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IL MONELLO regia di Charles Chaplin

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Dom Cobb     7 / 10  04/12/2017 15:21:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una madre bisognosa abbandona il figlioletto appena nato in strada; attraverso varie vicissitudini, il piccolo viene adottato da un vagabondo. Col passare del tempo, fra i due si crea un forte legame...
Se chiedessimo a una sala piena di persone, in qualsiasi parte del mondo, se uno solo di loro non ha mai neanche sentito parlare di Charlie Chaplin o almeno visto uno dei suoi film, credo che le mani alzate sarebbero molto poche, praticamente inesistenti. Già ai suoi tempi questo comico drammatico era diventato un'icona immediatamente riconoscibile, e il fatto che ancora oggi la gente sappia chi sia e riesca a godersi i suoi film è indice non solo della sua popolarità, ma anche della qualità delle sue opere. Sempre freschi e sempre attuali, i film di Chaplin sono fra quei pochi che trascendono il tempo e lo spazio, per i quali vale assolutamente il concetto di universale: da qualsiasi parte del mondo si viene o in qualsiasi epoca si vive, le sue storie hanno sempre e comunque qualcosa da dire. Solo Walt Disney e Frank Capra possono dire altrettanto.
Con questo film Charlie Chaplin fa il grande balzo dal formato del cortometraggio, che adoperava fin dagli esordi e già aveva ospitato un grande numero di piccole perle ("Vita da cani" e "Il vagabondo su tutti"), e al giorno d'oggi tutti lo considerano uno dei più grandi capolavori del maestro. Ricordo di averlo visto una volta quando ero piccolo e che mi era piaciuto molto, ma a riguardarlo oggi, pur avendolo comunque apprezzato, non credo di condividere l'opinione generale.
Se c'è una tecnica che Chaplin ha saputo usare meglio di chiunque altro, quella è la semplicità: le sue storie sono semplici di per sé e raccontate in modo semplice, chiaro e diretto, senza fronzoli e puntando l'attenzione direttamente al nocciolo della questione, portando alla luce ciò che da ad ogni scena il suo senso. Questo era evidente già da prima, ed è una capacità che non si perde con l'allungarsi della durata: il rapporto fra il vagabondo e il suo figlio adottivo è il fulcro della vicenda, e come tale ne diventa il motore, narrato con delicatezza e trasporto, anche grazie alla capacità espressiva del piccolo Jackie Coogan.


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Insieme alle lacrime e alle risate, rappresentate dal sempreverde slapstick e da scene (quella del sogno) caratterizzate da pungente ironia, giungono nei lungometraggi anche le idee più polemiche di Chaplin, su tutte la critica alle istituzioni, in questo caso l'orfanotrofio che cerca di sottrarre al vagabondo il bambino malato. Purtroppo, qui tale critica non è approfondita come lo sarà in opere seguenti e sa molto di macchiettistico, senza una vera ragion d'essere; allo stesso modo il finale


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per quanto sia uno dei pochi veramente "lieti", in qualche modo stona con tutto il resto e non sembra molto ben integrato nella vicenda, saltando fuori dal nulla. Non è brutto, ma la sensazione è che gli manchi qualcosa, una sorta di ingrediente fondamentale per farlo funzionare a dovere. E in generale sono rimasto sorpreso nel non provare le stesse emozioni di quella prima volta: non ho sparso lacrime, di tanto in tanto si è giusto presentata un po' di malinconia.
Come banco di prova per il formato del lungometraggio, "Il Monello" funziona benissimo e scorre in maniera fluida, intrattenendo a dovere; ma paragonato ad altri film dello stesso regista, sia narrativamente che emotivamente, a mio parere Chaplin ha fatto di meglio.