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INTO THE WILD regia di Sean Penn

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ULTRAVIOLENCE78     7 / 10  11/02/2008 12:18:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La vera storia di Alex Supertramp, al secolo Christopher McCandless, raccontata in maniera un pò (troppo?) romanzata da Sean Penn, si atteggia come una vera e propria parabola che si conclude con un chiaro messaggio finale.
La critica alla malata società moderna, ordinata su valori fallaci, inutili feticci, false necessità, menzogne e ipocrisie (su cui Penn, nella prima parte del film, sembra calcare la mano con una enfasi a volte eccessiva), si pone come il riflesso di un interiore dramma psicologico riveniente da un travagliato rapporto con i genitori. Di qui il rifiuto radicale da parte del protagonista di tutto ciò che si fonda sulla falsità e sugli artifizi, attraverso una fuga tesa a riconquistare il naturale ordine delle cose e il rapporto "genuino" con la natura. Ma in questo viaggio iniziatico verso l'ascesi Alex farà diversi incontri che segneranno la sua "nuova crescita", in una sorta di palingenesi che, tappa dopo tappa, arricchirà l'animo del nostro viandante in uno scambio reciproco di amore. Nonostante ciò, Alex seguiterà nel suo intento di raggiungere l’Alaska, luogo deputato alla sua solitaria riconciliazione con la natura e la vita. Ma proprio l’agognata mèta e l’agognata solitudine riveleranno il loro aspetto più crudele e beffardo ad Alex il quale, in mancanza di mezzi, di aiuti e nella impietosa indifferenza della fauna circostante rispetto al suo dolore, giungerà alla verità strenuamente perseguita fino a quel momento, ma al prezzo della propria vita.
L’apogeo della tragedia coincide con un finale conciliante che ci mostra il pensiero di un uomo (Sean Penn) in pace con il mondo: quantunque le relazioni interpersonali siano tragicamente segnate da incomprensioni, dolori e cattive azioni, l’uomo non può fare a meno dell’uomo, poichè solo nella”condivisione della felicità” risiede l’essenza della stessa felicità.

Inevitabile il confronto con il superiore “Grizzly man” di Herzog, dove qualsiasi proposito “moralistico” lascia il posto ad un crudo realismo che ti investe con un impeto e una veemenza senza eguali.

Eccellente l’interpretazione di Emile Hirsch.