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LE CHIAVI DI CASA regia di Gianni Amelio

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jack_torrence     8 / 10  25/01/2011 18:26:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film che fa male per quanto è vero.

Trovo che siano fuori luogo, in questo caso, riflessioni di critica sociale sui temi che il film tocca, o addirittura sulle reazioni ipocrite del pubblico cui il film piace.
Questo film non è mai ipocrita, facile o disonesto, non è magniloquente, non ha verità da affermare e non fornisce nessuna scappatoia.
Nemmeno il personaggio della Rampling, che incarna una delle affermazioni più forti del film (la - tendenziale - differenza tra la capacità maschile e femminile di sacrificarsi per un figlio che ha bisogno di una vicinanza impegnativa), si salva dai dilemmi morali che il film squaderna senza intenzione di ricomporli: è lei che confessa di pensare: "perché non muore?" - e non è certo odio che si cela dietro un amore ipocrita, ma è "soltanto" la spia di un dramma immenso).

Ma "le chiavi di casa" è un racconto di formazione in cui il bambino è il padre (e per certi versi in questo senso mi fa venire in mente "L'enfant" dei Dardenne). Il racconto si chiude sul punto di cominciare, perché Kim Rossi Stuart (bravissimo) quando parcheggia la macchina e si mette a piangere, non ha nemmeno iniziato il suo calvario, se n'è accorto, si chiede se sarà in grado e vede una montagna schiacciarlo.
In quella scena Andrea Rossi lo soccorre come può e gli dice "nun se fa così". Appunto. Non ci vien detto che il debole è più forte, non c'è alcuna retorica o sentimentalismo. La realtà appare durissima e il futuro un mistero.
Questo film è come una finestra aperta su un abisso, che viene contemplato con grande sensibilità umana e nessuna indulgenza. Poi la finestra si richiude, e ci lascia al di qua di quell'abisso. Chi non ne aveva idea potrà tornare solo lievemente toccato, ma quella realtà esiste: senza questo film-finestra ne saremmo mediamente meno consapevoli, ma - soprattutto - quella che ci è stato offerta è un'occasione per riflettere sulla mediocrità di molti presunti "drammi" nei quali ci incartiamo, lontani dall'essenzialità di tragedia (e di relativo amore, necessario e per lo più omesso) di cui è impastata la vita: è con questo che "le chiavi di casa" ci costringe a fare i conti - e, almeno per due ore, ci impedisce di distoglierne lo sguardo.