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CAOS CALMO regia di Antonello Grimaldi

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7 / 10  13/02/2008 00:19:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Premesso che il miglior Moretti "senza che faccia Moretti" resta "La seconda volta" di Calopresti, mi accingo a commentare questo film controverso, dal "gusto" squisitamente francese, ma in fondo più Morettiano di quanto possa sembrare. L'idea di un universo che ruota attorno a Pietro Paladini alla sua rielaborazione del lutto e a tutto quello che lo circonda (che circonda il Se stesso) è davvero intrigante, e Grimaldi riesce a realizzare un film che è a tratti prevedibile e allo stesso tempo antitetico alla funzione del cinema e ai luoghi comuni dei prodotti del genere.

Prima di tutto, non è un percorso esistenziale in stile "La stanza del figlio" ma un non-luogo dove il malessere si esprime compiutamente nella toccante sequenza del protagonista che in automobile ha una sintomatica crisi di pianto.
Eppure il malessere potrebbe essere ampliato ad altre funzioni, come la scomoda (e inutilmente discussa) sequenza sessuale, dove predomina un forte senso di annientamento, di sensi logorati, di rivalsa o di rimorso.
Altrettanto incisive "le cose che so di Lara" (cit.) - incrocio tra Woody Allen e le playlist di Nick Hornby, o la bellissima sequenza dei genitori che vanno a prendere i figli da scuola (con la mdp che immortala dall'alto i movimenti di padri madri e figli).

Eppure per certi versi il film lascia perplesso: questo è un Moretti rappacificato con se stesso, vero, ma anche profondamente "onesto" verso il mondo borghese che un tempo avrebbe attaccato duramente.
Nondimeno, certe sequenze surreali o simboliche (la partita iniziale di Tennis, la breve invettiva sul cinema italiano in crisi, l'inseguimento del cane, gli spinelli) appartengono paradossalmente più al cinema Morettiano di tanti anni fa (cfr. Bianca, La messa è finita, Palombella rossa) che all'intimismo affettivo delle prove più recenti.

Lascia perplessa la figura della zia e, quindi, un lutto elaborato sullo sfondo di una coppia (quasi) aperta (borghese?), o una morte accidentale che avrebbe richiesto un dolore più tradito e meno represso dal freddo binomio figlia-affari-fusione-donne occasionali.

Non mancano certo spunti di grande interesse, e sicuramente (checchè ne dicano molti) questa è la migliore interpretazione di Moretti di sempre: sofferta ma mai sopra le righe, controllata e spontanea.

Resta un film che è difficile amare incondizionatamente, ma proprio per la sua apparente aridità capace di dire cose semplici senza decontestualizzarle. Peccato solo che un finale furbetto e una lentezza fin troppo specifica e complessa portino lo spettatore a reclamare una maggiore elasticità: proprio quella che il regista vuole ad ogni costo evitare
pier(pa)  11/03/2008 13:37:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Commento stupendo. Sono d'accordo, questa è la migliore interpretazione di Moretti.