Njósnavélin 8 / 10 18/05/2009 22:01:21 » Rispondi Un film che si veste di fantascienza, per proiettare in un prossimo futuro le ossessioni della società attuale, prima tra tutte la ricerca di perfezione, che si concretizza nella selezione genetica degli embrioni. Ideali illusori e leggi discriminatrici distruggono l’esistenza sia ai “perfetti”, schiacciati dal peso delle aspettative di cui la società stessa li carica, sia ai “nati per fede”, relegati ad una vita di secondo livello, indipendentemente dalle loro ambizioni e sogni. In uno scenario così cupo si innesta una storia di riscatto, che dona speranza e rivela, a grande voce, che il destino non è scritto in ciò che dobbiamo o possiamo essere, ma ciò che vogliamo essere.
L’ambientazione futurista dal gusto retrò richiama gli anni 40, e con essi il mito della razza pura, e delle leggi razziali; accanto ad una critica ai regimi totalitari, c’è anche una riflessione sui temi dell’amicizia e dell’amore, affrontati con una sensibilità e una profondità uniche. Molto toccante il rapporto che si viene a creare tra Vincent e Jerome: una complicità, conseguenza dell’esigenza di mantenere un segreto, che diventa amicizia, e che culmina nell’intenso saluto tra i due, prima del viaggio
"io ti ho solo dato il mio corpo, tu mi hai dato i tuoi sogni”.
Un’amicizia che riscatta l’indifferenza, se non il disprezzo del fratello. Anche questo tassello della vita di Vincent viene affrontato nei minimi dettagli: memorabili le gare di nuoto tra i due, e l’ultimo incontro, in cui,
a dispetto di una prevedibile e scontata riconciliazione, viene fuori l’invidia e la frustrazione del fratello, succube anch’egli della sua perfezione, e incapace di accettare una sconfitta, men che meno da un “non valido”.
La storia d’amore è invece meno emozionante, forse perché inizialmente basata sull’inganno, e della quale, quindi, non si riesce a percepire la sincerità.
I tre protagonisti sono forti di una buona caratterizzazione psicologica, che li rende estremamente credibili, coinvolgenti e intensi, anche grazie a delle ottime interpretazioni, tra le quali emerge quella Law: il suo è un personaggio rabbioso, disincantato, che inaspettatamente si placa, maturando ammirazione e forse anche gratitudine nei confronti di colui che, con determinazione e coraggio, gli consente di mantenere le aspettative che per una vita intera lo avevano soffocato. Per nulla eccessivo, ma anzi comprensibile, il suo gesto finale: la consapevolezza di non poter abbandonare un mondo miope ed utopico, e di non potersi costruire un nuovo spazio al suo interno, non può condurre ad un epilogo diverso.
Ottimi i dialoghi, così come le riflessioni della voce narrante, che consentono di cogliere ancor più nel dettaglio le incongruenze di una società retrograda e intrinsecamente infelice. Le musiche, delicate e per nulla invadenti, si adattano perfettamente alle scene, e contribuiscono a creare nello spettatore un continuum tra riflessione ed emozione, senza dare un attimo di respiro. Perfetto il finale: il colpo di scena
l’ultimo controllo a sorpresa, e la scelta del dottore di non denunciarlo
dà la speranza, seppur flebile, che la superbia dell’uomo possa fare un passo indietro, e riconsegnare le sorti dell’evoluzioni nelle mani della natura.
USELESS 25/07/2009 04:30:17 » Rispondi L'ambientazione non è anni 40:
E aggiungerei che anche le automobili non sono anni 40:
http://imcdb.org/movie_119177-Gattaca.html
Uma Thurman guida una CITROEN DS 19 CONVERTIBLE 1963
Ciao
Njósnavélin 10/08/2009 11:01:53 » Rispondi Ups! Hai perfettamente ragione, il riferimento all'ideologia nazista (che ho voluto vedere nella pellicola, ma forse è un pò forzato) deve avermi condizionato, e la memoria ha fatto cilecca! Grazie per la precisazione, ciao!