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RITRATTO DI SIGNORA regia di Jane Campion

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amterme63     7 / 10  18/02/2010 22:24:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si sconsiglia questo film a chi ama azione, suspense o avventura. Del resto anche chi ama i film sentimentali non resterà molto entusiasta. Rimangono gli appassionati dei film introspettivi, ma anche loro penso che avranno da ridire. Chi potrebbe rimanere soddisfatto sono probabilmente i cultori della bella immagine, elegante e colorata; da questo punto di vista la regista di “Lezioni di piano” non delude affatto, anzi si rimane letteralmente a bocca aperta davanti alla perfezione estetica di alcune inquadrature.
L’argomento del film sono i problemi e le traversie che deve affrontare una figura femminile intelligente ed emancipata (uno dei temi preferiti dalla Campion).
La storia è la trasposizione di una novella di Henry James, che purtroppo non ho letto. Ho avuto però l’impressione, vista la quantità di dialoghi anche brillanti, che il film sia una trasposizione fedele (fin troppo) del testo scritto. L’attenzione forse eccessiva ai fatti e ai dialoghi smorza l’introspezione nei caratteri e l’emotività delle scene. Non si riesce mai a venire del tutto coinvolti, manca un aggancio profondo con l’animo dei personaggi; c’è solo un’unica scena verso il finale (Isabel che finalmente riconosce il valore dell’amore di suo cugino) che veramente emoziona e colpisce. Tutto il film poggia sulle spalle della recitazione della Kidman, la quale si fa in quattro per dare espressione e spessore al suo personaggio. Bisogna darle atto di grande bravura.
Comunque pure la Campion i suoi sforzi espressivi li ha fatti. Prima di tutto si è avvicinata enormemente allo stile classico rispetto ai suoi primi lavori. Il montaggio a “spezzatino” qui è molto più controllato e perciò la storia è più coordinata e intelleggibile, meno dispersa in fatti a volte secondari. Finalmente ha deciso di fare uso (anche se molto parco) di sogni, di scene simboliche che spiegano più di qualunque dialogo.
L’unico grave, gravissimo difetto è di avere completamente trascurato l’ambiente in cui si muovono i personaggi, di non avere assolutamente caratterizzato la società e la vita di tutti i giorni. Sembra quasi che tutta la storia si svolga in una specie di limbo atemporale e che i personaggi non facciano altro tutto il giorno che pensare ai principi guida della loro vita.
La Campion poi mescola l’800 con il 700, dando al racconto una strana atmosfera da racconto libertino (come non pensare al superbo “Le Relazioni Pericolose” vedendo John Malkovich fare il seduttore cinico).
Con questo film ci si rende conto come la Campion sia inferiore rispetto a gente come Ivory o Ang Lee, loro sì grandi maestri dell’introspezione e della partecipata e finissima rappresentazione dell’eterno conflitto fra i sentimenti degli individui e le pressioni della società.