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LA DOPPIA VITA DI VERONICA regia di Krzysztof Kieslowski

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amterme63     8½ / 10  01/09/2007 15:05:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Com’è difficile commentare questo film. Il significato è secondo me soprattutto estetico e sentimentale. La protagonista del film è l’arte, la sua magia, il suo grande potere di ammaliare gli occhi e il cuore, di fondersi in un incanto che porta fuori dal tempo, fuori dalla realtà, in un mondo ideale in cui impera il sentimento allo stato puro.
Il film fa subito capire che la realtà incide solo di striscio nel film, è un semplice sfondo che non interviene nelle vicende. Anche le immagini sono irrealistiche, soffuse come sono di colore ambra e ocra. Predominano gli interni poco illuminati e i paesaggi tardo autunnali. I sensi estetici sono molto stimolati da ogni immagine con le sue alchimie coloristiche e formali. Il ritmo è molto lento, calmo come a decantare l’animo da qualunque scoria della frenetica vita quotidiana; è un invito a degustare e a centellinare ogni piccola sensazione interiore. Le musiche poi fanno il resto.
Dentro questo mondo depurato, quasi fantastico, vivono i due personaggi speculari di Veronica. Il fatto che vivano due vite parallele (una in Polonia e una in Francia), collegate fra di loro, significa solo che il sentimento, l’interiorità è uno solo in tutto il mondo: il luogo non fa differenza, quando si tratta dell’animo umano le sue leggi e le sue reazioni sono universali. Esistono poi delle affinità elettive che fanno in modo che le persone si attraggano e si ritrovino, riuscendo anche a sconfiggere il caso e il destino.
Veronica vive solo di sensazioni pure: estetiche, amorose e morali. E’ un’idealità, un’utopia. E’ un dolce misto di gioia, malinconia, tenerezza, passione dei sensi, altruismo senza niente in cambio. Da dove viene questa sua natura? Qualche inquadratura di croci o chiese può suggerire che ci sia una presenza divina in tutto questo. In realtà sembra di capire che lei agisce per semplice istinto, senza pensarci troppo su. Poi la voglia di sessualità ha poco a che fare con la religione ufficiale. Tanto più che il rapporto con il padre è molto intenso, in maniera anche ambigua.
Alla fine rimane addosso allo spettatore (ben disposto) come una specie di rapimento/stordimento. E’ quello che probabilmente voleva il regista: risvegliare in noi per un’ora e mezza la capacità umana di godere della semplicità e della bellezza delle sensazioni, farci “annegare” dentro di essa (come Leopardi con l’Infinito). Solo che è difficilissimo mantenere questo stato d’animo per il resto della giornata e quel genio di Leopardi lo aveva capito benissimo e ha avuto il coraggio di non nascondersi di fronte alla realtà (come forse fa Kieslowki in questo film).