Venom88 7½ / 10 30/08/2012 13:29:27 » Rispondi Il blockbuster più violento della storia del cinema - spacciato per un cult fantascientifico - è, in realtà, il più brutale e cinico poliziesco partorito negli anni 80. Paul Verhoeven, alla sua prima esperienza hollywoodiana, dirige una delle pellicole migliori della sua filmografia, frullando satira politica, ultraviolenza e azione, alternando ai momenti altamente drammatici, situazioni al limite del grottesco. La regia dell'olandese è ottima, così come la performance di Peter Weller, capace di regalare un pathos notevole al suo cyberg-poliziotto. Il cuore pulsante del film, rimane comunque lo script caustico di Neumeier e Miner: i due sceneggiatori non si risparmiano e massacrano la società americana, in particolar modo i rampanti managers, yuppies disposti a tutto pur di raggiungere l'obiettivo prefissato, nascondendo le loro debolezze e i loro crimini dietro un'immagine patinata ( Bret Easton Ellis deve aver apprezzato questo film). Oltre a prendere per i fondelli l'America-pensiero del "più grande è, meglio è", la sceneggiatura offre altri spunti interessanti: la morte e la conseguente resurrezione di Murphy, sembra quasi ispirata a quella di Cristo; in una possibile unione tra uomo e macchina chi prevarrebbe? Sembrerebbe l'uomo, visto la furia vendicatrice con la quale Murphy trucida i suoi aguzzini. Vale a dire: tu hai fatto del male a me e io ne faccio a te. E questo è, e rimarrà sempre, un sentimento insito nella natura umana, relegando la macchina (in questo caso il corpo robotico) ad un ruolo di mero attrezzo, atto solamente a ricevere ordini. Altro punto forte dell'opera è l'uso della violenza, mai fine a se stessa e (problema che ebbe invece il sequel) necessaria a rappresentare lo squallore e l'alta criminalità che rendono, questa Detroit, un'inferno sulla Terra. Il film americano più riuscito di Verhoeven.