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LA SICILIANA RIBELLE regia di Marco Amenta

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Invia una mail all'autore del commento pompiere     7½ / 10  13/11/2010 15:22:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il diario confidenziale tenuto da una ragazzina di 12 anni diventa, nelle mani degli inquirenti, uno strumento di accusa senza precedenti, che permette di risalire a tutti i misfatti compiuti dalla gente di un paesino siciliano, stretto nella morsa delle cosche mafiose. Un espediente che, sullo schermo, risulta un po' forzato e "conveniente" all'intreccio narrativo. Quando si fanno i conti con la realtà, diventa sempre difficile filtrare e poi esporre in maniera lucida e scrupolosa.
Già, la realtà… Perché è quest'ultima a prendere il sopravvento in un film che vuole ricordare la figura di Rita Atria (Veronica D'Agostino) la quale, neanche maggiorenne, nel 1991 concorse a sfidare il grande potere di Cosa Nostra con un atto di coraggio unico e anticonvenzionale, un gesto che possiamo considerare al di là di quello compiuto per ottenere una "semplice" emancipazione femminile.

Obbligata ad abbandonare Partanna e la Sicilia, e a vivere grazie a identità fasulle in un programma di protezione, la sua separazione dalle liturgie obbligate di chi è immerso/sommerso nella/dalla comunità mafiosa si rivela una strada piena di intralci, soprattutto socio-culturali, spianata solo dalla vicinanza di un procuratore che ha tutta l'aria (non attestata nel film) di essere Paolo Borsellino. Rita diventa un fantasma, una statua sanguinante che collabora con la giustizia. Costretta ad affrontare la solitudine e il fato, approderà a una soluzione estrema.

Amenta espone un cinema educativo e molto attecchito alle sue radici isolane: raccontare la storia di Rita è fondamentale per capire il gusto vitale della civiltà e della giustizia. E' qui che la materia si fa accessibile e suggestiva; verso tutti, ma soprattutto verso coloro i quali siedono sui banchi di scuola. Ha dalla sua l'essenzialità di costruire qualcosa di elementare e genuino, a cui si risparmiano alcune avventatezze.
Resiste alle prerogative e alle avvenenze televisive fino a un certo punto: la fotografia non è sempre prona a quell'effetto drammatico che la storia richiederebbe, ma resta lo stesso intensa e fortemente coinvolgente. L'incontro con la madre (l'interpretazione di Lucia Sardo è di una sofferenza tangibile nella sua codardia) lungo il litorale romano, e la sfilata davanti alle celle dell'aula bunker di Palermo a guardare di nuovo in faccia gli imputati del processo, sono due sequenze di grande impatto.

E il finale, ricordando che la pellicola è liberamente ispirata ai fatti di cronaca, lascia uno spazio quasi onirico, sospeso, come se volesse in qualche modo correre in soccorso e salv(ific)are una purezza ritrovata. "La siciliana ribelle" è un omaggio doveroso: da recuperare per non dimenticare.