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LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI regia di George A. Romero

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Godbluff2     8 / 10  20/10/2022 15:54:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un giovane chiamato George Romero e un gruppo di amici suoi si mettono in testa di fare un film, fondano una casa di produzione, si organizzano come registi, sceneggiatori e produttori e chiamano come finanziatore qualche altro generoso compare; spese finali: poco più di 100.000 dollari, per un film di indipendentissima produzione e realizzazione.
Per fare un raffronto con altri budget più o meno contemporanei, un film a "medio budget" nella "Nuova Hollywood" dell'epoca, come "Midnight Cowboy" di Schlesinger (del '69) costò circa tre milioni e mezzo di dollari; persino un film come "Faces" ('68) di Cassavetes, uno dei registi più indipendenti e off-Hollywood che si possano immaginare, costò più del doppio rispetto al contemporaneo esordio di Romero. Centomila dollari, i soldi rubati dal barattolo di risparmi di nonna Ruth.
Eppure è impressionante come le idee e l'ottima regia di questo film siano riuscite a segnare profondamente l'horror moderno a scapito delle a dir poco precarie possibilità di spesa, che pure si vedono e risentono, eccome se risentono; viste oggi, molte cose fanno sorridere, qualcuna fa proprio sbellicare dalle risate e nel 1968 il film fu accolto come "immorale", "violento" e "shockante", una cosa inconcepibile per il "noi attuale" ma decisamente più sensata contestualizzata nel panorama del cinema horror (i "b-movie", di fatto) dell'epoca.
D'altronde pensate, con tutte le ingenuità date dalla realizzazione degli effetti speciali casalinghi (la casa di nonna Ruth, sempre), ai nostri adorabili non-morti che pasteggiano con tenere budella umane. Eh. Oh. Il bianco e nero stempera ma la gente all'epoca non era ancora proprio abituatissima a certe immagini su schermo. E nemmeno a bambine-zombie che maciullano le loro madri e divorano i loro padri, pure se la scena oggi è acqua fresca (ma, considerando i mezzi del film, girata con il massimo effetto possibile e quindi molto bene, bisogna dirlo).
Però sono tante, proprio tante le idee e gli spunti innovativi e coraggiosi proposti da questo film.
Chiaramente la prima che viene in mente è sempre la rilettura della figura dello "zombie" che ha portato ad una sua nuova standardizzazione, quella romeriana, che si è imposta come la più classica ed iconica: non più le "bambole umane" controllate dalla magia nera delle tradizioni haitiana-africana, ma orde di morti che tornano spontaneamente in vita mossi solo da insaziabile appetito di carne umana; in realtà quello di Romero è più un'apocalittica e pessimista estremizzazione della figura dello "zombi" haitiano, non una cancellazione totale: resta il concetto della "resurrezione corrotta" del corpo, che è quello centrale e in fondo le creature di Romero, lente e imbambolate, mosse da puri istinti primordiali, non sono così diversi dai sacchi di carne magicamente controllate del folklore voodooistico.
Quello che davvero ne rivoluziona la figura e il concetto è il diverso uso "sociale" e critico che ne fa Romero, che trasforma lo "zombi" in una "massa", scatenatasi sulla Terra come punizione apocalittica per un essere umano che si è dimostrato sempre indegno, incapace, inadeguato. Lo zombie romeriano è una minaccia irrisoria se preso singolarmente, lento, impacciato, instupidito, farebbe ridere un pollo, è quell'impenetrabile, inarrestabile massa di carne cannibale a costituire la minaccia, che si fa sottovalutare, persino, poi ti travolge.
La prima sequenza, che punta tutto sulla forza di questa minaccia irreale ed ignota che piomba addosso all'improvviso, è un po' diversa in questo senso, con il primo, storico zombie moderno del cinema che sembra fin troppo su di giri (lo zombie che ha pippato) e corre pure in realtà e che, a ben vedere, a prima vista non è una minaccia troppo distinguibile da un qualsiasi ubriaco-tossico fuori di melone e in fortissima astinenza, ehm; dopodiché però, prende forma chiaramente la forma-massa della minaccia dei morti che si risvegliano.
Dall'altro lato ci stanno gli uomini e qui c'è l'altro punto fondamentale del cinema di Romero: è sempre l'essere umano il peggior nemico di se stesso, altro che zombie (che poi, oh, sono esseri umani pure loro, a ben vedere). Giustissimo andare nel panico in una situazione che il film ci presenta subito come schiacciante, improvvisa, impenetrabile, folle; poi però, trovato rifugio dentro la casa, ci si rende conto che la situazione sarebbe in realtà più gestibile di quanto il panico iniziale non abbia lasciato intendere e qui entrano in gioco le dinamiche umane: sfiducia reciproca, contrasti caratteriali, incapacità di giungere ad accordi sensati, egoismi, giochi di potere personali (si crea subito una piccola "tribù" arroccata nella casa, una mini-società con un "capo" in testa) e una splendida accuratezza nel prendere sempre le decisioni più sbagliate possibili. Di fatto, ciò che rende così pericolosa la minaccia zombie, lo si vede bene, è la fallibilità umana. Gli uomini diventano più stupidi degli uomini morti, per forza poi vincono questi ultimi.
