ULTRAVIOLENCE78 7½ / 10 03/09/2008 21:47:38 » Rispondi Mi trovo in seria difficoltà a commentare un film come la “Doppia vita di Veronica”, indeciso se considerarlo un’opera riuscita solo in parte perché appesantita da un’eccessiva ricerca estetizzante o un capolavoro assoluto in cui la forma si sposa alla sostanza in una sintesi sublime tra estetica ed etica. Mi trovo altresì in difficoltà nell’affrontare una materia (apparentemente?) complessa, nella quale Kieslowski ha riversato un fiume di significati, simbolismi, metafore e quant’altro, che conducono tutti a un unico tema: il doppio. Al termine del film ho avuto una sensazione di smarrimento dettato, probabilmente, da un lato dalla mia incapacità di penetrare fino in fondo il senso ultimo dell’opera (ma forse ciò deriva dalla percezione del non-senso degli accadimenti della vita che essa stessa, nel suo presunto essere incomunicabile, vuole trasmettere), e dall’altro dalla bellezza delle immagini, a volte quasi esasperata, ma che in taluni punti tocca incommensurabili vette di lirismo (la sequenza dell’amplesso è di una sensualità e al tempo stesso di una levità straordinarie; mentre l’ultima scena, nella sua intensità emotiva, riesce a toccare le corde profonde del cuore). A dir poco avvolgente l’atmosfera che Kieslowski ha saputo riprodurre grazie all’uso sapiente delle luci (si può dire che egli sia un vero e proprio maestro negli effetti cromatici, come peraltro ne è manifesta conferma la “trilogia dei tre colori”) ed alle stupende musiche di Zbigniew Preisner. La “Doppia vita di Veronica” è in definitiva un film che lascia un senso di vuoto e di impotenza di fronte all’imperscrutabilità del Fato (il cui agire incontrollabile e imprevedibile segna l’inizio e l’epilogo del “Decalogo”), ma che nel contempo riesce a infondere una profonda serenità nel mostrare un “duplice” susseguirsi di eventi che, seppur dolorosi o incomprensibili, vengono accettati per quello che sono. Così il “doppio”, tanto enfatizzato e tanto sviscerato, riconduce alla unicità e irripetibilità dell’esistenza del soggetto. Si tratta certamente di una pellicola che merita più di una visione, così come del resto tutte le opere del compianto regista polacco; ma per il momento nel mio dilemma interiore, e in attesa di rivederla un’altra volta, mi mantengo su una votazione positiva ma non esagerata.