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LA DOLCE VITA regia di Federico Fellini

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     10 / 10  27/02/2005 01:16:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un Cristo che sorvola il cielo di Roma, come quello che abbraccia Rio de Janeiro... La mistificazione medianica della fede, tra apparizioni di Madonne e una città che è eternità e dannazione del suo stesso dogma (il Vaticano)... E un'uomo che lascia una scia di morte perchè "forse aveva soltanto paura" ('l'amarissimo steiner di cuny, emblema di tutta la follia interiore di una società moderna) Parabola audace ma anche film vagamente "moralista", ricalcato dall'imput sproporzionato dei seni (grande madre, o icona trash benedetta dal suo Autore?) di Anitona, da un vero Tarzan (Barker) passato all'alcool , da donne "facili" che concedono solo una notte e specchi infiniti di amarezza, dalla scena intellettuale beat dell'epoca - quando Ginsberg cenava in via veneto e arthur miller sostava al piper, quando Marlene Dietrich alloggiava in piazza di spagna, e Nico non era ancora la chanteuse scoperta da Andy Warhol (ma quanto bella quanto bella) . A tutto questo, a tutta la fragilità delle donne perdute e mai ritrovate (per amore o solo per amare) Fellini oppone l'unica speranza, il volto acerbo di una quindicenne, Valeria Ciangottini, il cui richiamo di Marcello svezzato dal vento pare quasi un miraggio, un desiderio impossibile di redenzione. Più che un affresco di costume, "La dolce vita" tramanda ai posteri una sfrenata ambizione esistenziale che - negli anni del boom - spoglia i viveur della loro impossibile inadeguatezza umana. Fà di più: li costringe a un bagno di vitalità per non lasciarli perire nel nulla.Ho sempre pensato che dietro le persone che vogliono vivere TOTALMENTE la loro esistenza esista una fortissima fragilità emotiva. Marcello la raggiunge, dominato da tutto l'effimero che è parte del gioco, come un angelo che non vuole saperne di dover tarpare le sue ali In tutto il vitalismo del film, "immorale" per chi non ha sogni da trasmettere (all'epoca la censura colpiva duro) c'è il bisogno non di percorrere i tempi, ma di sfidarli - in una rinuncia dolorosa (Nadia Gray pensa al divorzio - ben prima del referendum radicale - e offre un sinuoso spogliarello, Steiner rappresenta la repressione, la fine imminente del modello inattaccabile della famiglia italiana doc). Echi splendenti ma in realtà crudeli di un'ipotesi futura, di un consumismo di vita atto a frantumare il classicismo sterile di "ieri". Celebrazione di un fasto, di un'epoca, fine e profezia al tempo stesso. Proprio come le rovine del foro, persistenti nel tempo, testimoni di un buio mai troppo lontano
henry88  06/03/2005 15:17:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bellissima, complimenti !
Marlon Brando  01/01/2007 16:49:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bel commento! E' il film che preferisci di Fellini? A me è piaciuto parecchio, anche se mi ha colpito di più Otto e mezzo...
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  02/01/2007 00:08:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' il mio preferito, sì