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INSIDE - A L'INTERIEUR regia di Alexandre Bustillo, Julien Maury

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Woodman     7 / 10  13/08/2014 15:28:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ora mi posso pure rilassare.

Al di là di ogni pretenziosa o falsa implicazione,
di ogni forzatura,
delle presunte sterilità,
della banalità,
dell'irritazione,
del puntiglioso lavoro sull'immagine, di modaiolo e facile stoicismo, a scopo sensazionalistico, effettistico atto a creare un'atmosfera più d'accatto e di tendenza che una vera e sentita cupezza,
al di là della trametta esile, del resto prerogativa di molti horror passati ai posteri, magistrali, esemplari, scolpiti negli annali e nelle antologie,
al di là della primaria intenzione alquanto furbesca e discutibile di scioccare e basta, anteponendo la ributtanza e lo shock alle presunte metafore, smarrite per strada, sacrificate vigliaccamente al santo potere del rassicurante e seducente autocompiacimento visivo,
al di là di TUTTO QUESTO,
quest'opera mi ha divorato, mentre l'ho divorata.

Una pianta carnivora letale e terribile.

Soffocando tutto in virtù di una violenza totalizzante e variopinta (goduriosa, compiaciuta, astratta, strabiliante, sconvolgente, insostenibile, pittoresca, becera, gratuita, esorbitante, iperbolica, deprimente, inverosimile), l'opera ne guadagna in intrattenimento, ed è salva grazie alla poca pretenziosità e al quasi assente velleitarismo.
Chi lo stronca in base all'effimera ed esile struttura sbaglia alla grande. In fondo il film altro non fa che seguire e rispettare la lezione dei predecessori storici, da quando in qua in un genere che fa della visione e dell'immagine la carta vincente e l'elemento primario del suo adempimento e realizzazione, ha bisogno di una solidità fissa, univoca e didascalica? Di una verosimiglianza accomodante che metta d'accordo tutti? Specie poi viste le tonnellate di film cult o addirittura capolavori di neologismi e invenzioni epocali che, di fatto, hanno il medesimo schemino del film in questione?
E che hanno riscritto la grammatica del genere, fra l'altro.

Una donna, la cui identità è intuibile da subito, penetra nella casa soffusa e morbida di una vedova incinta e le dà una lezione di macelleria indimenticabile e indefinibile in un unico termine, tentando di portarle via dal corpo il bambino (stupidamente ma non poi così inutilmente mostrato all'interno della donna, computerizzato in modo effettivamente brutto).
Nessun colpo di scena vero, nessuno sbalzo emotivo eccezionale, bensì una messa in scena irrigidita e glaciale sin dove possibile, dove la parte del leone la fanno le due protagoniste: come si fa, per quanto malatissima, a non simpatizzare con la grande Dalle, la cui leggendaria fessura fra gli incisivi ospiterebbe due elefanti?La comprimaria è odiosa dal primo minuto.
Finale splendidamente reso, che chiude coerentemente un'opera non del tutto priva di ambizioni ma dichiaratamente effettistica e volutamente scioccante.

Avendo dalla sua il carattere fantastico e sospeso che la eleva a discesa putrescente e marcificante negli abissi di un inferno dantesco

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER, la pellicola è esente dai connotati veristi che erano propri di pellicole horror terra-terra ben più ambiziose ma irrimediabilmente velleitarie.
Attraverso il clima creato e voluto, nonostante la patina, si giunge ad un climax sfiorante l'astrazione pura, il mito, scoperchiando così, assieme al ventre immolato della giovane madre, la sua propensione all'aggiornamento della tragedia classica.
Se i filtri possono irritare, l'intenzione resta ammirevole, e il film è in definitiva un corollario di atrocità estreme e terrorizzanti, funzionali al ritratto della violenza, insomma alle ossimoriche valenze della violenza cinematografica, la violenza vista al Cinema dall'alba dei tempi.
In tal senso si rivela perfino interessante e utile a livello storico-sociologico-mediatico-comunicativo, e con che libertà!
Senza il fardello della denunica o del "vorrei ma non posso", l'esordio dei due fratelli si trascina all'impazzata in una fluida s*****ttata di immagini, non senza pause statiche e rantolanti, fors'ancora più truci e folli dell'esibizione sanguinolenta.
A modo suo, nella sua modestia, un film riflessivo, che ammalia e invita alla contemplazione dei suoi contrasti visivi, in primis la morbidezza visiva, intorbidita da un'emoglobina oceanica con divertimento fanciullesco, lasciando intendere che fra l'eccesso inondante ci siano chiavi di lettura precise.

Senza tradirne troppo il ruolo sfoderando interpretazioni tutto sommato personali e perdipiù caldissime, posso dire che "A l'interieur" è un ottimistico sintomo di rinascita per il genere, che sta trovando, grazie a questi benevoli francesi, nuovi corpi, menti, carni, forme ed espressioni.
Specifico: SINTOMO, non rinascita effettiva.
C'è una lucina lontana.