceneggiatura soltanto gli elementi standard di certo cinema nordamericano come ad esempio, in questo caso, l'eccessivo aiuto che la comunità dà a Lars, l'ambulanza che parte per la bambola (assurdo), i fiori e le foto al funerale e così via. E' vero, in questo senso c'è un eccesso molto pericoloso che rischia di portare il film talmente lontano dalla realtà da fargli perdere potenza. Ma a parer mio si dovrebbe guardare oltre quello. Perchè questo è ottimo cinema d'autore, quel cinema cioè dove le tematiche affrontate e, soprattutto, come vengono affrontate, sono mille volte più importanti e più "forti" di certi clichè e snodi narrativi zuccherosi.
Ed è un film importante anche per chi, come me, era dubbioso che Gosling fosse un attore. Beh, qui è straordinario.
Ma quali sono queste tematiche?
La prima a mio parere è il concetto di felicità. L'argomento è spinoso e quasi tabù ma siamo sicuri che la felicità debba avere delle regole? O essere raggiungibile soltanto in determinate condizioni mentali? Lars, autistico, raggiunge la felicità con Bianca, una bellissima bambola in silicone. Lars ha una vita sociale inesistente, gli uomini gli fanno paura, tutte le loro dinamiche lo fanno sentire minacciato. Bianca invece diventa la ragazza ideale. Il problema è che per lui Bianca è totalmente reale, totalmente. Meglio allora essere felice attraverso modalità non socialmente accettate (il rapporto, non fisico attenzione, ma d'amore con una bambola) o essere infelici ma perfettamente inseriti nella società? Meglio essere felici dentro la propria malattia mentale o essere infelici da sani?
D'altro canto è indubbio come nel film, malgrado si narri con una tenerezza incredibile un rapporto "malato", venga fuori prorompente il concetto di calore umano. Calore nel vero senso della parola. Lars, infatti, quando viene toccato sente veramente quasi un bruciore, si ustiona con il calore umano altrui. E soltanto nel finale quando forse capirà che questo calore, quello lieve di un dito che si poggia nella sua mano o quello tropicale di un abbraccio, non è un calore ustionante bensì rassicurante, benefico, necessario, ecco che farà un primo passo per superare la propria malattia.
Malattia, e qui passo alla terza tematica a mio parere importante, che può essere superata in alcuni casi anche grazie al potere terapeutico della comunità. Probabilmente, anzi sicuramente, qui il film eccede un pò ma pone l'attenzione sull'importanza che può avere l'ambiente intorno a te nel vivere bene, per poi magari superarla, la propria malattia.
Strepitoso il personaggio della dottoressa in questo senso (con una grande, sempre grande, Patricia Clarkson ma tutto il cast dei 5 attori protagonisti è magnifico, io sono rimasto affascinato dal fratello, forse il personaggio più ricco di sfaccettature).
Incredibile che nessuno gli vada contro, nessuno lo umili o lo prenda in giro, una roba mai vista al cinema in questo tipo di storie. Ma non è importante. Quello che è importante non è il susseguirsi delle vicende ma le riflessioni che portano.
Bianca rimarrà sempre importante, la sua storia d'amore con Lars in ogni caso sarà quella più decisiva e indimenticabile della sua vita. Perchè non è importante il mezzo ma il fine. Se Lars supererà la propria malattia, se sopporterà la bellezza di un abbraccio, non importa il modo in cui ci sarà arrivato.
Ma esser lì.