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ACHILLE E LA TARTARUGA regia di Takeshi Kitano

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Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf     9 / 10  28/08/2010 12:32:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un Kitano che non delude, davvero eccezionale, tra i suoi migliori film in assoluto, il che è tutto dire.
Molto tragico nella prima parte, il film mostra, ribaltando la tesi ultima di "Scarpette Rosse"(da cui pur sempre si parte: si può morire per l'arte?)cosa sia l'ossessione per l'arte, quanto difficoltosa sia la ricerca dell'espressione artistica e ancor più farsi comprendere.
Tutti siamo in fondo artisti - chi più e chi meno - e riusciamo ad esprimere la nostra spiritualità tramite il mezzo chiamato "arte". Il problema è relazionare la nostra intimità artistica a quella altrui, rendere l'arte universale... è questo il dilemma dell'arte.
La ricerca disperata dell'arte da parte del protagonista lo condurrà ad un'alienazione. Appunto: si può morire per l'arte?
La morte dell'artista è la morte di colui che sacrifica se stesso, la propria vita, i propri cari ad un qualcosa di superiore.
L'artista così inteso non è differente da quelli che nelle religioni vengono definiti santi(beninteso, onde evitare accuse di misticismo, ci tengo a precisare che non sono religioso, eh...): in comune vi è la volontà di sacrificare il proprio ego, la propria persona per qualcosa di trascendente.
L'arte come la religione è qualcosa di superiore e spesso le due cose sono infatti unite, vedere Andrej Rublev, per esempio.
Ma Kitano che risposta da a questo dilemma?(ATTENZIONE SPOILER)
La risposta di Kitano è che l'arte, in fondo, è solo all'apparenza una buona causa per morire, ma alla fine è vuota, l'arte non ha valore di per sé. L'arte ha ispirato grandi uomini nel passato, è stata una buona causa per lottare e superare se stessi, sì... ma alla fine cosa si rivela essere?
Un pugno di mosche. L'amore è ciò che conta, non l'arte. L'arte ha valore soltanto nel momento in cui non diviene fine a se stessa(art for art's sake).
L'arte non ci da nulla, anzi porta ad annullare noi stessi e non sempre è una cosa positiva. A contare sono innanzitutto i nostri sentimenti, la ricerca dell'assoluto non porta a nulla, in fondo, se non a negare la nostra intimità.
La condivisibilità della tesi è arbitraria, certo, ma la commozione e la sincerità di Kitano è lodevole e non posso non premiarla.
Io almeno così ho letto il film, che è a mio avviso anche fortmente autobiografico. Kitano eccellente.