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GRAN TORINO regia di Clint Eastwood

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LoSpaccone     8½ / 10  14/01/2010 18:57:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quando alla soglia degli ottanta anni si riesce ad essere tra i migliori registi viventi, se non il migliore, ultimo baluardo di un cinema in via d’estinzione e creare con cadenza quasi annuale film di questo livello, di questa intensità e allo stesso tempo di questa semplicità e delicatezza, può voler dire solo una cosa: il signor Clint Eastwood prima che un grande artista è un grande uomo, conoscitore dell’arte della vita prima di quella del linguaggio cinematografico. I registi “talentuosi” alla sua età hanno mandato in pensione il cervello già da un bel po’; lui no, a testimonianza che la sua capacità non è frutto di un’attitudine innata ma dell’esperienza umana, della personale formazione emotiva, che è anche quello che traspare dalle sue storie, dai suoi personaggi, uomini e donne in lotta con loro stessi e con il mondo che li circonda. Una lotta fatta non di violenza ideologica ma della forza delle idee, quando ci si confronta con gli altri, e del coraggio di guardarsi in faccia, quando la si fa con sé stessi. In “Gran Torino” Eastwood disegna un’altra figura destinata ad entrare un po’ alla volta nell’immaginario collettivo e non solo per le coloriture più superficiali e divertenti; un’icona di eroismo degna di una tragedia shakespeariana, parte integrante di una recita severa, riflessiva, ma mai moralistica, che racchiude temi e significati che normalmente basterebbero a fare dieci film: rapporto con dio, senso della morale, concetto di giustizia, confronto interrazziale e intergenerazionale, e soprattutto un’interpretazione nobile del concetto di redenzione personale, vista come unico ed estremo modo per integrare responsabilità personale e collettiva, tipico di un uomo che, nonostante tutto, non si sottrae alle regole della convivenza, seppur in maniera tragica (vallo a spiegare a chi riscontra nel film tendenze fasciste). Rispetto ai suoi precedenti capolavori forse viene concesso qualcosa in più (ma sempre pochissimo) al buonismo ma in compenso la vicenda di Kowalski si aggancia meglio all’attuale realtà politico-sociale americana, creando attorno al protagonista un microcosmo in cui però è possibile scorgere gran parte del mondo più vicino a noi. Da “Wall Street a Gran Torino” recitava un documentario sulla recente deriva economica degli States, andato in onda in tv qualche mese fa, a prova che il film è già diventato simbolo degli ultimi cambiamenti sociali e culturali d’oltreoceano.
atticus  14/01/2010 20:45:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Spaccone, che dire... non ho parole. Condivido in toto, complimenti! Non vedo l'ora di leggere il tuo parere su "I ponti di Madison County".
kobebryant92  01/02/2010 18:27:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bel commento ; )