E allora, quasi meglio gli ex-viventi, regrediti ad un istintivo bisogno alimentare di ciò che erano un tempo. Per come la vedo io, tra i personaggi del film non si salva nessuno e fanno di tutto, ma proprio di tutto, per non sopravvivere, con reazioni umanamente prevedibili ma solo parzialmente giustificabili; non è esattamente la stessa cosa degli "slasher movies con protagonisti idiòti e carne da macello", qui la messa in scena dei contrasti e dei fallimenti umani è molto più sensata.
Così, alla fine, la minaccia torna a farsi opprimente, sfruttando il tema dell'assedio, dell'angoscia dell'orda affamata che opprime i viventi barricati dentro un edificio, fino addirittura allo spazio claustrofobico della cantina (anche se, ci avete fatto caso che Ben, in cantina, in realtà era sopravvissuto alla notte ? Ha poco senso questa cosa per me ma stai a vedere che Cooper ciavevaragione, ci aveva).
Spesso è più il panico ad uccidere e non la minaccia vera e propria (vedi la coppietta con la pompa di benzina).
Ci sono scelte innovative e coraggiose anche al di là della messa in scena e della narrazione. Forte probabilmente anche della sua natura indipendente e casalinga, 'sto film da 100.000 dollari di nonna Ruth si permette di essere pure il primo film americano con un protagonista afroamericano, tra l'altro senza che la questione etnica abbia la benché minima importanza nel film (forse è anche poco credibile che nell'America del '68 una volta esacerbati i contrasti non escano fuori rigurgiti razzisti, ma tant'è, lodevole). Ben è il protagonista perché, oh, l'attore (Duane Jones) è quello che andò meglio al provino. Tutto qui. Non è una cosa da poco eh.
Solo che poi il film da 100.000 dollari di nonna Ruth fece un gran successo e diventò una pietra miliare e dunque la cassa di risonanza anche di questo particolare assume estensioni non indifferenti.
Un po' più deprecabile e decisamente meno moderno il ruolo della donna, posso capire che le femministe del '68 si siano incàzzate, visto che qui, ognuna in modo differente, ogni donna del film è completamente inutile, debole, sottomessa e lo schema resta quello del "maschio dominante" che protegge la debole femmina, palla al piede inesorabile... Romero d'altronde si interesserà solo un paio d'anni più tardi al movimento femminista; anche questo però può essere almeno parzialmente letto in modo diverso: si, la società-anche quella "micro" dentro la casa assediata-è ancora quella del "maschio forte-donna inutile", ma in un contesto nel quale anche l'uomo, quello che si crede dominante, non fa che risultare debole, fallibile, vigliacco. Insomma, è un contesto di fallibilità umana complessiva in realtà anche se questo non giustifica una caratterizzazione dei personaggi femminili inguardabile oggi come allora, bisogna proprio dirlo.
La spiegazione del "perché" questo stia succedendo è del tutto dimenticabile (e pare degna di un B-movie di fantascienza dell'epoca, le radiazioni da Venere), non è mai stato quello il punto. Succede, fine.
Poi un bel pezzo del lavoro lo fa la regia di Romero, che migliora tutto il migliorabile con ottime inquadrature e la capacità di restituire il senso di angoscia e inadeguatezza di fronte a qualcosa di totalmente inaspettato, così come la fotografia, curata da Romero stesso.
Naturalmente sulla troupe e sugli attori si è un tantinello risparmiato, produttori, truccatori, staff e attori son quasi sempre gli stessi. Due di quelli che fregarono i soldi a nonna Ruth, per dire, sono "Johnny" (Russell Streiner, amico di Romero che aveva lavorato già insieme a lui nel campo pubblicitario insieme a John Russo, co-sceneggiatore del film) e quel testa di càzzo (che forse aveva ragione) di Cooper (Karl Hardman) che per risparmiare di più sul set si è portato la moglie vera e la figlia vera e lui e la moglie si sono pure occupati di trucco e selezione di brani per la soundtrack. Il montaggio ? Sempre di Romero-Russo. Oh, in questa bella atmosfera casalinga intanto si è creato qualcosa che ha profondamente fatto scuola; da qui in poi, lo "zombie", diventa una nuova figura dominante dell'immaginario orrorifico collettivo, posizione che diversi anni dopo Romero per primo contribuirà a rafforzare con il più maturo secondo capitolo "Dawn of the Dead".
Senza eccessivamente prenderlo come "film politico" (anche perché qui certi messaggi sono meno marcati che in altri capitoli successivi della "saga") è però un film horror nuovo che Romero ha arricchito mettendoci dentro idee interessanti che danno quella profondità di lettura in più a quello che rimane comunque un B-Movie a bassissimo costo.
Ecco, il film è bello ed è importante, ma dovendo assegnarli un numerino, ci vado anche di manica larga perché i risultati che ha ottenuto li ha ottenuti con i 100.000 dollari del vaso dei risparmi di nonna Ruth e questo mi pare degno di stima ulteriore.