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UN FILM PARLATO regia di Manoel de Oliveira

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julian     5½ / 10  21/02/2011 21:14:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Vuole essere tante cose:
anzitutto, una carrellata cinematografica sull'arte e la cultura - spezzettata in varie tappe, non come quella continua di Sokurov in Arca Russa - delle città mediterranee, con didascalici inserti da terza elementare e, per questo motivo, evitabili;
un'apoteosi della varietà di culture del mondo, citando l'episodio biblico della Torre di Babele e facendo parlare i cinque attori principali nelle loro lingue madri;
un confronto occidente-oriente e un prospetto per una futura conciliazione pacifica tra le due culture da sempre opposte, salvo poi distruggere tutto con l'epilogo.
Manoel De Oliveira vuole dirci grandi cose con stile autoriale; a questo proposito ce ne ha dette molte di più Tarantino con Bastardi senza gloria, senza che tuttavia puntasse a tale scopo.
Film sciocco. Stefania Sandrelli pessima, mi vergognavo io per lei mentre guardavo il film.
BlackNight90  21/02/2011 23:57:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non ho ben capito cosa c'entri Tarantino e Bastardi con questo film
julian  22/02/2011 01:23:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ehh tutto Black, tutto.
Un film intero che ruota attorno all'argomento multicultura e plurilinguismo, viene surclassato sul suo stesso campo da un Tarantino che parla di tutt'altro, ma che si avvale di esso solo come mezzo e non come fine. Avrai notato con quanta facilità Tarantino in Bastardi si sia concesso dialoghi in lingue originali (tedesco, francese, un pò di italiano): ebbene anche quello è un inno alla frammentazione di culture e alla particolarità di ciascuna di esse, finalizzato alla resa di un Cinema più realistico e cosmopolita.
BlackNight90  22/02/2011 01:44:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mah, secondo me non gli è manco passato per la testa un fine del genere
ma non ho visto questo film, era solo curiosità
julian  22/02/2011 22:21:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non ho messo a paragone i film, che sono, evidentemente, due cose diverse, ma il fine a cui mirano lasciando le lingue originali.
Del resto, quando un film non viene tradotto è per ricostruire un certo realismo (vedi La passione di Cristo e Apocalypto) o per sottolineare le diverse nazionalità dei personaggi, ma Tarantino presenta un uso delle lingue più studiato:
la scena iniziale in Francia, quando i due intavolano una discussione in due diverse lingue (nessuna delle due tradotta) traccia una linea netta tra i due personaggi e la lingua è come succube della loro psicologia: Landa, che gestisce le sorti del confronto (ed è infatti lui a scegliere le lingue), usa il francese per mettere a suo agio il suo interlocutore e per lusingarlo, ma attacca con il tedesco, con il quale si sente più a suo agio, per scorare il suo avversario come se giocasse in casa (oltre che per non farsi capire dagli ebrei nascosti, ai fini della trama); ancora più significativa è la scena nella locanda quando il tedesco riconosce le pronunce di tutti gli ebrei e identifica lo straniero. La lingua che ci è estranea diventa una trappola. I diversi idiomi si arricchiscono di simbolismo e identificano popoli e culture interi. E' la cosa a cui mirava De Oliveira con questo film, ma è uscita male, perchè il cinema non è un salotto dove si discutono e si scambiano idee, ma piuttosto una tela dove le si rappresentano metaforicamente.