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LA RABBIA DI PASOLINI regia di Pier Paolo Pasolini, Giovannino Guareschi

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6½ / 10  13/10/2008 19:52:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Trafitto, lapidato, sconfitto, esiliato, eliminato, occultato, censurato probabilmente Pasolini è morto davvero in circostanze ben diverse da quelle che tutti osano riconoscere... sarebbe divertente sapere cosa sarebbe oggi un film come questo, in anni di conformismo imperante, dove la figura dell'intellettuale "scomodo e oltranzista" (ehm radicale nella sua foga al punto di svilire anche il nostro bisogno di frivolezza, da comuni mortali... chiuso nella sua illuminata inquietudine) non solo è del tutto scomparsa, ma è tremendamente antitetica e poco cool.
Penso a "quel tempo che fu una... vittoria che vinse vinti e vincitori" (cfr) oppure alla "verità che è diventata un dolore", ed esprime la summa di tutte le coscienze del XX Sec. o dell'intera storia moderna dell'umanità, persa tra i meandri della morte e il bisogno di guerra, di religione/spirito prefabbricato ("L'oscurità della coscienza non richiede D.i.o bensì le sue statue"), pure di illusioni rivoluzionarie tardive, di nostalgie monarchiche, di miti sopraffatti (Marilyn) "uccisi dalla loro inutile bellezza".

A dire il vero, il film non è più di un attendibile documento ma ascoltare una "voce" come la sua, di questi tempi, è un pò come trovare il Sacro Graal originale nella soffitta di casa.

"La rabbia" soffre di un certo didascalismo, a tratti l'uso della poesia combinato alle immagini, per quanto evocativo, è prolisso, e il montaggio risulta inevitabilmente frammentario e schematico: ma non è per i suoi meriti tecnici che "La rabbia" merita una visione, tutt'altro.

C'è qualcosa, come negli episodi inediti di "L'aria del tempo" (e l'esilarante parodia del cinema di Pasolini nella Rai dell'epoca) che costituisce un'emblematico esempio delle radici del NOSTRO tempo: la contemporaneità sfugge a tutti i controlli, diventa enorme carosello di qualunquismo, dove è lecito appiattire ogni realtà: bene, male, giusto, sbagliato, impegno, frivolezza, rendendo appunto banale (obsoleta) ogni ricerca di verità, e vana ogni speranza di libertà espressiva dell'individuo.

E' un film irrisolto, persino fastidioso a tratti (ripeto: non riesco a plaudire incondizionatamente chi condanna anche i nostri sacrosanti "bisogni di stupidità") ma che testimonia la fine illeggittima dell'indignazione umana, nazionale e universale.
Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Lot  14/10/2008 08:18:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bel commento Kow, lo condivido, se vuoi dai una occhiata alla recensione.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  21/10/2008 18:45:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Eh l'ho letta sì grande...