Alpagueur 9 / 10 01/10/2020 19:58:44 » Rispondi 4 mosche è il terzo film diretto da Dario Argento, che e conclude la sua brillante "trilogia animalesca" dopo il film d'esordio L'uccello dalle piume di cristallo e il successivo gatto a 9 code. In questo film Argento sembra davvero più sicuro di sé e si spinge più avanti coi suoi talenti di regia rispetto ai due film che l'hanno preceduto, lasciandosi alle spalle le influenze hitchcockiane e intraprendendo una sua strada (anche se in realtà la caduta di Dalia dalla scala gradino per gradino con tanto di ferita alla fronte rimanda alla famosa scena di Psyco). Questo film è molto più complesso e surreale e getta le basi per i film di maggior successo che lo seguiranno, vale a dire Profondo rosso e Suspiria. Anche se mi sono davvero piaciuti i suoi primi due film (molto il primo, meno il secondo), questa è la nascita del cinema più surreale e onirico che diventa il marchio di fabbrica di Argento. Usa anche molte tecniche di ripresa sperimentali per la prima volta qui (che verranno sperimentate ancor di più nel suo capolavoro Profondo rosso). Ad esempio, 4 mosche ha una scena al c.d. "proiettile rallentato" molto suggestiva straziante e dal fortissimo impatto visivo, condita da una dolcissima melodia di Morricone. Usa soggettive originali (corpo contundente/omicidio del complice... siringa col veleno blu/omicidio dell'investigatore privato), scene elaborate, riprese lunghe (la scena fantastica in cui il personaggio principale insegue il suo stalker) e sequenze oniriche, che presto diventeranno i suoi marchi di fabbrica. 4 mosche è anche più oscuro e inquietante dei film precedenti. Mentre i primi due film della trilogia erano più simili a thriller psicologici o misteri dell'omicidio, questo è molto più vicino al regno dell'orrore, con un manichino malvagio che ricorda in qualche modo quello della saga di Saw. La storia è il classico plot giallo con omicidio e "who has done it" (chi l'ha fatto?), ma il modo in cui è girato è notevolmente diverso e Argento ci mette davvero il suo timbro personale. La storia è quasi come l'altra faccia della medaglia de L'uccello, in cui il protagonista è testimone di un omicidio e deve trovare l'assassino. Qui il nostro personaggio principale affronta uno stalker e lo uccide accidentalmente durante una lotta con un coltello, ma il protagonista è stato seguito da un fotografo che cattura l'intero evento e lo inquadra. Viene quindi tormentato e ricattato per l'incidente e deve capire chi sia il suo aguzzino. 4 mosche è uno dei film meno discussi di Argento, ma mostra che il regista ha davvero raggiunto il suo apice. Direi che è sicuramente il migliore della trilogia degli animali.
Così come in Profondo rosso, anche qui il regista romano da allo spettatore un elemento per poter risalire all'assassino... nella scena notturna del parco, la domestica Amelia per sfuggirgli si infila in un interstizio strettissimo e, pur essendo magra, si sfregia brutalmente braccia e viso, è quindi evidente che solo una persona ancora più magra di lei avrebbe potuto seguirla li in mezzo senza riportare, il giorno dopo, alla festa con gli amici, alcuna ferita evidente. Inoltre finalmente l'assassino programma un suo piano, aspetta lui l''occasione (statisticamente probabile e possibile... quante volte abbiamo incontrato per strada una persona che ci ricordava qualcuno conosciuto in passato?) per iniziare a colpire e, solo dopo, elimina gli scomodi testimoni. Ma dietro c'è una fredda e lucida programmazione, maturata nel tempo. Insomma una sceneggiatura convincente, i delitti sono forse i più terrificanti di tutta la filmografia di Argento (emblematico il drammatico tentativo a vuoto di Arrosio, fallimentare detective, di rialzarsi dopo essere stato punto al cuore nei bagni della metro, che dopo che l'assassino gli sussurra "congratulazioni... avevi indovinato" muore col sorriso sulle labbra per aver finalmente risolto il suo primo caso, lui che credeva così fermamente nel calcolo delle probabilità). Anche il sogno ricorrente di Roberto, che verrà svelato sempre di più col degenerare degli eventi, col boia con scimitarra che prima punzona sul collo con uno stiletto sottilissimo per irrigidire i muscoli della nuca per poi decapitare più facilmente il condannato a morte, in una pubblica piazza in Arabia Saudita, con una fotografia volutamente sovraesposta (Di Giacomo), è molto suggestivo e significativo (alla fine Roberto, nonostante tutto, si renderà conto di volere ancora bene alla moglie e, realizzato che il sogno pemonitore era riferito a lei e non a lui, cercherà di avvertirla, ma sarà troppo tardi). Memorabili anche i battiti del cuore, scanditi durante le sequenze iniziali in alternanza alla musica rock, soprattutto i primi colpi di batteria. L'ultima immagine impressa sulla retina di Dalia è di fantasia, un furbo escamotage per collegare il titolo a un elemento tangibile del film (il medaglione) e sembra funzionare molto di più rispetto all'uccello dello zoo e soprattutto alla metafora delle 9 code di un ipotetico gatto per arrivare, afferrandone anche solo una, alla soluzione dell'enigma. Stupendi anche i flashback dell'ospedale psichiatrico (saranno ripresi più avanti in Phenomena), con le caratteristiche celle imbottite di cuscini bianchi. Ma il vero colpo di genio del film è la somiglianza delle fotografie dei due uomini, scoperta da Arrosio