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SUKIYAKI WESTERN DJANGO regia di Takashi Miike

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8½ / 10  21/10/2009 15:38:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Esagerato e sopra le righe ,ispirato come il miglior Tarantino in salsa wasabi,Takashi Miike si immerge nel genere western con il suo caratteristico e sbaloriditivo approccio visivo/contenutistico,esaltato da una fotografia splendida e da movimenti di macchina sempre straordinari.Fiotti di sangue,violenza,gag comiche,amore,morte e un pizzico di poesia si intrecciano in questo omaggio agli spaghetti western,celebrati in maniera evidente sin dal titolo,dove al tipo di pasta più famoso al mondo viene sostituito il sukiyaki,pietanza tradizionale nipponica.
Miike regala agli appassionati una parodia rispettosa,che sottolinea la grande ammirazione per pellicole che hanno segnato indelebilmente l’immaginario del regista.Lo spirito burlone e citazionista di Tarantino volteggia pesantemente nell’aria,e il regista americano addirittura appare in carne ed ossa anche in tre brevi sequenze.Quella di apertura,molto divertente e tutta da gustare,a seguire in un flashback che rivela importanti risvolti narrativi,quindi nei panni di un avvizzito vecchietto.
Miike questa volta si diverte a citare a mani basse senza fortunatamente elargire in maniera gratuita.Il suo stile pieno e possente ci trascina in un paesino del Nevada,un luogo in cui la tradizione giapponese si mescola ai più celebri stereotipi del cinema di frontiera,ove è in atto una guerra tra due fazioni le quali si contendono un fantomatico tesoro.L’arrivo in città di un pistolero dalle qualità fuori dal comune cambierà le cose.Inutile dire che lo spunto di partenza è ripreso da “Un pugno di dollari” di Leone o se volete (per giustizia cronologica e non) da “L’ultimo samurai” di Kurosawa, per poi progredire in una narrazione piena zeppa dei più disparati rimandi che dallo scontato Django passano per il leggendario poncho di Clint Eastwood ,fino a raggiungere i caratteristici anime arrivando sino a Shakespeare e spingendosi oltre,addirittura fino al Signore degli anelli,con lo sceriffo del paese afflitto da uno sdoppiamento della personalità simile a quello di Gollum.Non manca neppure un’autocitazione ripresa dal primo “Dead or alive”, con lo straordinario duello finale immortalato in una sequenza di una bellezza estasiante.I personaggi sono ovviamente macchiettistici e grotteschi come spesso accade nelle pellicole di Miike,ma non per questo evanescenti,l’atmosfera fumettosa che si respira infatti rende qualsiasi diavoleria accettabile con la massima serenità.
Geniale l’epilogo in cui ci si ricollega al “Django” di Corbucci,come avessimo assistito ad un prequel a dimostrazione che davvero nulla è lasciato al caso.
Qualche lungaggine un po’ compiaciuta e alcuni momenti morti non mancano, ma sono inezie davanti ad una simile capacità espressiva che se ne infischia di convenzioni e regole,confermando il buon Takashi come talento puro e cristallino.