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IL CASTELLO DI DRAGONWYCK regia di Joseph L. Mankiewicz

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Crimson     7½ / 10  02/09/2011 02:38:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Spoiler presenti.

Gotico e inquietante, l’esordio di Joseph L. Mankiewicz segna il ritorno della coppia Vincent Price e Gene Tierney a due anni di distanza del bellissimo 'Vertigine' di Otto Preminger.

Per quanto concerne il meccanismo della tensione il film in qualche modo deve molto a 'Rebecca' e 'Il sospetto' di Hitchcock, o a 'Gaslight' di Cuckor, ma al tempo stesso tratteggia con una discreta sostanza un’escalation psicotica che sembra porre le proprie radici in un male congenito.
La condizione agiata è il male oscuro contro cui Nicholas non ha gli strumenti per combattere e verso la cui perpetuazione protende in uno sforzo che perde di umanità in favore di una crescente fascinazione diabolica.

Splendide alcune sequenze in cui appare netta la differenza della diffusione della luce negli interni del castello, specialmente sui volti.
Un sapiente gioco di contrasti che accresce l’ambiguità di Nicholas.
La stupefacente interpretazione di Vincent Price arricchisce questo carattere.

Miranda scopre di aver spinto il proprio desiderio di amore nell’idealizzazione di un uomo che ha sposato in virtù di un’immagine precostituita.
Eccesso di fideismo che veicola un po’ troppo il tentativo del film di connotare la reazione, o meglio la spiegazione che Miranda fornisce a se stessa per giustificare la condotta degenerata di Nicholas.
Finisce col tornare alle origini e in tale scelta riabbraccia il dogmatismo del padre che sembrava aver mal tollerato a lungo. O forse quest’ultima era la speranza dello spettatore?
Gene Tierney è strepitosa nella parte di questa donna timorata di dio, ingenua e testarda nel rivendicare con orgoglio le proprie origini.
Un personaggio che in me suscita una solidarietà null’altro che tenue.
Ne 'Il filo del rasoio' (bellissimo) girato nello stesso anno (1946), la Tierney caratterizza un personaggio ancor più irritante e molto negativo, con la consueta eccellente destrezza.

Da sottolineare infine i personaggi marginali che contribuiscono in modo non determinante, ma intelligente, a stuzzicare la curiosità dello spettatore attorno alla figura misteriosa di Nicholas: la figlia trascurata (perché non è un maschio, si scopre non troppo tardi), che domanda a Miranda se il padre sia simpatico e mostra quasi di non conoscerlo. E’ la prima ad avere le allucinazioni (peccato che questo elemento “paranormale” non diventi un leitmotiv, per essere ripreso solo nel finale).
La domestica Magda, senza peli sulla lingua, racconta a Miranda (e allo spettatore di riflesso) le leggende che aleggiano sul castello.
La cameriera zoppa, la cui deformità provoca il disgusto e la repulsione di Nicholas. E’ un elemento destabilizzante che arricchisce la sfumatura psicotica del protagonista negativo di questa vicenda, alle prese con un crescente delirio di onnipotenza in cui predominano la perpetuazione della propria immagine e il rifiuto di ciò che non combacia con la sua idea di perfezione.

Curioso come il film sia ambientato esattamente un secolo prima rispetto a quando è stato girato (su un documento si legge 1846).