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IL GIARDINO DI LIMONI regia di Eran Riklis

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  13/01/2009 18:27:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non avrei mai immaginato che in un film sull'eterno conflitto tra ebrei e palestinesi facesse perno il tema della solidarietà femminile.
"Il giardino dei limoni", oltre ad essere un film splendido, sancisce emotivamente la superiorità della donna sull'uomo, che è un pò quello che molti sperano o vogliono credere in questo mondo di infinite lacerazioni.
E quello che colpisce è proprio la straordinaria alchimia tra due donne così differenti, l'empatia degli sguardi che intercedono in vari frammenti, quel soffocante ma urgente bisogno di "rivelarsi" e vincere le reciproche differenze sociali, religiose e culturali.
L'attrazione di Salma verso il suo giovane avvocato mi sembra un'inutile concessione al grande pubblico (siamo lontani dal rigore etico di Amos Gitai) ma diversi momenti del film sono di prim'ordine: Salma che appaga finalmente la sua femminilità con i capelli sciolti e il trucco (esorcizzando i vincoli con uno smodato bisogno di occidentalizzarsi) , la festa a casa del primo ministro davanti all'impossibile confronto territoriale con la propria (ossessiva) incolumità, o l'epilogo - ideologicamente durissimo - davanti a un muro che continua a dividere per secoli di lotta, xionismi e difese territoriali.
E magari anche i palazzi di giustizia israeliani, quasi kafkiani nella loro difficile dipendenza "alla democrazia: come dimostrano le ultime, vergognose rappresaglie di Israele l'arroganza della Democrazia assoluta che, con tutte le buone ragioni del mondo, esibisce un'incoscienza morale senza fine (soprattutto alla luce dei recenti, tragici eventi del mondo).
Alla fine però la vera solidarietà va alla moglie del ministro, per l'incomprensione coniugale e culturale che vive, nell'utopia irrealizzata della propria coscienza sconfitta: perchè ci siamo anche noi, con lei, soprattutto davanti a tutto quanto sta accadendo in questi giorni.
Intendiamoci, Riklis sceglie la carta poetica rispetto alla rabbia e al lirismo, ma restano due splendidi ritratti di donne contemporanee, con i loro affetti smarriti ed estinti, con il sentimento più negato e radicale, la speranza di una comunità che non diventi mai una zona di territorio