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BETTY LOVE regia di Neil Labute

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kafka62     7 / 10  27/02/2018 14:07:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'infermiera Betty del film di Neil LaBute è stretta parente del giardiniere Chance del non dimenticato "Oltre il giardino". Come l'idiota interpretato da Peter Sellers non era mai uscito dalla villa padronale, conosceva la realtà solo attraverso il filtro della televisione e, una volta scaraventato nel mondo, passava miracolosamente indenne attraverso tutte le peripezie, così la Betty della bravissima Renée Zellweger è una maniacale divoratrice di soap opera e si decide a uscire dal natio Kansas solo per andare in cerca del bel dottore della telenovela preferita (si chiama George, proprio come il Clooney di E.R.), che la sua schizofrenica fantasia le fa credere essere stato anni prima niente meno che suo fidanzato. Betty è talmente assorbita dal piccolo schermo da confondere la finzione con la realtà, lo spettacolo fittizio con la vita vera, il personaggio con l'attore, e questa sua dissociazione è all'origine di una serie di esilaranti avventure (fughe, equivoci, sparatorie), da cui la sua ingenua e candida inconsapevolezza sa uscire trionfante a dispetto di tutte le apparenze (come Chance veniva candidato alla carica di presidente degli Stati Uniti, così Betty diventa una popolare attrice televisiva).
Apologo bizzarro e paradossale sui condizionamenti imposti all'uomo contemporaneo dalla televisione, "Betty love" è, nonostante il tema tutt'altro che nuovo, un film originale e per nulla banale. Se Betty viene scambiata da tutti per quello che non è (una donna avida e scaltra dalla coppia di killer che la insegue, una assassina dal poliziotto che indaga sull'omicidio del marito, una attrice che vuole testardamente la parte dal divo della soap opera), la spiegazione va infatti cercata non tanto (o non solo) nel fatto che la donna è una sorta di "idiote savante" quanto nella constatazione che gli stereotipi della cultura televisiva sono penetrati subliminalmente nel nostro modo di pensare e di vedere la realtà. Il killer più anziano, ad esempio, così razionale e ponderato, non esita a pronunciare di fronte a Betty una romantica dichiarazione d'amore, uscendo poi di scena come nel più lacrimevole dei melodrammi. E se il presidente de "La Seconda Guerra Civile Americana" di Joe Dante fissava il suo ultimatum di guerra badando bene di non sovrapporlo al "prime time" dei palinsesti televisivi, i personaggi di "Betty love", nel bel mezzo di un sequestro di persona destinato a sfociare in una carneficina, sospendono addirittura le reciproche ostilità per dedicarsi alla visione dell'ultima puntata dello sceneggiato di successo. Neil LaBute sembra volerci dire che l'istupidimento televisivo è sempre in agguato, e il sospetto di stare in fondo assistendo a nient'altro che all'ennesima, stralunata versione di una soap opera coglie spesso lo spettatore.
LaBute mette in scena questo curioso cocktail di noir e di "screwball comedy" con un gusto simile a quello dei fratelli Coen, mescolando abilmente sequenze kitsch (il sogno di Morgan Freeman davanti al Grand Canyon), scene di inattesa e parossistica violenza (la brutale uccisione del marito di Betty, la sparatoria finale) e gustosi momenti da commedia degli equivoci (il party in cui Betty incontra il divo televisivo). Il merito maggiore del successo del film va indubbiamente alla intelligente sceneggiatura, che con i suoi dialoghi brillanti e a tratti irresistibili, i suoi strampalati ma umanissimi personaggi e i suoi continui, inesauribili colpi di scena riesce nel non facile compito di tenere insieme così tanti elementi tra loro eterogenei e in apparenza squilibrati, dimostrando così di meritare il premio vinto al festival di Cannes.