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DANTE 01 regia di Marc Caro

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oh dae-soo     3½ / 10  10/01/2011 15:29:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE. il commento potrebbe contenere anticipazioni.

Se ho una qualità (o forse difetto?) è quello di andare sempre dalla parte del regista, cercare di capirlo, apprezzare tutto quello che ha fatto di buono, pensare sempre alla sua buona fede,vedere sempre in un film il bicchiere mezzo pieno, approcciarmi con l'animo di salvare il salvabile od esaltare l'esaltabile e non distruggere, stroncare, dubitare.
Ora, con Dante 01, per quanto possa essere buono o comprensivo non riesco comunque a non condannare con tutte le mie forze il lavoro di Marc Caro (sceneggiatore con Jeunet degli ottimi Delicatessen e La Città Perduta) sia sul piano registico che su quello narrativo ma, soprattutto, su quello metaforico.
Basterebbe la regia per massacrarlo. Un'infinità di ralenti, sfuocature, movimenti della m.d.p da mal di testa, visioni, tutto per immedesimarci, senza riuscirci per nulla, nella mente e nell'andatura claudicante del protagonista, il detenuto San Giorgio (sigh) arrivato con una navicella spaziale sulla stazione orbitante Dante 01, in cui altri 6 pazienti sono detenuti come cavie per esperimenti psichici. Siamo nel futuro? Naaa, poi vedremo. Per quanto riguarda il fastidio, non possiamo non dimenticare le interminabili e assurde sequenze computerizzate con le quali vediamo cosa succede all'interno dei corpi dei detenuti, vuoi un cuore pulsare, vuoi il vagare di una cura che gira per vene e arterie fino ad attaccarsi alla corteccia. "Siamo fatti così" aveva in questo molta più qualità. A livello narrativo Dante 01 è un film completamente fermo che ricicla in continuazione se stesso. Una stessa sequenza o situazione è ripetuta sempre 2,3 volte (l'arrivo del gas, le risse, San Giorgio che barcolla per i corridoi, i dialoghi tra i medici, le sopracitate scene "vascolari") tanto da creare una noia che neanche un film drammatico afghano potrebbe suscitare.
Il capolavoro però è nella sfrontatezza che Caro ha nel suo gioco metaforico. Ovvio che già i nomi (San Giorgio, Cesare, Budda, Caronte etc...) ci avevano portato in una dimensione sottotestuale della quale affannosamente cerchiamo di capire qualcosa, ma il finale, il finale, magari ritenuto da tanti geniale è invece quanto di più spocchioso, megalomane ed esagerato si possa vedere. Oltre a creare dei buchi di sceneggiatura enormi (avevano già fattezze umane? parlavano già la nostra lingua? avevano apparecchiature avanzatissime e altre medievali?) dà a Dante 01 una dimensione creazionale, messianica, divina, che stona come cioccolata sui maccheroni. Semplicemente tutto quello che c'è e avviene sulla navicella non può essere prima dell'Uomo, non c'è una minima parvenza di credibilità. Caro ha giocato a fare il Kubrick ma non ha nè una mano nè una testa lontanamente paragonabile al Maestro.