caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

JUNO regia di Jason Reitman

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     6½ / 10  04/12/2010 15:02:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Forse dovrei rivederlo, ma in sostanza questo è quello che avevo scritto pochi giorni dopo averlo visto nel "lontano" 2007:

Juno è sicuramente un film intelligente, ben scritto e molto divertente, ma sinceramente non condivido la (prevedibilissima) ondata di entusiasmo che ha investito pubblico e critica.

Con Little Miss Sunshine, bel film che però ha riscosso consensi francamente esagerati, sembra aver ormai preso piede un nuovo filone cinematografico, quello della commedia indipendente falsamente anti-hollywood, sulla cui onda è arrivato anche questo Juno. Sicuramente entrambi i lavori sono stati vittime (ovviamente più che soddisfatte) di una sopravvalutazione diffusa soprattutto da parte degli Awards minori e più di nicchia rispetto al colosso dell'Academy. E non si fa fatica a capire che è proprio su di essi che Diablo Cody (sceneggiatrice indipendente "pescata" dalla rete dallo Jason Reitman) e lo stesso Reitman volevano pigiare la mano. Del resto, i punti di forza di questo nuovo stile cinematografico sono la semplicità e la quotidianità di ciò che racconta in rapporto a temi importanti (era il fumo in Thank you for smoking, la morte - e l'omosessualità - in Little Miss Sunshine, la gravidanza qua), in cui tutti si possano riconoscere, l'utilizzo di un linguaggio gergale/familiare, l'impianto irriverente e sarcastico del come si racconta, la frizzantezza dei botta e risposta, ma soprattutto la forte volontà di apparire come "alternativi" rispetto ai canoni sia cinematografici che sociali di Hollywood e delle grandi città globalizzate. Piccole città di provincia, nuclei familiari modesti e semplici (il padre che vende condizionatori da generazioni, la madre che cuce gatti all'uncinetto), messi forzatamente in contrasto coi mondi estranei ad essi (il mondo delle baby-miss nel film Dayton/Faris, emblema della potenza dell'apparire nella società di oggi - l'abbiente famiglia mulino bianco ostinatamente perfezionista qua), persino i costumi, vestiti dozzinali e quasi ridicoli, l'aria sorniona di Paul Bleeker, le battute a raffica sempre irriverenti fino ad arrivare all'assurdo.

La trama piace e coinvolge, ma quasi per principio, e lascia la sgradevole sensazione di esser stato preparato ad hoc per un pubblico che si possa in esso riconoscere, come se i personaggi stralunati, paradossali ed un minimo grotteschi sembrino cercare diretta corrispondenza in chi guarda; sembra che Reitman, nel dubbio fra lo scegliere il dramma e la commedia brillante si sia gettato semplicisticamente nel mezzo donando il solito gusto agrodolce alla vicenda, risolvendo tutto in una risata o in una parolaccia.

Alla fin fine, promosso, ben costruito e soprattutto molto divertente, ma sicuramente un po' troppo artificiale. Si nota una certa forzata sincerità di fondo che cerca il consenso dello spettatore nel politically incorrect (una tendenza abusata fin troppo) che nasconde certi difetti che vengono a galla quando ormai l'entusiasmo "a caldo" scema e prevalgono l'occhio critico e razionale "a freddo".