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L'ODIO regia di Mathieu Kassovitz

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     10 / 10  26/10/2010 17:12:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
«È la storia di una società che precipita e che mentre sta precipitando si ripete per farsi coraggio "fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene". Ma il problema non è la caduta, ma l'atterraggio»

«L'odio chiama odio, Vinz.»

«Guido un'autodafé, in cattiva compagnia soprattutto se sto solo, negativo come i G in una picchiata, prendo il volo, salgo, stallo, e aspetto il peggio: che non sta nella caduta, ma nell'atterraggio, come dice Hubert» (Frankie Hi-Nrg - Autodafé)

Sicuramente un capolavoro degli anni '90, La Haine è la storia di tre ragazzi delle banlieues parigine pieni di rabbia e di rancore repressi dentro sé. Il mito cinematografico del sogno americano "traviato" di Tony Montana, fatto di potere, rispetto e malavita ("Le monde est à vous"), e della rivolta dell'alienato e depresso Travis Bickle di Scorsese nei confronti di una società malata e corrotta (Cassel di fronte allo specchio), rivive nelle menti di questi giovani, ed in particolare in quella di Vinz, che non vedono futuro né speranza in una vita di strada circondata solo da violenza, rivolte ed abusi di potere da parte della polizia, in una società ormai satura di odio reciproco sul punto di esplodere.
Prendendo spunto dalla vera vicenda di un ragazzo ucciso per sbaglio dalla polizia, ed anche un po' le mosse dai film a sfondo razziale del primo Spike Lee, il regista affronta una tematica importantissima quasi come in una tesi argomentativa, al tempo stesso filosofica e sociale, sul concetto e sul problema dell'odio: solo guardando questo film ci si può rendere conto di quanto Kaye sia stato debitore a Kassovitz, imparandone e rielaborandone la lezione, nel girare American History X (nelle tematiche, nella "morale", anche nell'uso del b/n, anche se con una funzione diversa).
Malgrado lavorando con una trama tutto sommato povera di avvenimenti, Kassovitz dirige con un tratto documentaristico perfetto, asciutto, straordinariamente distaccato ed intelligentemente privo di alcuna faziosità, e con uno stile registico a dir poco meraviglioso nel suo uso azzeccatissimo, potente e affascinante al tempo stesso, del bianco e nero.
I movimenti di macchina, le scelte d'inquadratura e la fotografia sono pregne di una perfezione formale da applausi, e le interpretazioni, specialmente quella di un Cassel indovinatissimo per la parte, sono straordinarie e molto sentite (bravissimi Taghmaoui e Koundé). Tutto sommato c'è poco da dire per un film le cui immagini valgono più di centomila parole.
Un gioiello raro. Uno dei migliori film che abbia mai visto.

«Suppongo che a questo punto dovrò dirle cosa ho imparato, la conclusione, giusto? Bè la mia conclusione è che l'odio è una palla al piede, la vita è troppo breve per passarla sempre arrabbiati, non ne vale la pena.» (Danny Vinyard - American History X)