Crimson 8 / 10 14/03/2009 17:11:44 » Rispondi L'uomo ha costantemente la facoltà di poter rimuovere i fardelli che gravano sulla sua coscienza. Questo riscatto può essere possibile attraverso la rimozione del pregiudizio e l'accettazione degli altri, in sintesi l'integrazione sociale, quel mettersi in gioco senza barriere, quella valvola che porta a guardare il mondo da una prospettiva diversa, dove la tolleranza e la condivisione diventano prerogative stimolanti e basilari per completare parti di noi stessi che da soli non potremmo scoprire e arricchire. Clint Eastwood ancora una volta dunque dirige un film su un tema a lui caro, ossia quello della coscienza come motore del nostro comportamento, della visione che abbiamo del mondo. Il dono del giudizio è da cercare, trovare e coltivare in ognuno di noi, il protagonista lo scopre tardi ma in tempo. E' eccellente il 'come' queste tematiche intersecanti tra di loro siano espresse: la miscela di humour, dramma e tensione è accattivante, lo script ricco di battute taglienti e perspicaci. Poco importa se ogni tanto i personaggi spiegano allo spettatore cose evidenti che sarebbe stato il caso di lasciar capire (Walt allo specchio nel bagno dei Hmong a proposito della sua famiglia; il poliziotto alla fine del film rivolto a Thao), così come qualche stereotipo sul mondo giovanile: il messaggio è come sempre universale e rivolto anche allo spettatore "medio", i film di Eastwood sono così, e questo è un pregio e un difetto, ma le cose stanno così. Si esce dalla sala con la consapevolezza che qualcosa al di sotto dello strato di banalità che quotidianamente ricopre le reali contingenze esistenziali sia stata smossa. E' questo il ruolo terapeutico del cinema d'autore. Ecco perchè ogni film di Eastwood è per me una tappa obbligatoria al cinema. "Without judgement what would we do? We would be forced to look at ourselves emerged in lost time" (cit. C.S.)